Posts Tagged ‘presenzialismi’

Di buche, candidature, trionfi e elettrolibri

September 29th, 2011 | By benty in Senza categoria | Comments Off on Di buche, candidature, trionfi e elettrolibri

Quest'anno niente Blogfest e dire che mi ero pure imbucato proditoriamente fra i candidati con Vitaminic e Inkiostro, nonché come BILF 2011 (nel 2011 ho smesso di raccontare in giro che ho scritto su Spinoza, non era bello con una sola battuta all'attivo in tre anni approfittare di quelle giovani che volevano concedersi sessualmente a Stark e allo Zio Bonino e deluse ripiegavano su di me).

Veni Vidi Vici: Faenza ha visto la compagine della 42 recs trionfare al torneo delle etichette indipendenti. Eravamo io, i Cani, I Jacqueries, i Kobenhaven Store, Paco Peña, Fidel Castro, Oronzo Canà e Andy Luotto.

Poi veramente basta con questi e-book, ché quest'anno sarà il terzo -quarto in cui scrivo, ho perso il conto e poi tanto lo so che non li legge nessuno e manco mi ci pagano. Sempre quegli inarrestabili, invasati, ingordi di scrittura di Barabba, stavolta su iniziativa di Francesco "disappunto" Farabegoli , hanno deciso di raccogliere le testimonianze di parecchie persone sul loro primo (e l'ultimo) ascolto di Nevermind dei Nirvana, visto che sono vent'anni che è uscito il best seller di Cobain & Co. Ci ha scritto dentro gente di una fighitudine che lèvati e poi anche io. Il titolo (meravijoso) dell'elettrolibro è IL NUMERO DI PLAYBOY CON STEPHANIE SEYMOUR. Copertina bellissima di Giudit

Tutto Molto Bello

September 24th, 2011 | By benty in Senza categoria | Comments Off on Tutto Molto Bello

Domani sarò qua a giocare a calcetto per difendere i gloriosi colori della 42 recs al fianco e contro band indipendenti italiane, fra cui almeno un paio di  candidati al Tenco 2011. Ancora prima sarò presso la Galleria della Molinella alle ore 11.00, dove Trovarobato organizzerà una conferenza dal titolo "Blog, Web Tv on Demand, Radio, Fanzine Cartacee. Un punto sulla diffusione del messaggio cultural-musicale al di fuori dai canali tradizionali". Parteciperanno: il blog "Gli Indiepatici", il collettivo "Soluzioni Semplici" di Roma, Youthless Fanzine da Reggio Emilia e la webradio veronese "Fuori Aula Network". A moderare, Emiliano Colasanti del blog Stereogram. E pure io, sembra. Poi concerti a non finire. Il programma è qui

Bollani

May 24th, 2011 | By benty in Senza categoria | Comments Off on Bollani

Io non capisco niente di jazz, o di classica o di house, o di molti altri generi musicali se è per questo. Che poi se penso ai pochi generi di cui credo di saperne qualcosa mi viene da ridere per quanto non se so assolutamente niente. Ma tutto ciò non importa molto davanti a musicisti come Bollani. Per goderti Bollani non hai bisogno di sapere o capire di musica. Bollani è uno di quelli che "gli viene facile". Vederlo suonare il piano mentre viene percorso da scosse che gli partono da tutto il corpo, è la cosa più naturale del mondo e come molte cose naturali che vedi per la prima volta, è uno spettacolo struggente. Bollani è un meraviglopso guitto, scompone canzoni e le riassembla così da renderne riconoscibili solo alcuni mattoncini, che poi però nasconde, brucia, colora, riesuma, sbatacchia, appende dietro variazioni, divertissement, ci fa dei pallonetti, li camuffa con un paio di pennellate. Questo è stato il trattamento riservato a Dream a Little Dream Of Me e Copacabana, fra le altre. Il suo jazz libero e postmoderno si avvita, si libra, fa capriole, diventa pop, mischia brasile e Goldrake, Besame Mucho, A Taste Of Honey e il tema di Mafalda, cita, accenna si ferma e riparte, trasforma tutto in cose che sarebbe riduttivo chiamare medley. Senza contare che fa una una perfetta imitazione di Jovanotti. Un amico che ne sa parecchio di musiche alte e pianoforti mi ha detto che nell'ambiente dei musicisti classici Bollani è considerato uno che fa roba commerciale, che non ha coraggio/tecnica/testa per suonare la "musica vera". Io dico che ho visto palleggiare Maradona al Flaminio nel 91 e ancora me lo ricordo come una delle espressioni più sublimi e pure di tecnica e genio naturale, una cosa imbarazzante da quanto era bella. Anche se (pure) quella volta tifavo per l'altra squadra.

