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Tindersticks s Salonicco: fossi figo a trentacinque anni

February 21st, 2009 | By benty in Senza categoria | 3 Comments »

Credo che fosse in riferimento al suo amico Martino – quint’essenza della figaggine come personaggio letterario, a suo tempo – che il vecchio Alex arrivava (rimbalzando necessariamente in qualche luogo comune) a parlare del jazz come di musica che avrebbe voluto ascoltare a trent’anni. Per i profani si parla di Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Il jazz si diceva. Musica che adesso – in età adolescenziale – quella vecchia roccia di Alex non aveva la pazienza o i mezzi per capire, ma che un giorno avrebbe infuso un alone supercool al suo concetto di invecchiare bene. Il jazz e un buon whisky, sarebbero stati simbolo e sigillo della "maturità" raggiunta in modo splendido, senza perdere un’oncia di stile. Quell’arrivare pompieri dopo essere partiti incendiari a furia di Clash, Pogues, Pistols e via elencando, ma arrivarci a testa altissima.

Io al jazz mi sa che non ci arriverò mai. E quindi nemmeno all’alone supercool, visto anche che i trenta sono passati e i quaranta si avvicinano minacciosi. Per garantire alla mia presunta maturità musicale (e non solo) un’apparenza appetibile mi restano ormai pochi colpi. O mi butto direttamente sulla musica classica, entrando poi con cognizione di causa a gamba tesa nell’annoso dibattito Allevi si/Allevi no. Oppure mi trovo qualcosa che riesca a coniugare stile elegante e raffinato, gusto pop, alone di classico, atmosfere noir fumose e vellutate, roba con cui poter indossare una giacca senza sentirsi un manichino della Standa o un modaiolo hipster fuoritempo massimo.

La strada musicale a metà fra canzone d’autore e poesia tracciata dai vari Waits, Cohen, Cave, Morphine, Costeau, Thalia Zadek con un tocco di Calexico.

Motivo per il quale ho trovato assolutamente necessario concedermi un concerto – fastidiosamente perfetto e da persone veramente  mature – come quello dei Tindersticks di ieri sera al Principal. I Tindersticks qui godono di un culto nemmeno troppo carbonaro; sono un gruppo che prima di venire in Grecia avevo si e no sentito nominare e invece anche ieri hanno saputo riempire un locale con almeno un migliaio di persone. Va detto che mancavano a Salonicco da parecchi anni.

La curiosa storia dei Tinderstick è quella di una band che uscì dall’ondata britpop in modo piuttosto anomalo: niente a che vedere con le cagnarette da NME fra Blur e Oasis. Niente chitarrine facili e riff copiati paroparo dai Beatles. Niente sbraghi e sballi da Madchester. Ma invece struggimenti fuori dal tempo e dalle mode,  cucinati a base di fiati archi e tastiere a costruire un pop sinfonico, malinconicissimo, ricco di arrangiamenti complessi eppure capace di canzoni che stillano pop purissimo, ballate notturne, romanticherie stracciamutande, tormenti amorosi, abbandoni e cuori a pezzi. Tutto senza risultare melensi nemmeno per un secondo, ma trasudando classe dal primo all’ultimo brano. Questo è quello che ci hanno proposto anche ieri sera, per poco più di un’ora.

Se proprio c’è da fare le pulci al concerto di ieri, basato sull’ultimo bellissimo album The Hungry Saw, va notata una riproduzione a volte quasi calligrafica di quanto presente su disco. Non una sbavatura, non un guizzo, giusto un paio di arrangiamenti diversi ci hanno fatto capire che di live trattavasi. Una pressochè assoluta mancanza di imperfezioni. Ma è una musica che già infonde calore di suo, e non necessita di trucchetti per stenderci. Inoltre si potevano risparmiare il doppio rientro per i bis, potevano magari privilegiare qualcosa in più del loro primissimo repertorio (relegato appunto quasi esclusivamente agli encore) e sicuramente Stuart Staples (voce) e Leonard Boulter (tastiere) si potevano concedere delle camicie un po’ più decenti. Ma a quella voce sofferente e ossessionata, colma di disperata passione,  perdoneresti ben altro che una camicia a scacchi di dubbio gusto.

