Posts Tagged ‘pezzi di bravura’

Jimi e Bartolo

October 15th, 2003 | By benty in Senza categoria | 3 Comments »

Ieri sulla terza rete pubblica hanno trasmesso verso mezzanottemmezzo un documentario, o meglio un concerto integrale " Jimi Hendrix at Atlanta Pop Festival". Jimi drogatissimo, coloratissimo, Jimi con quella fender che in mano a lui si trasforma in un oggetto magico, da cui caccia suoni e addirittura voci impossibli, Jimi che massacra l’inno americano, come a Woodstock, Jimi che rincorre note appese da qualche parte in cielo (o all’inferno) e lo fa sempre ad occhi chiusi e a bocca aperta, Jimi che (guardalo !) suona con i denti. Eccetera,eccetera. Che vi sto a parlare io di Hendrix, che quando è morto non ero neanche nato ?! Però Jimi è stato una parte importante della mia vita. Ci è entrato tardi, come un sacco di buona musica, di libri e di persone che ancora ritengo fondamentali. Jimi fu una delle mie grandi scoperte a Bartolo. Una di quelle tante scoperte (musicali e non) che devo al Capo. Era l’ottobre del 94, il cadavere del povero Kurt era ancora tiepido, nell’unico lettore cd di Bartolo giravano senza sosta cose nuove e vecchie, esattamente come vini novelli e whiskey invecchiati , si alternavano in grande quantità e con nostra grande soddisfazione Hendrix e i Marlene, i Led Zeppelin e i Soundgarden, gli Who, i Massimo Volume, De Andrè, i Velvet Underground, i C.C.C.P, i C.S.I., Iggy e i Doors soprattutto, si spacciavano cassette, si registravano complilation (ah, la nobile arte del nastrone !), altro che masterizzatori. Internet forse c’era, ma da noi sicuramente ancora no. La Salamandra, nostra coinquilina, ogni tanto faceva capolino da qualche crepa nel soffitto. Berlusconi era già il nemico pubblico numero uno, nostro e dell’Artista, nostro padrone di casa candidatosi per il comune con i Verdi e trombato. C’era Cuore tutte le settimane in edicola e il Manifesto tutte le mattine a colazione, insieme a Tuttosport (prevalenza Juventina) , e in TV c’erano Tunnel (o Avanzi o neanche mi ricordo più) e ci registravamo blob e la Gialappa’s, la Champions League era ancora in chiaro. Guardavamo i Monthy Python, e riuscivamo ancora a ridere con le cassette bootleg di Magnotta. C’era "er Canaro", un gatto di una diffidenza e di una puntualità soprannaturali ( gli davamo da mangiare tutti i giorni ma non credo che nessuno fu mai in grado di carezzarlo, per mangiare aspettava che ci allontanassimo). Non c’erano cellulari, se ben ricordo. C’erano le feste all’aula polifunzionale di Ingegneria, ma le migliori erano proprio quelle di Bartolo, così belle da guadagnarci il nome di Animal House. Feste che cominciavano il pomeriggio e si fermavano solo davanti all’evidenza che ci eravamo scolati tutto. Spesso neanche davanti a quella e si andava a continuare da chiunque avesse anche un tavernello aperto in frigo. Il vicinato , composto da famiglie di pensionati – Ancona è una città di zombies – ci era giustamente ostile, sostenevano che attorno a casa nostra avessero rinvenuto siringhe usate e ogni tanto ci mandavano la polizia ad intimare il silenzio. C’era Robby che faceva almeno un compleanno al mese, e gli portavano pure i regali. C’era Tony, già laureato, ma al tempo precario e ancora risoluto a dedicarsi agli ultimi divertimenti, altro che viaggi di lavoro in Giappone e L.A. come adesso. C’era Maicol che continuava a macinare esami con la media del trenta, non si sa come dentro quel bordello. Anzi si, studiava. Poi c’era una nutritissima fauna di personaggi che a stento ricordo, sono solo facce che affiorano dai ricordi annaffiati di vino rosso : Mimmo e i fanesi, Ndunell, gli alternativi, la porno infermiera, la contorsionista, l’isignificante, Idris, le Mimose, Joe Galullo , il negro (era un tedesco bianchissimo di carnagione), gli spagnoli e la perniz, e altri che forse mi hanno solo raccontato. Si perchè di Bartolo io ho vissuto solo la parabola discendente, ovvero, il suo acme e la sua caduta. Questo scritto qua sotto fu il mio primo impatto (forse addirittura nel 93) con Bartolo, il primo giorno che vi misi piede.