Che fai, reading?

February 26th, 2011 | By benty in Senza categoria | Comments Off on Che fai, reading?

Che fai, reading?

Stasera alle 17 cominciamo con "Che fai, reading?" (nome bagaglinesco di cui mi assumo quasi tutte le responsabilità) cioè il ciclo di letture accompagnate da musica che si terrà presso la biblioteca pubblica "Romualdo Sassi" di Fabriano, a partire da oggi per le prossime 4 settimane. Cominciamo con Giulia Blasi che viene a leggere estratti dal suo libro "Il mondo prima che arrivassi tu" accompagnata alla chitarra da Marco Bonini dei Mamavegas . Qui c'è un assaggio

Siamo anche su facebook in tutti i luoghi e in tutti i laghi ci abbiamo pure il blog nuovo di zecca della sedicente associazione culturale Ikarìa che comunque sempre un po' greci ci sentiamo e un po' isole (e che è sempre meglio che alcolisti anonimi, dove ci avevano indirizzato inizialmente)

Che fai, reading?

February 26th, 2011 | By benty in Senza categoria | Comments Off on Che fai, reading?

Che fai, reading?

Stasera alle 17 cominciamo con "Che fai, reading?" (nome bagaglinesco di cui mi assumo quasi tutte le responsabilità) cioè il ciclo di letture accompagnate da musica che si terrà presso la biblioteca pubblica "Romualdo Sassi" di Fabriano, a partire da oggi per le prossime 4 settimane. Cominciamo con Giulia Blasi che viene a leggere estratti dal suo libro "Il mondo prima che arrivassi tu" accompagnata alla chitarra da Marco Bonini dei Mamavegas . Qui c'è un assaggio

Siamo anche su facebook in tutti i luoghi e in tutti i laghi ci abbiamo pure il blog nuovo di zecca della sedicente associazione culturale Ikarìa che comunque sempre un po' greci ci sentiamo e un po' isole (e che è sempre meglio che alcolisti anonimi, dove ci avevano indirizzato inizialmente)

Roma città aperta

December 4th, 2010 | By benty in Senza categoria | Comments Off on Roma città aperta

Resistenza a Motore: Manifesto perugino

November 12th, 2010 | By benty in Senza categoria | Comments Off on Resistenza a Motore: Manifesto perugino

Da Yann Tiersen all´inverno caldo: sprazzi di un impegnato novembre salonicchese.

November 19th, 2009 | By benty in Senza categoria | 2 Comments »

Mi lagno quasi sempre che non c´é niente da fare e poi arriva novembre. A Salonicco comincia il festival internazionale del film, la cittá ribolle di proiezioni, concerti ed eventi. Inoltre il 17 novembre come sempre c´é stato il corteo per la commemorazione dell´entrata dei carriarmati dei dittatori dentro il politecnico di Atene occupato, che causó feriti e morti.

