Posts Tagged ‘pezzi di bravura’

Nina Bentivoglio

August 3rd, 2011 | By benty in Senza categoria | 8 Comments »

Il primo agosto duemilaundici, alle 17 e 17, con evidente sprezzo della scaramanzia e con gesto piuttosto punk per la tua età, hai sfondato a testate le membrane che c'erano da sfondare e sei arrivata senza stare troppo a frignare, giovane Nina. Già ieri ti vedevo fare headbanging perché ti toglievano la tetta dalla bocca, sembravi già molto determinata per averci solo un giorno. Ci hai un sacco di capelli, neri come il black metal, che sembrano molto nuovi, quasi non usati. Dicono che hai una frangetta indie, ma secondo me sei più sul versante roghenroa che altro. Ti ho visto distintamente fare  le corna, come una metallara scafata e non avevi che poche ore di vita sulla groppa. Fra domani e dopodomani, come da accordi, riceverai il primo di una lunga serie di cd che determineranno la tua forzosa educazione musicale di cui, senza che nessuno mi abbia fornito mandato, mi sono comunque fatto carico. Cominciamo coi grandi classici, Beatles direi, poi vediamo dove ci porta la tua indole. Ieri ti ho preso in braccio e ti ho imbastito lì per lì una fiaba di una bambina che si annoiava a stare nelle Marche e allora, dopo una rapida passeggiata nel bosco dove incontrava dei cavalli parlanti, prendeva l'aereo e se ne andava al sole in Brasile ad ascoltare la bossa nova e poi in Grecia ad imparare la rebetika. Non capisco le accuse di autobiografismo che mi sono state mosse. Sbrigati a crescere nipote, che già adesso non c'è nessuno che venga a vedersi i concerti con me, ma tu invece sicuramente avrai un sacco voglia. Qui invecchiano tutti tranne me e lo sappiamo che non è un paese per vecchi, ergo diamoci da fare.

Music is my girlfriend

October 2nd, 2010 | By benty in Senza categoria | 6 Comments »

Giochino facile facile, prendi una ex pensa alla musica che la contraddistingueva, spiegati delle cose

Hootie and the Blowfish: gruppo di AOR americano di una certa inutilità che nella vita di una persona media può destare l'attenzione al massimo in un paio di casi. Una prima volta perché citati in un episodio di Friends e una seconda perché la “ex-quella-davvero-ricca” si intigna e sbraita che deve assolutamente riavere indietro la sua fottuta audiocassetta di H&tB che mi aveva regalato. Tutto ciò dopo che l'avevo lasciata preferendole – inspiegabilmente – un anno di crassi bogordi a Lisboa. Cassetta registrata, peraltro.

Aqua: fastidiosissimo combo di pop-house-commerciale-plasticoso, imperdonabili autori di una hit mondiale che ha devastato i testicoli dell'umanità anni orsono. Rappresentano perfettamente “il nemico” per un giovine grunge degli anni 90. Mai vi aspettereste di incontrare il loro capolavoro quale UNICO cd presente in libreria appena entrati a casa della della donna che, dichiarandosi per mesi fan sfegatata degli Smiths, vi ha addirittura convinto a trasferirvi in Grecia. I'm a Barbie girlfriend in a coma.

Cure: Gruppo simbolo della “ex-quella-gotico/darkettona”, quella dei polsi tagliati, dei pianti di notte, dei lunghi capelli neri, delle poesie, degli esoterismi, delle depressioni interminabili, delle lettere pesantissime, dei silenzi gravidi di pensieri e degli sguardi intensi che significano-più-di-mille-parole. Quelle che non possono durare oltre le due settimane, altrimenti uno inizia a riconsiderare davvero l'opera omnia degli Aqua.

Umberto Balsamo: indimenticato autore di “Balla”, brano che ha conosciuto purtroppo una seconda giovinezza con un remix nei primi anni 90, quando sarebbe stato meglio evitare che ne vivesse una prima, di giovinezza. Canzone che si lega indissolubilmente all'ossessione sentimentale dei 18 anni, relazione sbocciata dentro un'orrenda discoteca dell'entroterra marchigiano – appunto sulle note di “Balla” – e abortita in meno di 24 ore, ma con strascichi incredibilmente pesanti per almeno un anno e mezzo. Una storia così platonica che Platone a confronto sembrava John Holmes. Visto l'accompagnamento musicale mi piace crederla una specie di punizione divina.

Litfiba: una delle pagine più ignominiose del mio tutt'altro che impeccabile curriculum di fan. Una cotta musicale presa a 17 anni, il gruppo di cui ho visto il primo concerto al paisello e di cui ho assistito incredulo alla vergognosa decadenza. Il gruppo che dal 1991 al 1995 (sì, anche Spirito) ho ascoltato più spesso in macchina, sulla gloriosa Panda rossa modello base, dove ho tentanto i primi goffi approcci sessuali con la “ex-quella-che-ti-lascio-ma-scusa-non-è colpa-tua-sono-io-che-ho-dei-problemi”. Retrospettivamente forse erano i Litfiba il problema e non potrei manco darle torto. Come non fosse stata sufficiente la macchina scomoda.

Rick Astley: recentemente tornato ai clamori delle cronache per una specie di meme di proporzioni mondiali, autore nel tardi anni 80 del tormentone “Never gonna give you up”. Basso, fuori moda già ai suoi tempi, vestito come un testimone di Geova la domenica mattina, col vocione da crooner dei poveracci. Non poteva essere che l'inno di un due di picche epico, ancora più doloroso perché somministrato da una che ti moriva dietro da due anni. Una specie di gol a porta vuota sparato invece mestamente in tribuna. Ogni tanto, di notte, ancora sento i fischi dagli spalti.

Avril Lavigne: esempio di musica per iggiovanidoggi. Un rock finto cantato da una vera giovane finta ribelle. Un gran successo e una gran tristezza, soprattutto per uno che di rock si ciba fin da piccolo. Si sarebbe potuta bellamente ignorare senonché la “ex-quella-che-voleva-fare-la-cantante-alternativa” ne era affascinata e ne traeva apertamente ispirazione per i suoi pezzi, tragicamente autografi e autoprodotti, che ero costretto ad ascoltare con sguardo concentratissimo, commentare contrito, “consigliare” agli amici dj. Raramente il sesso anale ha assunto connotati più punitivi, per quanto mi riguarda.

Hana-bi: gruppo misconosciuto di noise greco, pretenziosissimi, gentaglia uscita da centri sociali che credeva d'essere i Sonic Youth, invece di abbracciare la sacrosanta via del tornio. La “ex-che-viveva-nella-comune” diceva che erano suoi amici, che erano un sacco bravi, che avrei dovuto assolutamente metterli nei miei dj-set, che di lì a poco sarebbero esplosi, altro che Fugazi. Un ascolto, un ipocrita “Si, davvero bravi”, una fine della relazione rapida, un cd immediatamente scagliato dalla finestra con maestria.

James: gruppo di britpop dalle misteriosissime quanto eclatanti fortune in Grecia. Per ogni italiano che ascolta i Negramaro c'è un greco che ascolta i James, sono per i greci oggi quello che gli U2 erano negli anni 90 per l'Italia. Universalmente acclamate le loro tre-quattro hit, sempre sold out i loro concerti in terra ellenica, tormentoni sempre presenti nei dj set poprock salonicchesi, e se non li suoni tanto te li chiedono. La “ex-che-una-botta-e-via-basta-e-avanza” li scelse come colonna sonora dell'unica serata passata insieme. Non c'è da spiegare molto altro sul perché del suo nome d'arte.