E comunque stasera tocca ai Mogwai, prima che mi diventino i capeli grigi per la troppa maturità da svolta intimista e volumi moderati. Con una doppietta del genere questo febbraio, inaugurato magnificamente dai Giardini, rischia di divenire seriamente memorabile. Ora mi metto la dentiera e poi vado.

update: ho parlato troppo presto. Alla fine niente Mogwai, l’abuso di algasiv mi ha dato alla testa

Sarai nights: perchè il viale del tramonto si percorre a piedi nudi

February 15th, 2009 | By benty in Senza categoria | 10 Comments »

Hortiati è un villaggio anonimo a mezz’oretta da Salonicco. In mezzo alla cui piazza centrale c’è un bar assai velleitario e francamente terrificante, che si chiama Sarai. Sull’origine del nome devo ancora indagare. Questo bar è stato rilevato da un gruppo di amici, che l’hanno inusitatamente innalzato al rango di "art cafè", così recitano anche gli orrendi portachiavi che non vengono lesinati a clientela e personale.

I ragazzi in questione me li immagino in pieno brainstorming, concentratissimi a partorire raffiche di ideone per la direzione artistica del nuovo locale.
 
"Hey, qui abbiamo bisogno di un qualcosa che suoni più cittadino, urbano, metropolitano, cosmpolita"
"Sisi, dai, sprovincializziamoci"
"Ma certo diamoci un chiaro taglio internazionale"
"internazionale e alternativo"
"alternativo e indipendente"
"indipendente e artsy"
"ecco, direi allora che il karaoke è ciò che ci vuole"
"indubbiamente"
"su questo non ci piove"
"tutti d’accordo: e poi cos’altro?"
"Beh senz’altro la pagina facebook"
"quella c’è già!"
"ok allora siamo modernissimi"
"decisamente un sacco avanti"
"di più, ragazzi, dobbiamo fare qualcosa di più"
"che ne dite della serata in maschera a tema ?!"
"genio!"
"grande!"
"mito!"
"anche se non è ancora carnevale?"
"sisi"
"si ok, ma non basta"
"occorre rischiare, ci vuole la musica dei ggiovani di tendenza, roba cool"
"diamoci un tocco d’esotismo"
"si, ma ordiniamo dell’altro ouzo, che la prima boccia l’abbiamo già schiantata"

Immagino che la decisione di ingaggiarmi come dj per il venerdì sera, sia maturata così, in questo clima immerso nell’alcol. Gente inconsapevole di ciò che avrei suonato, pronta a farmi fuori alle prime lamentele dei clienti-habituè-buzzurri, che però, per ora mi stende tappeti rossi, anche perchè un italiano che suona musica abbastanza insolita per quelle latitudini, in un paesetto di 5000 persone, fa abbastanza figo. Fascino e mistero del relativismo. Mi fanno sentire davvero una superstardj. Roba che non mi sono mai sentito così coccolato e vezzeggiato da nessuno staff dei posti dove ho suonato. Tanto che ho già cominciato a fare i capricci, per darmi una credibilità da primadonna, annullando su due piedi la seconda serata perchè (recito testualmente) "Devo andare a vedere i Tindersticks". E loro accondiscendentissimi, a dirmi che non c’erano problemi, di non preoccuparmi e di divertirmi pure al concerto.

Mi hanno contattato tramite un’amica comune, mi hanno invitato a suonare venerdì scorso (c’era più gente di quella che vedevo in media un martedì all’Ekkentron, un venerdì al Kika o un sabato al Pulp, che è tutto dire). La proposta iniziale prevedeva sia venerdì che sabato, soluzione che mi avrebbe permesso di incassare un bel gruzzolo e un prematuro divorzio. Quindi ho optato per la più ragionevole soluzione del solo venerdì. Mi hanno esaminato scrupolosamente il curriculum, chiedendomi dove avevo suonato, che generi prediligevo e poi le solite domande sul perchè e percome sto in Grecia, per rispondere alle quali mi avvalgo in genere di un comodo modulo FAQ prestampato. Non suonando dall’anno scorso (se si eccettua la felice parentesi fabrianese di capodanno dove ho fatto ballare un migliaio di persone e poi la solita tappa alcolica al circoletto dove abbiamo fomentato le folle io, Santos e redrhum) ci avevo una voglia di smanettare su una consolle che lèvati. Dunque finite le chiacchiere, e dando probabilmente un’ impressione di stakanovismo malato, mi sono gettato sbavando a studiare mixer, lettori e quant’altro.