Lunedi siamo andati a vedere al Principal Yann Tiersen: non mi ero mai soffermato sulla sua opera a parte qualcosa della colonna sonora di Amelie e Goodbye Lenin. Mi aspettavo un Principal vuoto, certo di spaparanzarmi sui divanetti e gustarmi un´oretta di fisarmonichine tanto colte e radicalchic, violini struggenti, atmosfere da sbadiglio. Quello che ci vuole dopo una dura giornata di lavoro. Conteplavo persino la possibilitá di schiacciare un pisolino. Invece mi ritrovo il locale pieno (capienza un migliaio di posti) come quando venne Morrissey (nonostante sia lunedí e il biglietto costi 30 euri a capoccia), tanto che abbiamo trovato solo uno strapuntino in alto, defilati e accalcati. Yann Tiersen, la fotocopia di Mastrandrea, si presenta con una maglietta rossa con la falce e il martello che non puoi non volergli bene e attacca a suonare. Parte lento e poi continua in crescendo, quasi senza interruzioni, sfumando spesso un pezzo nell´altro. Una tirata eclettica ed elettrica, con pochi passaggi piú atmosferici, un po´di elettronica, tre chitarre (due elettriche, che diventano una quando si mette a dare qualche strapazzata geniale al violino). Ma si tratta per la maggior parte dei pezzi di indie.pop.rock pulito pulito (whatever it means) che ricorda un po´ troppo da vicino gli Arcade Fire, certe intro sembrano addirittura pinkfloydiane, mia moglie ci vede un tiro un po´ alla Baustelle, io piú gli A toys orchestra, certa roba di Graham Coxon e i Grandaddy. Comunque bravo anche se me lo aspettavo meno pestone e assolutamente privo di qualunque piglio punk o rock. E invece gli piace fare casino, schitarrare col distorsore a manetta e creare finali sonici di rumore orchestrato.  Poi quando si mette al violino tende a violare analmente dei passeracei.

Martedí giornata piena. Scuola chiusa per la commemorazione di cui sopra, nel pomeriggio abbiamo visto un film scelto completamente a caso dal nutrito programma del festival, El Ultimo Verano de la Boyita, coproduzione spagnola argentina e francese. Bello, delicato, colorato, non scontato, attori meravigliosi, insomma parecchio apprezzato; se potete andatevelo a vedere. Il solito culo nostro nella ricerca random dei film, applicato alla probabilitá sempre alta di beccare un buon film ispanico al festival. Per la cronaca l´Italia partecipava con the Dreamers di Bertolucci (roba di tre anni fa) e un paio di opere di Carmelo Bene. Per il resto, come sempre, dal nuovo cinema italiano qui non arriva una mazza (ultima presenza ´ragguardevole´ La meglio gioventú e mi pare che basti). E non é proprio un festivalino ignobile questo, per dire che Tony Manero film dell´anno scorso che ha mietuto parecchi premi in seguito, prima era passato da qui. Ecco.

Dopo il film cominciavano i tradizionali cortei del 17 novembre di cui ho giá parlato. Migliaia di persone perlopiú pacifiche (organizzazioni politiche e studentesche e semplici cittadini) hanno sfilato per le vie del centro, fermandosi davanti all´ambasciata americana, inneggiando contro gli USA, colpevoli di essere dietro al regime dei colonnelli, per poi finire il corteo davanti al Politechnio ovvero la facoltá di Ingegneria. Come prevedibile, viste anche le sommosse dell´anno scorso, alla fine del corteo sono scattati duri scontri fra manifestanti e forze dell´ordine, con lanci di pietre, cariche, cassonetti e auto bruciate, spreco di lacrimogeni, vetrine rotte, centro cittadino militarizzato, esplosioni di granate luminose da parte dei MAT (le truppe antisommossa) e molotov lanciate dai manifestanti barricati all´interno della Universitá, che é asilo politico. Oviamente é saltato anche il concerto gratuito nell´aula magna, o almeno crediamo visto che non ci hanno lasciato passare.