U2: gruppo da menzionare unicamente perché autori di Zooropa che, registrato su una cassettina bianca, ti venne regalato dalla “ex-che-se-la-tira-perché-abita-in città” ben diciassette anni fa. Cerbiatta altezzosa di cui avresti incrociato il cammino a più riprese. Il pezzo più melenso, più uduistico in senso dispregiativo, era “The first time”. Ovvero il pezzo che cantavate insieme. E che poi ti struggevi a sentirlo da solo in cameretta dopo che a settembre lei, come sempre, ti lasciava. Lo stesso pezzo che hai cantato anche ieri sera proprio insieme a lei che, con soli 15 anni di ritardo, è diventata finalmente tua moglie.

(I know what you did) Last summer

August 7th, 2010 | By benty in Senza categoria | 3 Comments »

In pienissima estate sabbatica, costantemente sotto un ventilatore coi 38 gradi che ci sono qui a Salonicco, la vita scorre lieta fra una visita dal medico e una visita dal medico. Per fortuna che a casa ci abbiamo l'amaca e ora anche il gatto, Tommaso. Per il resto voglia di scrivere poca e dirottata su altre "testate" o su progetti che non decollano, vacanzuole che si prospettano e batterie che si ricaricano. Ancora devo fare i bagagli per il ritorno e già ci ho l'agenda piena di cose da fare, musiche da ascoltare, posti da visitare e soprattutto persone da vedere e rivedere, che saranno l'unico rimedio buono per farmi passare il maldigrecia. Sì perchè, forse non ve l'avevo detto, fra poco la ragione sociale del blog verrà meno: sempre tragedie sono ma assai meno greche.

Intanto per i fan duri e puri in astinenza dalle mie imprescindibili perle di saggezza (ciao mamma!) vi linko in differita di pochi mesi – ovvero mi linko per tenerne traccia –

E ne ho in serbo altre divertentissime.

update il podcast delle ultime quattro chiacchiere che abbiamo fatto l'altroieri su Radio24 con Achille a Giro di Vita

Schegge di Liberazione

April 23rd, 2010 | By benty in Senza categoria | 2 Comments »

Un E-book collettivo pieno zeppo di racconti, post, battute, piccoli saggi, poesie, foto, monologhi teatrali sulla Resistenza. Clicca sull´immagine, tiralo giú, leggilo, stampalo, fallo leggere, recitalo in pubblico, regalalo al tuo vicino che vota forzitalia. Da una idea del blog Barabba, in collaborazione con l´ANPI di Carpi.


 

Non ora, non qui

February 16th, 2010 | By benty in Senza categoria | Comments Off on Non ora, non qui

Qui si latita e non si scrive ma, se proprio proprio morite dalla voglia di leggere frivolezze ellinomarchisciane, questo post vi segnala un po´di imperdibili interventi del sottoscritto sparsi in rete, gentilmente ospitati su blog assai piú prestigiosi e dignitosi

  1. Psicopatologia spicciola del dj pretenzioso 1 la variante strappona
  2. Psicopatologia spicciola del dj pretenzioso 2 dj taliban vs dj sbracato

Invettiva contro certi dj

January 21st, 2008 | By benty in Senza categoria | 20 Comments »

Il dj e’ un essere abietto che, mentre tutti quelli che vanno in un bar o a una festa si divertono, bevono, o intortano le strafiche, lui se ne sta sulle sue, in un angolo buio a cambiar dischi di musica che in genere non e’ capace di  suonare e che nessuno sta comunque ascoltando. Voi non lo sapete, ma spesso e’ contento di questo onanismo esistenziale.

Il dj e’ un essere ignobile perche’, se si trova ad una festa come semplice invitato, molto spesso lo si vedra’ ronzare come un moscone attorno alla postazione del dj, lamentandosi della musica a bassa voce con tutti i partecipanti, sperando che il dj ufficiale muoia all’istante di colpo apoplettico, cosi’ da impossessarsi delle cuffie e salvare quella festa dallo sfacelo, trasformandola grazie alle sue indubitabili capacita’ di selezionatore in un sabba di affascinanti ninfomani alcolizzate, che conservano pero’ gusti musicali sopraffini, che poi sarebbero i suoi. All’uopo si trascina sempre dietro pesanti valigette colme di cd anche se deve andare a trovare la nonna moribonda in campagna, perche’, hai visto mai, magari ci scappa un festinaccio funebre all’ultimo momento, e ci vuole la musica giusta.

Il dj e’ un essere complessato che soffre perche’ – in genere – non lo capiscono, in quanto non balla mai nessuno. Oppure perche’ il gestore del locale lo vessa, e minaccia di farlo fuori, visto che la gente mette piede nel locale per fuggire a gambe levate appena ha intrasentito la prima nota. Oppure perche’ i clienti vanno a chiedergli di cambiare musica o di mettere questa o quella canzone, che in nessun caso c’entrano con la sua sacrosanta playlist. In genere, peraltro, il dj pretende che la gente balli i Mogwai, senno’ si offende e si chiede, "Ma che gli devo mettere a questi per farli ballare, la Bamba?". 

Il dj e’ un essere patetico che, forse  voi non lo sapete, ma mentre siete intenti a intortarvi la strafica minigonnata al bancone, che il terzo ginlemon ha ormai quasi piegato ai vostri voleri, lui si strugge a pensare se a questo punto sarebbe meglio buttarsi su un pop allegrotto pseudo svedese, o virare verso certo garage punk detroitiano, e se si, quale potrebbe essere il pezzo che rappresenta il giusto anello di congiunzione fra i due generi, sia mai che il passaggio venga fuori troppo brusco e arrechi disturbo a voi. Proprio a voi, che state per per allungare le mani verso la tipa, sicuri di non incontrare resistenze, e della musica non ve ne potrebbe fottere di meno. Figuriamoci alla tipa.

Il dj e’ un essere frustrato perche’  tutto il tempo che voi in gioventu’ avete passato a copulare allegramente, lui, il dj, se ne stava in cameretta a tormentarsi e sospirare, tentando di decifrare le parole di Zingales, di far proprio il verbo di SIB, a parlar male da solo del Mucchio (a cui era pero’ abbonato) o di Rumore (di cui pero’ non perdeva una copia). Per questo attorno a se’ ha fatto terra bruciata, non ha piu’ amici ne’ conoscenti. Ma ora le cose sono cambiate. Adesso mentre voi continuate a trombare gioiosamente, lui passa tutto il tempo a scaricare musica da internet, ma si sente molto meglio perche’ ci sono i blog e i forum, e quando, per esempio, parla male dei Baustelle, ci sono altri mentecatti che gli rispondono. Ora e’ piu’ felice, si direbbe. 

Il dj e’ un essere inferiore, cresciuto a memorizzare etichette, a pensare liasons fra canzoni e generi, a partorire la playlist perfetta da ballare, a scovare l’hit riempipista. Come se tutto cio’ avesse maggiore importanza che copulare (o come se cio’ lo avrebbe portato in un futuro non lontano a copulare esso stesso con le strafiche che invece siete voialtri ad intortarvi al bancone in questo momento).

Il dj e’ cresciuto male, vaschettando, spendendo fortune in cd e vinili, aggiornandosi, memorizzando artisti, testi, etichette, nomi di compilation, titoli di album, che sperava un giorno di poter suonare davanti a platee di fan in delirio. I quali lo ringraziavano, – alcuni troppo sensibili –  addirittura piangendo per la commozione, della selezione da lui intelligentemente operata, del gentile accostamento, della sensazionale scoperta, da vero pioniere. Il suo sogno da bambino era infatti imporsi alle masse come rivelatore del verbo ancora in possesso di pochi. Non poteva, o meglio non voleva prevedere che quelle stesse platee, peraltro mai foltissime, delle sue selezioni se ne sarebbero altamente sbattute i coglioni, nella maggior parte dei casi, in quanto giustamente  intente a intortare le strafiche al bancone.