Noto subito che si tratta di un equipaggiamento scadente e che l’infelice disolcazione di lettori e mixer mi costringe a delle torsioni che manco una Nadia Comaneci alle olimpiadi dell’80. E per finire, piccolo dettaglio, mancavano le cuffie. Spiego che difficilmente potrò metter dischi senza cuffie. Scatta rapida l’organizzazione: non ti preoccupare dj, ora rimediamo, fra un po’ inizi, vedrai che esiste una soluzione. Parte un rapido giro di telefonate, gli sguardi di corrucciano, poi l’epilogo più ovvio: siamo a Hortiati e non ci sono in paese altre cuffie. Quindi, lasciando probabilmente un’impressione di disperato ingrifamento, mi offro – con grande spirito di sacrificio – di tornare io a casa a prenderle (e salta così un’ora abbondante di dj-set e 10 euro di benzina).

Comincio la serata dunque trafelato, in maniera musicalmente brusca. Come anche altrove la gente non sembra curarsi particolarmente della mia presenza, nè apprezzando nè lamentandosi. Dopo un po’ giungono un paio di richieste abbastanza a tema (Violent Femmes), un paio meno a tema, ma abbastanza stupefacenti, da uno dei capi (Bambole di Pezza e Banda Bassotti! A Hortiati !), oltre a un paio che in altri contesti avrebbero portato alla decapitazione immediata con calcio rotante del richiedente (Should I stay or Should I go, Losing my religion e I can’t get no satisfaction: per il capitolo rock a Hortiati nell’anno del Signore 2009) ma che cionondimeno, visto che siamo al debutto e occorre farsi volere almeno un po’ di bene, accontento ruffianissimamente. Inoltre vista l’insistenza, sicuramente dettata da gentilezza, con cui continuavano a chiedermi di passare roba italiana, mi sono anche concesso il lusso di uno Spara Juri e di un Vinicio che canta Celentano, a un certo punto, riscuotendo sorrisi plasticosi da chi si attendeva più probabilmente una Raffaella Carrà d’annata.
 
A fine serata vengo trascinato in un bar parecchio equivoco, abbastanza nascosto, con musica orrenda, dove uno dei capi, mio diretto referente, mi ha fatto un sacco di complimenti, mi ha spiegato che, anche se non si vedeva, la gente s’era parecchio divertita, e che tutto il consesso dei capi sarebbe stato contentissimo di avermi a mischiare dischi tutti i venerdì.

A quel punto, o forse un po’ prima, mi sono visto come un Signori o un Batistuta a fine carriera. Dopo che hai finito il periodo d’oro, delle grandi squadre prestigiose, dei successi, dei goal e delle prime pagine, si emigra al caldo degli Emirati per svernare, giocando gli ultimi anni in campionati farsa, dove si possono mostrare, come delle foche, i colpi migliori, senza reali competizioni, con una blanda nostalgia dei fasti antichi, esibendosi per un pubblico a cui del calcio magari interessa anche poco. O ancora miglior metafora, vista la mancanza dello stipendio d’oro nel mio caso, sarebbe quella di quei calciatori che non vogliono smettere, che non ci stanno ad appendere gli scarpini al chiodo, e si divertono anche nelle serie minori, lontano dalle luci della ribalta. Perchè quello che ti spinge forse è la passione, la voglia di continuare comunque a fare quello che più ti piace, a prescindere o quasi da dove si fa e per chi lo si fa. Perchè lo si fa per sè stessi e basta alla fine, ecco perchè.