Da quando il Pasok, che di socialista ha solo la sigla, ha vinto le elezioni l´atteggiamento della polizia -in particolare verso gli anarchici- si é fatto piú duro. Come se dovessero dimostrare che non é solo la destra ad avere le palle e che sanno manganellare pure loro a dovere questi scapestrati. Ad Atene hanno fermato 280 persone dopo le manifestazioni. Mesi fa hanno effettuato retate a tappeto senza motivo nei quartieri piú rossi della capitale, come Exarchia. I media dipingono Exarchia come una specie di favela dove se entri non esci vivo, quando invece si tratta di un posto dove la gente del quartiere crea parchi pubblici occupando terreni destinati a garage e li autogestisce come in una comune. Non si respira un bel clima in Grecia, soprattutto in vista del 6 dicembre, primo anniversario della morte di Alexis Grigoropoulos, il 15enne ammazzato proprio nel cuore di Exarchia dai proiettili della polizia. E hanno posticipato a poco dopo l´anniversario il verdetto sull´omicidio,  tentando inutilmente di portare il processo lontano da Atene. L´anno scorso ci furono sommosse e manifestazioni che durarono giorni in tutte le maggiori cittá greche dopo l´omicidio. La polizia aveva finito le scorte (nazionali) di gas lacrimogeno. Vediamo quest´anno che succede, ma non ho un buon presentimento.

Ancora me stai ai Pixies? 18-06-2009 Pixies in Athens (Greece)

June 22nd, 2009 | By benty in Senza categoria | 1 Comment »

Le domande da porsi sarebbero: siamo forse vecchiazze che ancora corrono adoranti dietro ai dinosauri della scena indie americana degli anni 80/90? Siamo mica degli sfigati che abboccano a ogni reunion per quanto posticcia, per quanto bolsa e dichiaratamente avvenuta per denaro? Siamo forse dei patetici quasi quarantenni che si sentono miracolati a poter assistere a tour di quasi cinquantenni che propongono solo vecchi pezzi di vent’anni fa, roba da cover band? Siamo forse noi questo e ne siamo anche parecchio orgogliosi?

La risposta e’ si, perlamadonnaccia!

Tipo: mercoledi’ c’erano i Pains of Being Pure at Heart ad Atene, sabato i 2 many deejays a Salonicco. Nessuno dei due gruppi avevo mai visto dal vivo, e avevo parecchia voglia di vedere entrambi a dire la verita’. Ma la voglia, la curiosita’, il capriccio, l’inedito si inchinano davanti all’amore, davanti a uno dei 5 gruppi americani che hai piu’ amato in vita tua, davanti all’emozione di trovarsi di nuovo sotto al palco calcato dal quartetto di Boston. E – molto meno romanticamente – anche davanti al budget come sempre limitato. Dunque – ovviamente – i Pixies.

Arriviamo all’Ejekt festival verso le 8, con un tramonto meraviglia, proprio mentre gli ignorabilissimi Starsailors stanno finendo con una cover di Kate Perry. Prima di loro, ci viene raccontato dell’inutile concerto degli White Lies davanti a trenta persone (e per la prima volta ho visto dei veri fan emo, tutti pittati, mi pareva di stare allo zoo e li ho pure indicati col dito e mi hanno detto che -no- non si fa, e non gli dare le noccioline, ma erano tanto buffi). Poi ci sono stati gli Editors, che hanno dei buoni pezzi, sarebbero potuti forse diventare gli U2 se non fossero arrivati prima i Coldplay, il cantante ci ha davvero una bella voce, ma se ne fa a meno abbastanza a cuor leggero.