" Il giovane Benty fa il suo ingresso a Bartolo un anonimo pomeriggio di marzo e si trova davanti alla seguente scena : alle pareti infiniti manifesti di film, foto e cartine geografiche. Sui mobili si trovano bottiglie di Southern Comfort e Jack Daniels riempite d’acqua a mo’ di vasi per rose ormai avvizzite. Le serrande sono abbassate nonostante sia giorno pieno, una luce fioca viene da una tv che trasmette il film The Doors e c’è Riding on the Storm di sottofondo, ma arriva sfalsata, da uno stereo. Due carismatici individui siedono ad un tavolo dove campeggia irrisolta una bottiglia di vino rosso, hanno occhiali neri e confabulano serafici, fra il filosofico e l’alticcio. Questi 2 maestri di vita rispondono ai nomi di Robby e Il Capo. Come avrebbe potuto il giovane Benty restare impassibile di fronte a tanto fascino decadente ? Come non subire impotenti la tremenda fascinazione di Bartolo? Semplice : di li a poco si presentò Guido, in mutande. Bartolo era tutto questo e molto, molto altro ancora."

Bartolo nel suo fulgore

Ora Bartolo non esiste più : come tutte le cose belle ci hanno costruito sopra un supermercato. Quando l’hanno demolita ci siamo aggirati di notte, ubriachi a cercare tracce del nostro passato fra le macerie. Poi abbiamo sancito il nostro addio a quella parte della nosrta vita con una gran pisciata collettiva, votata all’unanimità, sulle sue rovine e sui suoi muri pieni di storie.

A Bartolo, isola felice, circondata dalla merda.

Ainda

October 4th, 2003 | By benty in Senza categoria | 7 Comments »

Capelli lunghi e spettinati, barba incolta e camicia di flanella, jeans malridotti,walkman con Tabula Rasa Elettrificata e Lungo i bordi in loop. Al suo “attivo” una carriera universitaria già in serio deficit di esami, una identità politica in via di definizione (una sinistra si, ma quale ?) e aspettative confuse ma oltremodo rosee per l’anno che stava per iniziare dopo varie peripezie e toccanti feste di arrivederci. Su un volo Alitalia Roma-Lisboa sola andata un “già-ventiquattrenne-ancora adolescente-dentro” si lasciava alle spalle una cittadina devastata da un terremoto e che da anni gli andava stretta, e si preparava ad affrontare piuttosto inconsapevolmente quello che sarebbe stato un anno indimenticabile. Dai, scriviamolo anche se gronda retorica da ogni parte : l’anno che gli avrebbe cambiato addirittura la vita. Le ultime parole famose , ripetute in continuazione fra sè e sé prima di partire : mi raccomando Benty, andiamo a divertirci, non impelaghiamoci in storie sentimentali serie, magari con una straniera, che poi non se ne esce più. Quando si dice la coerenza : dopo due giorni avrebbe conosciuto Lei, dopo sei giorni stavano già insieme, dopo sei anni esatti è a Salonicco a scriverne su un blog. Impossibile scalfire il suo entusiasmo : neanche le tre ore passate in aeroporto ad aspettare che qualcuno del comitato di accoglienza Erasmus si ricordasse di venirlo a prendere. E poi Lisboa, e la sua magia , che a spiegarla a parole le si dovrebbe dedicare un blog a parte, e probabilmente non si riuscirebbe comunque nell’intento e qui si vorrebbe farlo addirittura in mezzo post.