E dunque ho accettato, ci mancherebbe altro

Gigantesca bellezza: Giardini di Mirò a Salonicco

February 8th, 2009 | By benty in Senza categoria | 4 Comments »

I Giardini di Mirò sono un gruppo gigantesco. Gigantesco è l’unico aggettivo che mi gira in testa da ieri sera, e che continuo a ripetermi ripensando al concerto, seconda data del mini tour greco che li ha portati fino a Salonicco. Provo una ammirazione che sconfina nell’adorazione per questa band. Una cosa che va anche oltre la musica. Un amore dovuto a quella miscela di talento, stile, assalti sonici, fermento creativo, passione, idee, scelte,  attitudine, attivismo musicale, rigorosità, coerenza, evoluzione, assenza di pose, militanza e potrei continuare ancora una mezz’oretta con questi inutili sostantivi da panegirico. Questo è un panegirico. E cotale somma di meraviglie ha avuto luogo in Italia, la terra che musicalmente è conosciuta all’estero per Al Bano e la Carrà. Non mi capacito, davvero.

Il loro concerto di ieri sera, anche se condizionato inizialmente da problemi tecnici e di salute (allergie e stanchezze da tour-lampo assortite), anche se l’Eightball è fondamentalmente un covo di metallari, anche se a volte mi sono lasciato distrarre dalle immagini del film di Pastrone proiettate alle spalle del gruppo, è stato formidabile in termini assoluti; non ricordo di essere rimasto sepolto da una cosa così forte dai Sonic Youth a Ferrara, o da certi concerti dei Marlene visti eoni fa. Vedere in atto il concetto di SAPER STARE SU UN PALCO. Sarà che ero a secco di concerti da una vita. Sarà che Burro alla batteria vale da solo il prezzo del biglietto. Sarà che da quando sono qui sognavo di vedere uno dei miei gruppi italiani preferiti suonare a Salonicco. Sarà che non mi aspettavo quel tipo di versione voce/chitarra per Dividing Opinions. Sarà la tromba di A new Start. Sarà che forse mi sarebbero bastate Pet Life Saver e Little Victories per andarmene contento. Sarà che non li vedevo dall’Homesleep festival di Ancona, qualcosa come 6 anni fa.

Fattostà che per me Dividing opinions è un diamante della musica indipendente italiana, e non mi trovo il solo a pensarlo. Un album che prosegue inattaccabile il viaggio iniziato da "The rise and fall" e continuato con "Punk not diet". Il repertorio dei concittadini (onorari) di Lenin, contiene canzoni di pura struggente bellezza. Ecco un’altra parola banalissima che mi frulla in testa da ieri, e non renderebbe giustizia ai Giardini trovargli dei sinonimi. Suonano roba così oggettivamente incontrovertibilmente ineluttabilmente bella che l’eco ha da tempo passato i confini nazionali. Reverberi, Nuccini e co. da vedere su un palco o da ascoltare su un cd mi provocano sentimenti che per poco non travalicano l’eterosessualità, e sono una delle ultime cose che sanno gonfiarmi il petto d’italico orgoglio. Di questi tempi cosa assai rara, direi.

Visti da qui

February 6th, 2009 | By benty in Senza categoria | 2 Comments »

La cosa che a molti di voi sembra chiara e’ che sia in atto un golpe.

Se Berlusconi si sente in diritto di cagare in testa a uno dei tre poteri dello Stato, a ignorare bellamente la funzione di controllo del Presidente della Repubblica, a minacciare quanti nella sua coalizione esprimono dubbi a riguardo, un po’ la colpa e’ anche nostra, direi.

In quanto italiani di destra o non votanti gli avete firmato una delega in bianco, ergo lui gode (dice) dell’appoggio della maggioranza degli italiani, che sareste voi o del vostro silenzio assenso. In quanto italiani di sinistra poiche’ non siamo stati in grado di presentarci votabili alle elezioni,  sbagliando a incoraggiare uno smidollato come Veltroni, anche se solo per disperazione, un incapace che ha incorporato all’interno del PD gente come la Binetti, che al momento dell’emissione del decreto immagino abbia avuto orgasmi multipli, proprio come Casini, con cui Uolter stesso pochi mesi fa pensava di allearsi. 

Non c’e’ pietas, non c’e’ salvezza, non ci sono prigionieri, non c’e’ lotta. Se vi va bene c’e’ la fuga.

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Lasciatemi cantare con la chitarra in mano

February 6th, 2009 | By benty in Senza categoria | 7 Comments »