Poi arrivano i nostri supereroi. Frank Black e Kim Deal in completo nero, che non li fanno pero’ sembrare affatto piu’ magri, Joey Santiago ha il solito cappellino da baseball per coprire la pelata e David Lovering ci ha ormai tutti i capelli bianchi. Appena saliti sul palco un po’ confabulano, un po’ si godono il pubblico (fra cui ancora riuscivo a sentirmi un giovanotto – per darvi una idea anagrafica), poi parte la prima schitarrata di U-Mass che manda immediatamente a puttane (non governative) il mio aplomb di navigato frequentatore di concerti e -maledizione, ci sono ricaduto –  comincio a saltellare, cantare e urlare in estasi fino alla fine del concerto come un adolescente scemo. Anzi, mi viene fatto notare, saltello perlopiu ‘ insieme a un adolescente molesto, scemo e pure grassoccio.

I Pixies sono meravigliosamente in forma, compatti, tonici, non perdono tempo in chiacchiere fra un brano e l’a’ltro (giusto un po’ Kim, che parla dei due giorni passati in giro per l’Acropoli e non smette di sorridere), tengono un ritmo serratissimo, Frank urla in quel microfono come se fossimo ancora nel 1986, con soli 40 chili di piu’, aggrediscono il pubblico con brani presi per lo piu’ da Come on Pilgrim, Surfer Rosa e Doolittle. Male non puo’ andare: ci hanno un repertorio che dove peschi peschi bene. Si muovono forse poco sul palco, ma non mi dispiace, non me ne frega un cazzo che si mettano a fare delle mossettine da giovanotti, non ne hanno davvero bisogno. Quello che esce da quelle chitarre onuste di gloria basta e avanza a infoiare la folla, – me compreso –  roba che nemmeno tonnellate di viagra presidenziale. Ci si distrae solo un po’ a meta’ concerto quando qualcuno decide di accendere un fuoco, si teme che arrivino gli anarchici cattivi, come due anni fa con i Beastie Boys che misero a ferro e fuoco la location e interruppero il festival. Invece tutto rientra immediatamente. Speravo di ascoltare Winterlong, che avevano eseguito nelle prime due date del tour (ma c’era Neil Young come headliner da omaggiare) e invece non me l’hanno fatta. Per il resto, non esistendo materiale nuovo, tutti i grandi pezzi ci sono, e credo siano degni di menzione una devastante Debaser, una osannata Hey, una Where is my mind ipnotica e un finale in crescendo con Gigantic. E proprio gigantesco era il sentimento che riempiva il petto con cui sono uscito dal concerto. A big big love.

Scaletta

U-Mass

Wave of Mutilation

Caribou

Broken Face

Something Against You

Monkey’s gone to heaven

Bone Machine

I Bleed

Here comes your man

Velouria

Digging for fire

Nimrod’s son

The Holiday song

Ed is dead

Vamos

River Euphrate

Allison

Into the White

Debaser

Tame

Hey

Gouge Away

Where is my mind

Gigantic

I miei ragguardevoli venerdì sera

May 30th, 2009 | By benty in Senza categoria | 10 Comments »

Ormai – per motivi che non sto qui a spiegarvi – siamo pappa e ciccia con dei pezzi grossi dell’ "Italia a Salonicco". La solita insopprimibile vena mafiosa di noi italiani all’estero. Una di questi è arrivata addirittura a chiamarmi "Amore mio" davanti alla augusta presenza di mia moglie, peraltro. Ciò significa che ogni volta che in questa città si verifica qualcosa che ha a che fare con l’Italia mi arrivano gli inviti a casa. 2 novembre, 2 giugno e altre simpatiche feste sempre snobbate in patria, qui mi vedono a volte in prima fila. Si tratta di manifestazioni a cui partecipa la crema della società italica trapiantata a Salonicco. Consoli, ambasciatori, presidenti di camere di commercio, direttori di istituti e banche, alte sfere militari, manager di grandi industrie, politici, direttori di tv locali e uno stuolo agghiacciante di zombie-parvenu. Praticamente un incubo, in cui manca solo Ambrogio e i Ferrero Rocher.