Il dj e’ un essere insulso perche’ non vuole accettare il fatto che le sopra citate folle si sarebbero esaltate solo al momento in cui lo stesso, esausto dopo averle tentate tutte, avrebbe optato di nuovo per mettere la Bamba, che in termini musicali equivale alla resa incondizionata, facendovi cosi’ felici e scatenando orrendi trenini. Ovvero uno dei crimini della civilta’ moderna, di cui il dj e’ principale responsabile, ma di cui ipoocritamente si lamenta. Ma lui – si sappia –  intanto soffre, perche’ quella che e’ appena stato costretto a mettere non e’ la sua musica. E’ musica che avrebbe messo qualunque "altro" dj, che lui avrebbe odiato in altri locali, di cui poi avrebbe detto peste e corna nel suo blog. Perche’, ovviamente, il dj in questione non può non avere un blog, in cui parla della musica di merda che sente altrove e di che gran bella musica mette invece lui, ma (vedi punto due) purtroppo non lo capiscono. Mai.

Il dj e’ un essere violento, in particolare se vi avvicinate troppo alle sue valigette dei dischi a dare un’occhiata e osate pure storcere la bocca leggendo qualche titolo dei suoi cd. Lui e’ in genere un soggetto con gravi carenze di autostima, che vive di e per l’ approvazione altrui e per essa e’ disposto a uccidere. Quindi stateve accuort’.

Il dj e’ un essere infelice, che invece di curarsi dei clienti presenti nel locale e di farli divertire con le sue scelte musicali, quando mette pezzi che fanno ballare il gentile pubblico pensa tristemente "Chissa’ che direbbero i miei amici dj, se sentissero che passo questa robaccia". E sospira rassegnato.

Il dj e’ un essere malato che non si capacita del fatto che alla gente possa anche sfuggire che due pezzi, oggettivamente distanti per genere, siano in realta’ accomunati da sonorita’ simili, dall’uso di uno strumento particolare, dal ritornello fotocopia, dal fatto essere distribuiti dalla stessa etichetta o dal fatto che la cugina del bassista del primo gruppo se la fa col produttore del secondo. Al dj sfugge che a differenza di quello che avviene a lui, la gente possa avere anche un lavoro o una vita sociale. Si lagna dunque ancora una volta di essere un genio incompreso, e che nessuno ne capisca la cultura musicale dalle sottigliezze in questione.

Il dj e’ un essere odioso perche’ parte dal presupposto che di musica lui ne sa piu’ di chiunque altro,  e se a voi non piace, siete voi che non capite niente.  Se per caso osate argomentare, potreste notare come spesso volga gli occhi al cielo, cercando l’aiuto divino per non uccidervi seduta stante. Perche’ per lui le ipotesi sono queste tre:

  1. Siete degli incompetenti. In quel caso vi compatisce come un padre farebbe con dei figli minorati pisichici. Ipotesi uno: vorreste ascoltare ‘la canzone della pubblicita’ della fiat’, mentre lui passa i Modest Mouse. In quel caso vi odia, ma sa perdonarvi, perche’ non sapete ne’ quello che fate, ne’ quello che dite. Oppure avete il coraggio di dirgli che vi piacerebbe qualcosa di piu’ allegro. In quel caso vi e’ andata bene se il dj non vi ha mai risposto allungandovi una copia di un dvd di Mr Bean, con una pacca sulla spalla. Per dispetto vi costringera’ a sorbirvi Heroin del Velvet Underground in una interminabile versione live, e zitti.
  2. Siete degli ultracompetenti, ma di una nicchia che sfortunatamente non gode di alcuna considerazione da parte del dj, e guardacaso, nelle sue due borse contenenti circa 200 cd, uno per genere musicale mai concepito (addirittura si parla di dj che girano con delle compilation di balkan jazz) purtroppo non vi è traccia della selezione di grind-trash-death-growl-suicide-post-hard-core metal, che proprio volevate sentire. L’accusa del dj in quel caso sara’ che solo degli sciocchi potrebbero chiedere un genere simile, in un bar dove di sicuro non c’e’ gente disposta a farsi triturare i timpani da tale strazio. E lo fara’ ignorando scientemente quel gruppo di trenta persone perfettamente acchittate secondo i canoni estetici internazionali del grind-trash-death-growl-suicide-post-hard-core metal e che hanno sicuramente un voglia matta di ballare proprio quella sera dell’ottimo grind-trash-death-growl-suicide-post-hard-core metal di recente pubblicazione. Peccato.
  3. Siete ferratissimi sui generi e sulle band che lui adora. Pero’, c’e’ un pero’. Purtroppo avete osato mostrare una competenza superiore alla sua  e avete osato suggerirgli che forse "Dei Cure invece che la solita ‘Close to me’ sarebbe stato meglio passare, chesso’ io, ‘A forest’, nel remix di Digitalism". In quel caso il sentimento che il dj provera’ nei vostri confronti sara’ un distillato di livore  purissimo, che vi comunichera’ con un’occhiata complice, come a dire "Eh amico mio, magari potessi, come piacerebbe anche a me, ma vedi che questi oltre la Bamba non vanno. ‘Close to me’ e’ gia’ un miracolo se la riconoscono". Ovviamente in tal caso il dj vi odiera’ per non averci pensato lui per primo. E divertente anche solo provarci: preparatevi un pezzo da chiedere che il dj non conosce di un gruppo che conosce, o crede di conoscere bene e godetevi le sue scomposte reazioni. Sappiate anche che dal prossimo djset mettera’ sempre ‘A forest’ remixato da Digitalism, millantando che "Non se ne puo’ piu’ di sentire Close to me", che lui e’ un pezzo che prova a evangelizzare le masse proponendo idee nuove. Come se glielo avesse chiesto qualcuno, peraltro. E poi quei quattro alcolisti al bancone che si intortano le strafiche rappresenterebbero le masse?

Il dj e’ un essere arrogante perche’ sdegna tutti gli altri dj che ballicchiano esaltati mentre mettono musica che gli piace, ma poi  – quando suona lui – si beve quattro birre medie in un’ora e lo vedete in ginocchio a far finta di ballare il flamenco in mezzo alla pista su "Please don’t let me be misunderstood", che adesso si puo’ di nuovo suonare, sdoganata da quando Tarantino l’ha inclusa nella colonna sonora di Kill Bill, (fino a quando non interverra’ FdL, a dire che Tarantino ha rotto i coglioni, lui e le sue colonne sonore).

Il dj e’ un essere disdicevole, perche’ se mai trovasse un bar dove mettono musica che gli piace, dopo la terza volta che ci va e tenta di diventare amico del dj, e lo molesta con delle richieste assurde, puntualmente esaudite, alla quarta, mosso dall’invidia di non suonarci lui in un posto cosi’ figo, comincerebbe a parlarne malissimo. Dal frasario standard: "Certo che pero’ mettono sempre la stessa cazzo di musica", dimenticando temporaneamente che lui stesso ha una scaletta pressoche’ immutabile dal 92. Quando si venisse a trovare in un altro locale in cui la musica e’ ancora peggiore, inizierebbe la pronta rivalutazione del locale di cui sopra che intanto, grazie agli stronzi come lui, ha gia’ chiuso i battenti da un pezzo.

Il dj e’ un essere abominevole, perche’ in qualunque serata voi, suoi colleghi dj, vi troverete a suonare con successo davanti a un pubblico entusiasta, lui vi dira’, si , certo, bravo, ma vi ricordera’ anche che in quella serata del 1999 in cui la musica la metteva tal’altro dj, c’era, nello stesso locale, il doppio della gente che ballava il quadruplo di questa volta. Anche quella volta nel 1999 disse lo stesso a quel dj, cambiando il 1999 col 1998.