 

 

L a bellezza candida, decadente e coloratissima dell’Alfama, le notti di delirio stravaccati per le stradine fra i cento bar del Bairro Alto avvolti dalle nubi dei charros, gli artisti di strada e le bancarelle della Baixa, i resti del Chiado, la prima esperienza pseudoradiofonica all’università con Maicuzzo e “Radio Maria” dove passavamo Massimo Volume, P.J. Harvey, Assalti Frontali, Pavement, Marlene, Pixies, Santo Niente, Nirvana, C.S.I. e Sonic Youth in heavy rotation, l’affannosa ricerca di una casa, MGM e i suoi tour in Angola, il Bar Stadio e il Senor Manel che ci maltrattava ma ci voleva bene, i rave alla Ribeira, la Tasca di Chico, le emperiais a 250 scudi con i lupini, il pont’a’pè na cona –una bevanda un mistero – , la capoeira e “o samba” ballati per le strade, la scoperta di Internet, l’università dove si potevano prendere in prestito le chitarre e suonare fra birre e joints davanti ai professori allibiti, viaggiare aggrappato fuori dall’Eletrico n. 28 come i meninos de rua, il campeggio mai autorizzato alla spiaggia del Guincho e al Portinho de Arrabida, il vinho verde, l’adrenalina del dover iniziare tutto da zero, la cachupa a rua Poço dos Negros- cucina capoverdiana alle cinque della mattina per assorbire la birra bevuta ed estinguere la fame chimica, il Benfica perdente di Joao Pinto e il Porto tricampeao di Jardel, il drum and bass , il cielo mutevole e le nuvole che correvano come accelerate, Caetano Veloso e tutta la musica brasileira, il sabato la Feira da Ladra, stringere amicizia con spagnoli, austriaci, tedeschi , greci e africani, il martedì a ballare il reggae al Jamaica, il tramonto visto dal Ponto Final col sole sotto il ponte del 25 aprile, l’ebbrezza totale della festa di Sant’Antonio, conoscere una nuova città che odorava insieme di Europa, Africa e Brasile, Lisbon Story di Wenders, il casino assurdo dell’Expo 98, la cassetta che mi mandò il Capo con “Da Qui” e “Clandestino”, la seconda coppa Italia vinta dalla mia Lazietta vissuta in una pizzeria, Belem e i pasteis de natas, il Fragil e gli appuntamenti sempre davanti al Record, il primo concerto di Beck, el Pescador e i rastamanni, Pessoa e il caffè Brasileira, la scoperta di Cesaria Evora e delle“mornas “, la Ginginha, il fado –quello vero – che cantava acappella la padrona dell’Arroz Doce una volta chiuse le porte del bar dopo le quattro, il pao com Chourizo caldo di forno, improvvisamente O.K. Computer dei Radiohead, il B-leza, le Sagres a ettolitri, l’oceano mai visto, le feste continue dove si riuscivano a stipare anche un centinaio di persone dentro una casa – fino al rassegnato arrivo della polizia che sanciva in genere la riuscita della festa stessa, il rigore sulla traversa di Gigi Dibiagio ai mondiali di Francia, i miradouri – turistici quanto volete ma di una bellezza da stordire, Azambujeira e le case dei contadini alentejani (i montes), svegliarsi alle 7 di mattina ubriachi ad una stazione della metro dall’altra parte della città, i 1001 modi di cucinare il bacalhao, i viaggi in giro per l’Alentejo e l’Andalusia senza scadenze né programmi, i Madredeus e o Tejo che scorre lento e maestoso, rua Sao Paulo 216-2° andar dereita e la famiglia Brambilla ivi residente, il Bairro de Santa Caterina, la delusione dei Brasiliani pronti a festeggiare la vittoria del Mondiale e annichiliti da Monsieur Zizou , la curiosità febbrile che ci portava a teatro, al cinema, alle manifestazioni, il cazzeggio elevato a stile di vita quotidiano e le storie, le centinaia, migliaia di storie incredibili che capitava di ascoltare ogni giorno e che adesso purtroppo non mi ricordo più, di compagni di sbronze di una sera solamente, che si spostavano dall’ Europa al Sudamerica all’Africa con la stessa naturalezza con cui io potevo andare da Fabriano a Jesi.

 

 

Ah, e poi l’ammmmore assoluto, l’innamoramento, immaginatevelo, l’esplodere incontenibile dell’amore-quelloche-stavolta-è-quello-vero, proprio dentro una cornice come quella che vi ho descritto finora. Si certo, l’Erasmus è solo finzione e non vita vera, l’Erasmus solo perché te lo paga papà, 10 mesi non bastano a capire Lisboa , soprattutto da studente fancazzista e tutto quello che volete. So solo che non sono mai più stato così consapevolmente e sfacciatamente felice in vita mia.