Ma io ormai ho il mio vestito del matrimonio,  e quindi non temo niente e nessuno. Quando c’è un’evenienza del genere mi chiudo in una cabina telefonica come superman e voilà ! divento l’irriconoscibile (fighissimo!) italiano all’estero in giacca e cravatta che partecipa a queste orrende situazioni.

Perchè lo faccio? Perchè come tutti i bambini sono attratto letalmente dalla merda e ci giochicchio, mi ci impiastriccio, ci faccio castelli, mi impacchio nel trash, mi rotolo nelle situazioni assurde, paradossali, nell’essere incredibilmente fuori contesto. E’ come drogarsi, credo, di certe sostanze che ti fanno viaggiare in mondi paralleli. Non puoi credere di essere lì con quella gente a fare quelle cose. Non credevi nemmeno esistessero davvero. Come stare a parlare con l’unicorno. Fatto per una o due volte l’anno è quasi salutare confrontarsi con queste persone: vedersele davanti e ringraziare il cielo di non essere ancora diventati così. Mia moglie la vede allo stesso modo. Odia tutto quel contesto, non ne vorrebbe mai fare parte, non ci riesce fisicamente (le viene il maldistomaco dopo un po’) ma pure lei ne è irresistibilmente attratta, come le mosche dalla lucina blu, che alla fine le frigge.

Inoltre non dimentichiamo altri due fattori importantissimi: primo, in genere in queste occasioni si mangia benone e prodotti italiani che qui costano un occhio, e non dimentichiamoci che noi semo italiani, se magna aggratis, quindi si parte e di corsa pure. Secondo: ci ho un blog in crisi di ispirazione, e da cose del genere due righe le tiri fuori sempre. Quindi, forti dei nostri vestiti da supereroi, ci buttiamo a capofitto, letteralmente da "morti di fame". Ma strepitosamente belli ed eleganti.

La serata di ieri, per i festeggiamenti del 63esimo anniversario della Repubblica, organizzata dal locale Istituto di Cultura Italiana e finanziato dall’Eni, che qui sta portando il metano, prevedeva una serata di grandi canzoni italiane. Solo per strada abbiamo capito che il buffet non era previsto e stavamo quasi per decidere di tornare a casa. Poi il trash l’ha avuta vinta, di nuovo.

Arriviamo a teatro e ci sbattono in prima fila, bersaglio di fotografi che all’indomani pubblicheranno le nostre belle facce in prima pagina. Smadonniamo. Inizia una lunghissima premiazione di quanti avessero in pratica finanziato l’evento. Interminabili discorsi di ringraziamento. Continuiamo a smadonnare.

Prima entra un coro di vecchiette italiche importate appositamente dall’Inps che intona l’Inno d’Italia, poi quello di Grecia, poi il Va’ Pensiero. Alle prime note dell’inno di Mameli (ribattezzato dalla bionda tradutttrice L’Innomanelli) tutti si alzano in piedi. Avreste dovuto vedere le facce mie e della mia consorte indecise fra il gelo e il panico. Non mi era mai capitato. Non so come abbiamo fatto a non rotolarci per terra ridendo in preda alle convulsioni. Mi sentivo come Gattuso, ero pronto anche a fare un po’ di stretching prima di spezzare le caviglie a Zagorakis.