Il dj e’ un essere falso perche’ secondo lui i locali in cui suona nell’anno corrente sono sempre quelli fichissimi e di moda, fino a che ci suona, poi – quando lo cacciano – diventano dei posti di merda frequentati da gente assurda. E se sta per iniziare a suonare in qualche altro locale, immediatamente quello diventera’ il locale piu’ cool della citta’, e tutti gli altri dei posti di merda. E così via. Il dj in questione tende ad andare in cortocircuito quando torna a suonare dopo anni nello stesso locale che aveva a suo tempo smerdato pubblicamente.

Il dj e’ un essere ipocrita perche’ dice che

  • "E’ solo un hobby, mica lo faccio per soldi, e’ per passione", ma se poi non lo pagano adeguatamente corre a lamentarsi (magari sul solito blog per farsi compatire da altri scioperati come lui) .
  • "Passo solo musica che mi piace davvero" ma se vede che nessuno lo apprezza e’ lesto a prostituirsi e passare le cazzate piu’ grottesche, purche’ qualcuno muova il culo.
  • "Dai gestori del locale ho preteso carta bianca per suonare ". Agli stessi proprietari pero’ non disdegna di chiedere che genere preferisce la clientela e qual e’ il pezzo preferito dal capo, dal barista e dalla cameriera. Tutti brani che diveranno pilastri immancabili delle sue playlist.
  • alla sua ragazza (nei rari casi in cui ne abbia una)  "No cara, davvero, non importa se non vieni stasera", ma poi lo vedrete per le settimane seguenti con un muso lungo un chilometro se lei non ci va. E se un giorno poi lei decidera’ di andare ad ascoltarlo mettere i dischi, dopo continue pressioni, minacce e ritorsioni, e la malcapitata si trovera’ davanti al solito locale vuoto, lui sara’ pronto a giustificarsi "Guarda, fino a dieci minuti fa era strapieno di gente che ballava sui tavoli, mi sa che sei tu che porti sfiga". A quel punto la santa donna dovrebbe ricorrere alle cure di uno specialista in disordini della personalita’.

Il dj e’ un essere depresso, che solo a tratti si riprende, se qualcuno gli fa dei complimenti per la bella musica e senza chiedere di ascoltare altri pezzi. E anche in quel caso inizierà a soffririre poco dopo, perche’ essere apprezzato da troppa gente significa per lui solo essersi abbassato al genere piu’ commerciale, anche se in tutta la serata non ha fatto altro che mettere b-sides dei Gorky Zygotic Mincy.

Salve, mi chiamo Benty e faccio il dj.

03.06.2055

June 3rd, 2005 | By benty in Senza categoria | 26 Comments »

Un anziano signore sull’ottantina, che chiameremo per comodità con il nome di fantasia B*nty, capelli lunghi e candidi, pizzetto e barba poco curata,orecchino al lobo sinistro – ricordo di frivolezze giovanili – , si appresta a gustarsi la sua dose quotidiana di minestrina in brodo, merluzzo lesso e mela al forno. Siede al tavolo con altri due vecchietti che per motivi di riservatezza chiameremo con i nickname di  *nv*r e *nzop. Si tratta di due attempati gentiluomini appena più giovani di lui, e i tre si trovano presso l’accogliente mensa dell’ospizio per ex blogger  "Casa Template", ente finanziato da Splinder-blogspot, da anni multinazionale leader nel campo delle telecomunicazioni informatiche, che aveva a suo tempo spodestato agilmente Sky e Microsoft, dopo la clamorosa fusione. E dire che tutto era cominciato con i blog, una cinquantina abbondante di anni prima.

B*nty – Delizioso pranzetto anche oggi signori eh?

*nv*r – Che fai prendi per il culo?

*nzop – Sempre stato ironico lui, non ti ricordi il suo blog di merda? Per fortuna che l’hanno chiuso. Dai, lascialo perdere

*nv*r – Sentite, a me sto posto fa schifo. Sono mesi che lo ripeto. E dire che avevo ricevuto offerte dall’ospizio Stefano Isidoro Bianchi, pace all’anima sua. Son venuto qua per vedere qualche faccia conosciuta, e mi ritrovo ‘sto stronzo greco che prende in giro. Se ne andasse a mangiare tsatsiki in Grecia

B*nty – hi hi… Certo che il "ciosoto" da quando gli hanno tolto lo spriz serale è diventato intrattabile eh? E poi greco ci sarai tu

*nzop – Sentite, ma voi gli altri qui li conoscete? Gente che avevate fra i link non ce n’è? Qualche tardona ancora fattibile?

*nv*r – Ma figurati se venivano a morire in questo posto squallido gli altri. Mica scemi. E d’altronde loro coi blog hanno fatto strada davvero, mica come noi coglioni. Anzi come voi, perchè io – vorrei ricordare – sono arrivato alle soglie della direzione di Blow up. Se non fosse stato per quel maledetto Zingal*s…

B*nty – Ah che palle co’ ‘sta storia ! Ma che ce la dobbiamo sorbire proprio tutti i giorni? E non stiamo tanto a bullarci poi, che mi pare che anche noi le nostre porche soddisfazioni ce le siamo tolte. Non è così *nzop? Vuoi ricordare al rincoglionito qui, quante copie ha venduto la tua compilation "La terra sotto Pinerolo 4" ?

*nzop – 300.000 solo in Italia e due volte disco di platino in USA, con trionfale turnè coast-to-coast. Quelli si che erano tempi. Groupies, coca e rock’nroll, show televisivi, amicizie importanti, la sponsorizzazione dell’amaro SanSimone, le copertine del magazines musicali, gli Strokes all’apice della carriera che mi implorarono di includerli nella compila successiva. E adesso guardate dove siamo finiti, in un’ospizio insieme a ex blogger adolescenziali, vecchiazze che ci hanno ancora in camera le immaginine di Hello Kitty e  gente da meno di 20 accessi al giorno. Io, che di accessi quotidiani ne facevo fino a 5000, nel 2010 !

*nv*r –  Seeee bum! 5000 accessi, se li hai mai sfiorati, sarà stato solo dopo che *l Rocco ti ha denunciato in televisione da Costanzo, attorno al 2015

B*nty – *l Rocco, poverino, che finaccia. Ma d’altronde doveva aspettarselo. Dopo aver creato un movimento anticopyright così vasto e radicale,  accettare il posto di presidente della Riaa è stato davvero uno shock per tutti. Dicevano che avesse pure cominciato a tifare Genoa. Com’è che scriveva sempre? Ah si, lo slogan che preferivo era "A ogni mercenario dell’mp3 a pagamento faremo fronte con mille Mblog volontari".

*nzop –  … e infatti poi diventò il più spietato persecutore di downloaders di tutti i tempi. Quando si dice la coerenza…

*nv*r – Vi ricordate? Dicevano che eravamo un mucchio si segaioli e di nerd sfaccendati e poi invece ci fu davvero una blogrivoluzione nel 2006. E chi se l’aspettava?

B*nty – Se ne parlò perfino in Grecia, dove mi trovavo al tempo. Una presa sistematica di tutti i posti chiave, un’ascesa irresistibile, governo destituito, impressionanti movimenti di piazza, occupazioni ovunque, servizi sui telegiornali, inchieste sui magazines, bandiere col cubo azzurrino di Splinder alle finestre. Il mio slogan preferito era "Bloggerz: la logorrea al potere"

*nzop – Vi ricordate come andò a finire vero? Al governo salirono solo le blogstar, e noi che avevamo fatto tanto per il movimento fummo tagliati fuori immediatamente. Maledetti bastardi

*nv*r – tagliati fuori? Perseguitati vorrai dire ! Dopo il primo governo GNeri ci dichiararono fuorilegge e dovemmo rifugiarci in montagna. Che sei rincoglionito a tal punto da scordarti le notti passate a cercare una connessione via satellite in mezzo ai boschi?