Comincia poi il concerto vero e proprio come da scaletta. Il maestro Severino sembra un incrocio tra Massimo Ghini dopo anni di crack e Neri Marcorè che imita Gasparri. Viene presentato dalla biondissima traduttrice come artista famosissimo in Italia (faceva il consulente per Sarabanda e ha partecipato a Telethon, in pratica ci propina dell’insulso piano bar. Non male per uno uscito dal DAMS, credo). Indossa una sciarpetta, che fa tanto "maestro" così come le mossette sul palco, gli occhi chiusi mentre canta stravolgendo ( a la Dylan!) canzoni a volte già brutte di loro. Propone uno scontato mischietto di musica anni 60-70 più Ramazzotti e la Pausini che non sfigurano mai. Oltretutto il concerto è funestato da incidenti tecnici (il Dio della musica c’è!) che però – purtroppo – non stroncano la performance definitivamente, bensì allungano solo la nostra agonia e quella dei vari Modugno, Paolo Conte e Carosone buttati in pasto a una platea di ottuagenari. In uno di questi imbarazzantissimi momenti, frutto della brillante organizzazione italiana e dell’avanzata tecnologia greca, saltano le casse, e il maestro Severino per alleggerire l’atmosfera imbarazzante venutasi a creare, recita testualmente "IT’S THE BIUTIFUL OF THE DAIRECT"  e ridacchia. Da solo, ovviamente, poichè immagino che nessuno in quel teatro pieno di gente, sia arrivato a connettere le sue parole astruse col tentativo di battuta pippobaudiana in inglese (e allora perchè non l’intramontabile Give it today, give it tomorrow ! ). Comunque cala una cappa di gelo antartico e io continuo a ripetermi, no, non l’ha detto, non è possibile, no lui non mi rappresenta, no, Belrusconi non mi rappresenta, oddio no, ma che davero davero mi rappresentano questi?

L’italiano ruffiano piano barista si palesa in tutta la sua infamia su una canzone di Modugno in cui modifica l’intro, allungandola a dismisura e trasformandola praticamente nel celebre syrtaky, il che scalda i cuori dei greci presenti. E scatta di nuovo il battimani. E’ l’unica cosa che in genere gli italiani conoscono della cultura greca contemporanea, ed è stata resa famosa da un film non greco. Poi arriva l’orripilante momento Renzo Arbore, in cui il percussionista prende un djembè e scende dal palco per far fare il battimani al pubblico, sfidando le artriti degli attempati (e abbioccati) spettatori. Ovviamente non lo segue nessuno a tempo e diventa un momento quasi situazionista. Una cosa che ancora ora a pensarci mi provoca conati di vomito e brividi lungo la schiena. Erano anni che un concerto (o una sostanza stupefacente, o del cibo andato a male) non mi provocava tutte queste sensazioni. C’è il momento in cui il maestro decide di proporci sue composizioni, che (dice la traduttrice assumendosene le responsabilità) verranno presto interpretate da un grandissimo protagonista della musica italiana. Canzone di genere melodico napoletano, contentente le rime amore cuore, marechiare e nun ce lassamm cchiù, finestre vicoli sole spiagge. Praticamente l’anti Gomorra, per la gioia di Apicella e Noemi. Scatta il toto-grandissimo interprete destinato a trasformare questa chiavica – troppo bassa pure per Gigi D’Alessio- in un successo. Infine, come temuto, il bis. Prima Volare. Di cui sbaglia pure un paio di versi (ma si può?). E poi? Ovviamente l’inno degli italiani all’estero. Lasciateli cantare. Con la chitarra in mano. Cambia anche una strofa (‘perchè sono ricco-sono a Salonicco’) che fa venire giù il teatro. Voglio vedere quando lo invitano a Tel-Aviv che s’inventa. Lasciamo il teatro ancora basiti, ripetendoci che non è possibile, e che mai più, e che non può essere che ancora nel 2009 noi italiani nel mondo siamo quest’ammucchiata invereconda di stereotipi da dopoguerra, ma insomma.

Poi le chiedo  – "Oh ma lo hai saputo che ci sono in giro le foto dei festini a Villa Certosa con le donnine in topless?". E lì realizzo che nel 2009, noi, gli italiani, siamo percepiti ed amati nel mondo per tutto questo (volare, pizza, ferrari) e in qualche modo rappresenta il meglio di quello che abbiamo da offrire -come immagine – al momento, nel Berlusconistan. Magra consolazione, ma lasciateci cantare, va.

Update: post gemellato qui e video del momento incirminato courtesy of pattymeet