B*nty – Me lo ricordo si che me lo ricordo, cazzo. Solo chi sapeva vendersi bene al nemico sopravviveva. Altro che trasformismo ! Ma ve li ricordate i ministri? PL2 di Loser ministro della cultura, Achille ai trasporti, i Polaroidi agli esteri, Inkiostro alle innovazioni tecnologiche, Violetta Bellocchio alle telecomunicazioni, Aiki al ministero della famiglia, Livefast alla salute, Miic all’istruzione, Trentesimo anno alle pari opportunità, Speraben allo sport, Maxcar alle risorse energetiche, A day in the life, Gomitolo e Colas alla direzione della Rai. Il blog della domenica si ribattezzò blog del lunedì, dopo aver preso il posto del mago Gino su Repubblica si candidò alle elezioni con la sinistra metallara. Scum venne assoldato dalle multinazionali della birra, e come prima mossa alzò i prezzi delle medie a dieci euro, rivendette il brevetto di una versione edulcorata del Raw Power alla Bacardi. Gli Indiechi ad organizzare Sanremo ci chiamarono pure i Mogwai come ospiti. Delio, dopo tanto infierire su La Repubblica, ne venne eletto direttore plenipotenziario, si ritagliò una rubrichina intitolata "Mio amato pubblico" in cui recensiva entusiasticamente gli album di Gigi D’Alessio. Mammara lo misero a condurre Domenica In(die) con la Fiò, Bop fu messo a capo dei lavori per il ponte sullo stretto, Margherita F scrisse il best seller soft-porno "Noi dello zoo di Vicenza" …

*nzop – Senti stronzo, non venire a farci la morale proprio tu, che semmai hai raggiunto mai un po’ di visibilità è stato quando hai fondato il Movimento Mondiale Antibestemmie, per favore

*nv*r – Ecco, infatti. Eppoi scusa, alla fine eravamo tanti sui monti a guerreggiar agli ordini del subcomandante Leonardo, se ben ricordo. E soprattutto un sacco di blogger pasionarie: Marinap la francofona, Secondsight la cinefila (cfr), La Fagotta con la C., la compagna Garnant e la sua brigata Cale, Friendsofmine, Ele, la rediviva Uliva, Roisin la lookologa. Che poi era l’unico motivo per cui si arruolò fra i partigiani anche quella quasi-blogstar di *nzop. Tira più un pelo di blogger …

B*nty – Non mentire, eravamo tutti lì per quello, altro che blogresistenza. Io,te, lui, l’esegeta Frittole, Blueblanket, Gecco. Tutta gente da meno di cento visite al giorno. E poi senti chi parla, "mr indie", quello che ha lanciato sui blog gli Offlaga Disco Pax, mi sembra. I vincitori di Festivalbar 2010, o no? Quelli della pubblicità Tim-Vodafone, o no? Il mio slogan preferito comunque era "Più accessi per tutti"

*nzop – E dagli con gli slogan. A questo la moussakà gli ha definitivamente unto il cervello. E poi meno di cento accessi li avrai fatti te, mezzasega di un blogger. Io nel 2016 ne facevo almeno 10.000 al giorno !

Interviene l’infermiera – Signori, è l’ora del riposino. Coraggio tornate nelle vostre stanze.

*nv*r  – Ma un’oretta in meganet, non si potrebbe fare? Mi scappa un post…

Infermiera – No, lo sapete. L’orario delle connessioni a meganet è rigidissimo, e per voi ex blogger dissidenti è limitato. Soltanto il fine settimana.

B*nty – Ai miei tempi era tutta blogosfera, postavamo ovunque, a tutte le ore, non come oggi. Infatti fra i miei slogan preferiti c’era "Un’altra connessione è possibile"

Infermiera – Si certo, capisco. Adesso però alzatevi per cortesia, che le inservienti dovrebbero pulire la mensa

*nzop – Ma quel bel tocco di figliola laggiù non è Pulsatilla? O è la Siri?

*nv*r  – Ma figurati se Pulsatilla o la Siri te le ritrovi in un ospizio del genere, quelle stanno svernando in Messico coi soldi che hanno fatto. Una la testimonial di Splinder, l’altra di Blogspot. Avevano fatto anche lo spot insieme in TV quando venne annunciata la fusione…

B*nty – Si mi ricordo, lo slogan diceva …

*nzop – Senti, mi hai rotto le palle co’ ‘sti slogan, io me ne vado in camera, che stasera voglio provarci con quella ex gothic blogger, laggiù, e se non mi faccio un riposino poi oltre le 9 e mezza non reggo

*nv*r – Scusate, ma che giorno è oggi?

*nzop – Aspetta che guardo. E’ il tre giugno

B*nty – Oh cazzo!

*nzop/*nv*r – Cosa?

B*nty – No, niente. E che come oggi il mio blog farebbe 52 anni, se non me lo avesse chiuso la commissione Blasi. E infatti il mio slogan preferito diceva…

*nzop – Oh sentite, io vado, che devo dare una lucidata alla dentiera

*nv*r – Si, me ne vado pure io, che devo cambiare il pannolone. Maledetto abuso di spriz illegali !

B*nty – Ma come?! Non festeggiamo? Magari con un post commemorativo a sei mani ! Eh?

Mamma Italia

January 11th, 2005 | By benty in Senza categoria | 23 Comments »

ispirato a Remo Remotti, ascoltando i Recycle (correttore di bozze Enver)


Nell’anno 2005 io me ne andai, come oggi i ragazzi vanno in Thailandia col Last minute a metà prezzo, vanno via, anch’io me ne andai nauseato, stanco da questa Italia del dopo Trapattoni, io allora a trentun’anni, mi trovavo di fronte a questa situazione, andai via da questa italia nell’anno 2005.

E me ne andavo da quell’Italia teleaddormentata, da quell’Italia puttanona, borghese, fascistoide, razzista e arrogante, quell’Italia in cui "Lo Stato mi si mangia tutto con le tasse", e "non funziona niente", quella Italia di Cogne in prima serata, dei centri commerciali che adesso si chiamano outlet, del sistema radiotelevisivo in mano a una persona sola  – ma va bene lo stesso, dei ministri che mettono le taglie sui criminali come nel far west, delle droghe leggere equiparate a quelle pesanti, quella Italia della sinistra inguardabile di Prodi e Rutelli, del calcio sull’orlo del fallimento, della Lega Nord, dei mercenari che diventano eroi, e dei giornalisti coraggiosi che diventano "coglioni", senza pietà, senza ricevere scuse, quell’Italia senza memoria

me ne andavo da quella Italia dei libri delle barzellette sempre best seller, l’Italia che non parla altre lingue, l’Italia delle ragazze che vogliono diventare veline, del Grande Fratello, dei treni che si schiantano per colpa della sinistra, di Andreotti innocente perchè il reato cade in prescrizione e Berlusconi pure, degli imbrogli, del superenalotto, delle mattanze di Napoli, l’Italia di Tronchetti Provera, quell’Italia dei treppiede, del businness di Padre Pio, dei co. co.co. e del lavoro in nero, di Tiziano Ferro e Gigi D’ Alessio in testa alle classifiche di dischi venduti, di Baggio che lascia il calcio, quella Italia dove le domande erano sempre già chiuse, dove ce voleva ‘na raccomandazione (E sono venuto in Grecia che è uguale).

me ne andavo da quella Italia delle curve ultrà naziste, del G8 a Genova, della scuola Diaz, di Omar e Erika, dei messaggini con le kappa, quell’Italia che fa pena tanto a destra quanto a sinistra, delle mille chiese, dell’Opus Dei, della P2, quell’Italia che si è dimenticata di Falcone e Borsellino, di Berlinguer, di Ilaria Alpi, che nega i finanziamenti ai partigiani, che si riscrive la costituzione su misura, l’Italia dei consigli per gli acquisti, l’Italia che rema contro gli Unti dal signore, l’Italia che scende in campo per fare e per crescere, che si autoassolve sempre,che la colpa è dell’arbitro Moreno, l’Italia che se contraddici sei solo un comunista di merda 

me ne andavo da quella Italia delle ville con l’anfiteatro e l’ingresso per il sottomarino dentro i parchi protetti, l’Italia della strage irrisolta della stazione di Bologna, di piazza Fontana, di Ustica, dell’Italicus, quella democristiana, quella pronta a riabilitare Craxi, quella delle villette, delle fabbrichette, delle Jeeppone, l’Italia che lecca il culo di chi vince e umilia che non ce la fa, quella della Moratti, quella della finanziaria che taglia i fondi alla ricerca, l’Italia che va in guerra per fare piacere a quel cerebroleso di Bush, l’Italia che "Deve imparare a convivere con la mafia", di Gladio, l’Italia fascista der Pecora 

me ne andavo da quella Italia che ci invidiano tutti, il Bel Paese, del Colosseo, delle Lecciso, della moda, degli stilisti, del design, della buona cucina, l’Italia di santipoetinavigatori, quell’Italia sempre col sole estate e inverno, quell’Italia ch’è meglio della Francia (e quindi figurati della Grecia)

me ne andavo da quella Italia dove la gente votava Berlusconi, quella Italia fetente e imprenditrice, dei mille bottegai, degli evasori, dei voltagabbana, quell’Italia sempre sul carro del vincitore, l’Italia di Calderoli, della Ventura, di Vieri che è più uomo di tutti voi messi insieme, di Fede, di Biscardi, di Bonolis, di Baget Bozzo, di Costanzo, di Dell’Utri, di Briatore, di Totti che sputa, di Ferrara, della Merz, di Belpietro, di Diaco, di Bertinotti, di Fiorello, di Schifani, di Del Piero che parla con gli uccelli, della Clerici, di Feltri, di Bondi, quell’Italia dove c’è un sacco di lavoro, dove i salari sono il doppio che qui, quella Italia che è il paese più bello del mondo

me ne andavo da quella Italia che non legge, che non si informa, che fa spallucce, che tollera Luttazzi lontano dagli schermi e così chiunque la pensi diversamente dal Nano, L’Italia di Sanremo a febbraio, dei Vanzina Boldi e De Sica a Natale, delle discariche abusive al sud, quell’Italia dove non si può più fumare una sigaretta, ma a proibirle non ci pensano nemmeno coi soldi che ci fa lo Stato, quell’Italia di Alberoni, di Panariello, di Previti, quell’Italia dei saluti romani, del mio idolo di gioventù Paolo Di Canio che portava e porta ancora il tatuaggio di Mussolini, me n’andavo da quell’Italia di merda !

Mamma Italia !
Addio.

Associazione Bloggers Anonimi

June 3rd, 2004 | By benty in Senza categoria | 22 Comments »

Benty entra nella stanza, e si dirige verso la sedia. Gli altri sono già seduti in circolo, sorridenti e un po’ tesi, lo aspettano. Anche Benty sembra agitato, soprattutto lo innervosisce la presenza del Guru che emana pace e disintossicazione. E’ la sua prima volta, cercate di capirlo.


Esordisce con un classico “Ciao mi chiamo Benty, e sono un blogger”, parla quasi sottovoce. Gli altri gli rispondono in coro, come se seguissero un riflesso pavloviano, sorridendo all’unisono e con una leggera cantilena “Ciaaao Beeeenty!”. Il guru scuote la testa, ma nulla può alterare il suo sorriso che ha un qualcosa di sovrannaturale “No no, non ci siamo. Qui niente nickname o pseudonimi, qui siamo persone, non soprannomi. Puntiamo molto sul recupero dell’identità originaria, qui. Riprova, coraggio, dicci di nuovo come ti chiami, davvero intendo”. Benty umiliato, tremante per i nervi, con la voce che sembra pronta a rompersi in un pianto ” Si ok s-scusatemi tutti. Ciao, s-sono Andrea, e s-sono un b-blogger”. Gli altri di nuovo in coro e meccanicamente “Ciaaao Andreeeeaaa!”.


Il Guru lo solleva dall’imbarazzo e gli chiede “Allora Andrea, perchè sei qui? Come possiamo aiutarti?”.


Benty, anzi Andrea, risponde con voce flebile ” Ma… non so, sono…confuso. Ecco, ho aperto un blog e…”.


Il Guru incalza, gentile ma fermo. “Quando hai cominciato Andrea. Come? Con chi? Con cosa ti facevi? E perchè? Devi raccontarci tutta la tua storia se vuoi che ti aiutiamo davvero”.


Sapeva che il loro metodo era questo. E sapeva anche benissimo che le sedute di disintossicazione dei bloggers anonimi venivano riprese, analizzate accuratamente e le informazioni ricavate venivano poi vendute da poliziotti senza scrupoli alle lobby degli scrittori e dei giornalisti, con le quali i bloggers erano in guerra da anni. Volevano distruggerli, ne erano consapevoli.


Adesso deve iniziare; lo fa torcendosi alternativamente le mani e i capelli “Ormai è un anno che ho cominciato. Me lo ricordo bene questo, era il 3 giugno del 2003. Ho iniziato come tutti, un po’ per curiosità, un po’ per sentirmi una parte del gruppo, per sentirmi “cool”. Tanta gente che conoscevo lo faceva già da un po’. Poi sapete com’è. Si comincia da piccoli con una email, una boccata di newsletter, magari un tiro di newsgroup, poi addirittura un buco di mailing list, così solo per provare e si finisce dritti ad imparare a farsi dei siti. Neanche te ne accorgi e ti ritrovi con notepad aperto, che stai rollando tabacco e tags. Ma non ho mai davvero imparato a farmi di html, non ho la mano ferma, mi fa impressione”.


La gente in sala scuote la testa, qualcuno sibila delle bestemmie, una ragazza addirittura si mette a piangere. E’ dura rivivere i propri errori, quando l’esperienza che vi ha devastato la vita sembra ancora così vicina.


Benty, anzi, Andrea continua, fissando il vuoto con occhi spiritati “Per un po’ avevo anche deciso di smettere. Giusto qualche tiro di Gnueconomy, ogni tanto la sera prima di andare a dormire. Poi un giorno mi hanno chiesto se avessi mai provato la Splinder. Mi avevano avvertito che a volte era tagliata male, ed in quel caso si rischiavano grosse crisi. Ma era il blog che andava di moda alle feste, non richiedeva alcuna abilità particolare, non costava praticamente nulla, ti preparavi le tue righe, e poi bum, eri fuori, in rete in un attimo”


Gli altri in cerchio sembrano sempre più turbati, un vicino di Benty arriva addirittura a mettergli una mano sulla spalla per incoraggiarlo. Se Benty avesse potuto connettersi solo un attimo lo avrebbe aggiunto subito alla sua lista nera.


Adesso non esita più, sembra un fiume in piena , sorride quasi, sembra rapito “Cominci a scrivere tre post al giorno, ti senti pieno di idee e di energia, ti pare di vedere tutto più chiaro, di saperlo raccontare, di essere divertente. Cammini per strada e pensi come potresti buttare giù un post veloce sul traffico, chessò io. Capite? Sul traffico, Cristo santo !”.


Un mormorio sommesso di disapprovazione commenta quest’ultima frase. Devono avere capito che il suo caso è grave. Sanno che non ha molte speranze di farcela. Andrea intanto si è alzato in piedi senza accorgersene, ed ha ancora i pugni chiusi dalla rabbia. Il Guru si avvicina e lo rimette a sedere “Calmati Andrea” gli dice con fare gentile. “Siediti e continua a raccontarci tutto. Sappiamo che è dura, ma questo è l’unico modo di uscirne, forza!”


Una volta seduto inizia a parlare di nuovo, si accende una sigaretta “Ma fino a lì puoi ancora farcela ad uscirne. Il problema viene dopo, quando iniziano a commentarti. Allora lì lo sballo è totale, ed ogni speranza di controllare la situazione è già andata a farsi fottere. Altro che acidi. Lo fai perchè ti piace, questo continui a ripeterti. E puoi smettere quando vuoi, certo. Se ce l’hanno fatta anche Coniglio Cattivo e Massaia” , dice indicando due di quelli seduti in cerchio.


Uno dei due è parecchio barbuto e indossa un sinalino rosa che è un amore e l’altro rosicchia malignamente una carota e scarabocchia un blocchetto. Quella era gente che viaggiava sui 70 commenti di media a post, centinaia di ingressi al giorno, roba da rischiare l’overdose, linkati ovunque, osannati, adorati, adulati. Loro ne erano venuti fuori in qualche modo, erano l’esempio per tutti che uscire dal tunnel del blog è possibile.


Aspirando dalla sua Marlboro light distogllie lo sguardo dai due ex bloggers e sospira “Poi è inutile girarci attorno, ti crei il tuo paradiso artificiale. Hai un nick nuovo di zecca, puoi inventarti una identità, una nuova verginità. Ti da l’illusione che agli altri interessi quello che scrivi, è un effetto pazzesco, meglio di 1000 orgasmi multipli…..in certi momenti ti senti quasi famoso, ci sono persone che continuano a linkarti e tu non capisci neanche il perchè, è davvero incredibile. Vai a feste e concerti e la gente ti riconosce, ci si scambia link, si fanno blog di gruppo nei privè, certi si avvicinano e ti fanno “Ah tu sei quello che ha scritto quel post su Tinto Brass…sublime”. Le ragazze sorridono e te la danno subito. L’URL intendevo. Perchè poi ad un certo punto ti convinci che la realtà sia davvero quella, che tu possa interagire solo con i tuoi simili, con gli altri che si fanno di Splinder, Tiscali e di Blogspot. L’effetto più devastante di questo cazzo di blog è che ci si convince l’un l’altro di essere davvero una specie di comunità di eletti, una specie di avanguardia”.


Il Guru lo incoraggia “Vai avanti”


Benty con la voce spezzata , muovendo freneticamente le mani “E’ lì che cominciano le paranoie. Capisci che ci sei dentro quando ti prende la collera se gli altri non colgono le tue citazioni dall’ultimo post di Leonardo o da Euston Station. Ti guardi attorno circospetto, temi che da ogni dove Urbani possa fare una legge che ti costringa a tenere l’archivio di tutto quello che scrivi, inizi ad avere paura che la gente possa copiare i tuoi post. A qualcuno è successo davvero”


Allora il Guru lo interrompe “Tutte storie Andrea, non devi crederci, non devi caderci. Sai benissimo che non è così !”.


Ma Benty insiste, ormai quasi urlando e senza accorgersi di aver iniziato a piangere “Ma è così invece! Mi hanno detto che alcuni blogger pubblicano libri, vanno a conferenze e congressi, del tutto spesati, che vivono parlando di blog, che vanno da Costanzo, fanno programmi in radio e in tv, scrivono sui giornali, diventano dj e rockstar. Che li pagano un tanto al post ! E’ la verità !”.


Il Guru non riesce più a controllarsi “Cazzo Andrea , solo un anno di blog e sei già affetto dalla sindrome della Lucarelli ! Lo capisci cosa significa vero? Occorre una terapia d’urto immediata”.


Ma Benty non ha ancora finito: “Il resto lo sapete. Poi vai completamente fuori di testa. Inizi a scrivere di qualunque cosa, sproloqui di politica, di concerti, di film, di altri blog. Non ti basta mai, non riesci a pensare ad altro che a scrivere post, credi di poter dire la tua su qualunque cosa, anche su argomenti di cui non hai la minima idea. Ne vuoi sempre di più e l’effetto è sempre minore. Ogni giorno guardi le tue statistiche Shinystat per vedere gli accessi, se qualche blogstar ti ha linkato, e se non è così vai in depressione, apri il blog dieci volte al giorno per controllare nuovi commenti, cambi di continuo il template, aggiungi bottoni inutili, non fai altro che lasciare commenti su altri blog…è assurdo… io voglio uscirne..io devo uscirne…non ce la faccio più…voi dovete aiutarmi Cristo…”. Adesso ha la testa bassa e tiene le mani sui capelli.


Poi una luce strana attraversa i suoi occhi, si alza e si scusa, ma ha bisogno di andare in bagno, dice. Esce velocemente dalla sala ed inciampa. In sala la gente commenta a voce bassa, scuote la testa, ci sono molti occhi lucidi. Dopo cinque minuti non è ancora rientrato. Il Guru chiama due infermieri e sussurra loro qualcosa all’orecchio. I due energumeni escono. Dietro i vetri smerigliati della sala si vedono delle ombre che si muovono in modo concitato e gli inequivocabili rumori di una colluttazione. Si sente la voce di Andrea, anzi di Benty che urla “NO, LASCIATEMI, ERA SOLO L’ULTIMO POST, VOLEVO SCRIVERE L’ULTIMO PRIMA DI SMETTERE VOLEVO SALUTARE I MIEI LETTORI, GLIELO DEVO, LORO MI CAPISCONO, LORO SONO MIEI AMIC…”. Lo abbattono con una iniezione di sedativi e lo trascinano via dalla scrivania della segretaria mentre ancora pronuncia frasi sconnesse. Si era già collegato a Splinder, sullo schermo compariva un cubo con il classico messaggio di errore. Stavano di nuovo lavorando per noi.

Mamma mamma voglio (ancora) fare il deejay

January 13th, 2004 | By benty in Senza categoria | 9 Comments »

Il primo libro che ho iniziato e terminato nel 2004 è quello del signor Eustonstation, Mamma mamma voglio fare il deejay, recuperato dopo una strenua ricerca alla Feltrinelli di Ancona. Era l’ultima copia disponibile in libreria, il che ha forse aggiunto ulteriore piacere all’acquisto. Me la sono accaparrata dopo aver verificato che non ci fossero bollini a celare la maternità dell’opera dell’altrà metà di Euston, che comprerò – credo- alla prossima incursione in terra marchigiana. Il libro di FDL – che ho divorato in meno di tre giorni – ha funzionato per me da vera macchina del tempo. La scrittura godibile e soprattutto i temi trattati mi hanno catapultato indietro negli anni . A quando teenager – dopo anni di ossessive quanto inutili richieste – pretesi ed ottenni per il mio diciottesimo compleanno due giradischi e un mixer. Collegai il tutto ad un impianto stereo vecchissimo, di fabbricazione francese, frutto di un baratto a cui mio padre costrinse qualche parente. Uno stereo così francese (e così vecchio) che sul tasto d’accensione non c’era scritto on/off, ma arrete/marche – dannati sciovinisti. Però funzionava. Fino ad allora mi ero limitato ad appollaiarmi dietro le consolle dei djs locali in discoteca e – in privato – a simulare degli insistiti scratch a tempo ottenuti grattando ogni superficie un minimo ruvida. Credevano fossi matto, e da allora non dovrebbero aver cambiato opinione. Mi ricordo gli innumerevoli pomeriggi passati in cameretta ad esercitarmi per ore , per imparare a mixare in maniera impeccabile e rapida, registrando delle C60 da riascoltare e reincidere mille volte finchè i passaggi fossero divenuti incastri perfetti e impercettibili, fino a che quello che veniva fuori fosse stato, come dice Fabione nel libro, qualcosa di nuovo, un flusso ininterrotto di suono. Il tutto ad un volume da denuncia suonando della musica tamarrissima altrettanto da denuncia (avete presente la peggiore techno commerciale di inizio anni 90?). Il problema vero era che per farci uscire tutto con meno di due milioni avevo ripiegato su due Techincs che non erano i celebri milledue, ferri del mestiere del diggei professionale, bensì -se mi ricordo bene – gli 800 o qualcosa del genere, con trazione a cinghia. Piatti completamente inadatti per un aspirante disc jockey, se si eccettua la presenza sugli stessi del pitch; ma io lo volevo fare da anni, a tutti i costi, ed incurante dell’attrezzatura inadeguata e dell’esiguità del mio repertorio ci provai. Con discreto insuccesso e scarsa perseveranza.

Dai venti anni ad oggi avrò messo i dischi a non più di una trentina di feste , quindi forse tecnicamente non so neanche se poter dire di essere mai stato veramente un dj. Soprattutto le prime performances le ricordo funestate dai più drammatici e disparati inconvenienti tecnici. Nelle parti del libro in cui si parla delle disavventure che possono capitare quando si sta dietro ai piatti, ho ritrovato pressochè la mia biografia professionale , avendole praticamente vissute tutte sulla mia pellaccia. A volte saltava la corrente, a volte l’impianto, a volte il mixer, molto di rado si arrivava a fine serata senza almeno un inghippo di qualche tipo. Ho memoria degli aspri confronti col Mondo Reale: nel pieno di una serata, mentre passavo il filotto vincente ‘Smell like teen spirit, Bullet with butterfly wings e Killing in the name of ‘ un tizio alterato mi chiese se potevo mettere un pezzo di dj Cirillo e ad una mia risposta cortese ma negativa, il tipo iniziò un ineluttabile sabotaggio al quadro elettrico, che riuscì a devastare un party fin lì riuscito. Ho gli occhi ancora pieni degli amari insuccessi, piste vuote come deserti e rappresentanti di istituto che ti guardano con odio poichè secondo loro sei tu che gli hai mandato a puttane la festa con cui racimolare i soldi per pagarsi la gita del quinto. Le cappelle da dj pivello che si possono fare, puntualmente menzionate in “Mamma mamma voglio fare il deejay”, le ho collezionate quasi tutte. Dall’essere troppo prostituta, capace di cambiare genere musicale ad ogni minima diminuzione di gente sul dancefloor, fino a suonare dischi di merda (che non piacevano neanche a me) ma che avrebbero senz’altro funzionato. Altre volte sono stato troppo ansioso, tanto da far ascoltare al massimo trenta secondi del refrain di ogni disco che avevo, oppure sono stato poco tempista, intestardendomi a proporre un genere che non funzionava (ma che piaceva a me) anche davanti ad una pista desolata; a volte sono stato troppo perfezionista, così concentrato con la ricerca del missaggio perfetto da non poter alzare la testa e prendere atto della (mancata) risposta dell’audience, quasi sempre sono stato un fottuto casinaro, confondendo i dischi e prendendo un mix per i capelli proprio all’ultimo secondo; mi sono preso anche le mie belle dosi di fischi e gli inviti a cambiare mestiere: la cosiddetta dura gavetta. Però, soprattutto a fine carriera, quelle (poche) volte in cui tutto è andato bene, il senso di benessere che mi pervadeva era così potente da durare per giorni, manifestandosi sottoforma di sorriso ebete ed inusuale affabilità. Credo fosse la mia personale concretizzazione del concetto astratto di felicità. Non potrò mai scordare la sensazione di assoluta onnipotenza che si prova davanti alla pista piena di gente entusiasta, che balla, suda, canta ed esulta ad ogni pezzo che passi. E a quei tempi non erano tanti quelli che suonavano impunemente i Marlene oltre alla mia invidiabile collezione di 45 giri dei cartoni animati, il che non smette ancora di rendermi orgoglioso. Il mio "pubblico" preferito era quello delle feste a decisa connotazione alcolica, al termine delle quali non di rado la gente veniva in consolle a farmi i complimenti, ringraziarmi, abbracciarmi e (nei casi più estremi) baciarmi. Con le donne credo sia successo al massimo una volta: purtroppo nel capitolo che Fabio dedica al dj come sex symbol non mi ci sono ritrovato affatto, ma potrebbe anche essere dovuto ad un mio problema personale. E comunque, uomini o donne che fossero, tanto poi il giorno dopo non si sarebbero neanche ricordati di essere andati ad una festa.

Poi col passare del tempo i miei gusti musicali sono scivolati lontano da quelli di chi andava alle feste per ballare, non riuscivo a far collimare i generi che seguivo con quelli da suonare e poco alla volta, fra università, erasmus e amori ellenici, ho smesso. Non ce la facevo a stare al passo con la techno che ascoltavano i diciottenni, e fondamentalmente me ne fottevo, visto che dovevo ancora completare la discografia dei Sonic Youth. Il fatto è che probabilmente non ci ho mai davvero creduto nè investito, rientrando così in quella schiera di djs per hobby che nel libro di FDL vengono un po’ presi di mira. Posso dire che si, era forse solo un hobby e una passioncella, a cui, da post-adolescente squattrinato, mi dedicavo nel tempo libero. Ma a mia discolpa rivendico di averci provato quando le uniche opportunità di farlo erano feste di compleanno di 18 anni e al massimo di qualche liceo, il che limitava le possibilità di scelta. Inoltre ancora la musica a costo zero via internet non esisteva, quindi nel mio piccolo e finchè ho potuto, ho ‘vaschettato’ anch’io in negozi "for djs only" e speso tutto quello che avevo in dischi, ben sapendo in cuor mio che non sarebbe mai diventato un investimento. La categoria dei dj indie, che potevano fare anche una scaletta di solo rock, reggae e affini, senza techno, dalle nostre parti non era ancora stata accettata e locali a cui proporsi come resident non ce ne sono mai stati. E poi c’avevo un gomito che mi faceva contatto col ginocchio.

Mettere i dischi mi appaga tutt’ora così tanto, che quando ho la possibilità di farlo, alle mie condizioni, rinuncio volentieri a partecipare alla festa per mettermi dietro i piatti, cosa che feci fra sguardi perplessi anche in occasione della mia festa di laurea. E non è che bere e divertirmi non mi piaccia, come avrete intuito dal resto del blog. La soddisfazione di essere riuscito a condividere con altre 30, 100, 500 persone (platea massima di fronte a cui mi sono esibito,alla festa di fine anno di un liceo) la mia passione per la musica, l’averli coinvolti e fatti ballare e pogare sono, come dice Fabione, la seconda cosa più bella della vita. Di ciò sono ancora convinto. Se questo libro fosse stato scritto 13 o 14 anni fa sarebbe con tutta probabilità diventato la mia bibbia e forse mi avrebbe aiutato a mantenere quel coraggio e quelle motivazioni per continuare, visto l’entusiasmo che è riuscito ad infondermi anche adesso a tanti anni di distanza. Credo che cercherò più o meno consciamente per sempre di fare qualcosa che mi dia lo stesso brivido di quando metto i dischi, temo senza riuscire a trovare nulla di simile. E comunque ho iniziato a pensare che se ti senti dj per un periodo della tua vita, lo sarai – romanticamente – per sempre, un po’ quello che dicono succeda quando sei scout o prete. In tutti i locali che frequento resto sempre con le orecchie ben aperte pensando come suonerebbe quel certo brano dentro la mia eventuale playlist. Il mio sogno ricorrente è comprarmi un paio di cdj, da qualche anno. E poi sono da un anno e mezzo alla ricerca di un posto da resident in qualche cacchio di bar in questa città, e vedrai che alla fine… No mamma, la testa a posto non l’ho messa anche se mi sono laureato, sennò non sarei qui, peraltro. Si mamma, voglio ancora fare il deejay.