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A proposito di eiaculazioni precoci: Blonde Redhead a Salonicco

April 17th, 2005 | By benty in Senza categoria | 6 Comments »

Allow me to show you the way which I adore you

Il mio amore smodato verso i Blonde Redhead risale, se ben ricordo, all’ aprile del 1997. Sul mese protrei sbagliarmi, ma sull’anno no, perchè fu allora che uscì Fake Can Be Just As Good. I mai troppo idolatrati evangelisti di Suoni e Ultrasuoni passavano spesso Kazuality su radiodue, e fu devozione sin dal primo ascolto. Non fu difficile restare ammaliato dal loro suono, riconoscibile distillato di classe cristallina.

Il mio innamoramento per i Blonde Redhead, si deve alla loro bellezza, in primis, e per questo li ho approcciati a suo tempo, non mentiamoci. Ebbe a dire Kazu, della loro musica  “Non siamo no wave, né tantomeno avant-pop. La nostra musica tende a raggiungere lo stato di bellezza e di estasi. Partendo dal punk-rock, tracciamo delle linee melodiche dolci che esplodono in irruzioni di violenza. Sia la musica che l’uso della mia voce tendono ad enfatizzare la nostra ricerca del bello, senza le barriere dei generi”. Ma poi con il tempo scopri anche altre cose che vanno oltre la formale bellezza, aspetti che ai primi appuntamenti/ascolti, non avevi notato o apprezzato abbastanza. La dolcezza struggente,  la delicatezza che si fa potenza ma che resta sempre sotto controllo. Per trasformare l’infatuazione in amore eterno basta e avanza, all’improvviso capisci che non puoi più fare a meno di loro. Della voce di Amedeo che ha un qualcosa di teneramente battistiano, dei riferimenti a Pierpaolo, e godi tanto delle radici da giovani Sonic Youth, quanto delle virate ultime verso composizioni più melodiche.

Una volta furono anche intervistati da Pandolfi e De Luca, e in radio risultarono abbastanza poco loquaci, al limite dell’antipatia. Il che non ha minimamente scalfito i miei sentimenti amorosi verso la loro musica.  Alcuni conservano gelosamente per anni un oggetto come fiore secco regalato al primo appuntamento, o lo scontrino della prima pizza mangiata assieme. Il momento del mio ineluttabile innamoramento per i Blonde Redhead è cristallizzato in una cassettina grigia da 90 della BASF che temo sia rimasta in Italia, sepolta dalla polvere. In coda al lato A c’era anche un pezzo di quell’intervista, in testa al lato B tre pezzi.

La mia storia d’amore disperato coi Blonde Redhead ha incontrato delle notevoli difficoltà, perchè per un motivo o per un altro non riuscivamo mai a incontrarci. Same old story, io in Grecia, loro in giro per il mondo; maledette relazioni a distanza, la mia croce e delizia. L’anno scorso poi avevano finalmente preso coraggio decidendo di venire a trovarmi quasi fino a casa, a Senigallia, ed invece io ero a Torino a tradirli spudoratamente con Iggy. Una scappatella che credevo non mi avrebbero mai perdonato. Mi ero quasi rassegnato ad averli persi per sempre.

Quando ho letto che sarebbero venuti in Grecia ero pronto alla trasferta ad Atene per mostrare che avrei fatto tutto per loro, dando per scontato che avrebbero suonato solo nella capitale. Magari avrei finto di passare di lì per caso, e con la scusa di un caffè gli avrei proposto di non lasciarci mai più. Poi invece con un sospirone hanno deciso di darmi un’altra possibilità, perchè alla fine possono dire quello che vogliono, ma mi vogliono bene pure loro. E’ stato allora che si è saputo di una data a Salonicco. Immaginatevi la gioia del sottoscritto.

Anche se un po’ temevo, che la gente qui non avrebbe capito, che sarebbero passati inosservati, che la città non avrebbe risposto all’evento come dovuto, come un fatto del genere meritava. Le ansie di noi innamorati quando per la prima volta portiamo il nostro amato a casa, e abbiamo paura che nulla sia all’altezza, e ci sentiamo inadeguati, e crediamo che i nostri amici ci imbarazzino, e temiamo che la casa non le piaccia dopo che abbiamo spazzato e smacchiato e riordinato tutto il santo giorno. Invece, grazie anche alle due settimane che hanno visto un paio di brani di Misery is a butterfly piuttosto pompati dalla radio coorganizzatrice dell’evento, l’Idrogeio si è riempito. Piacevole la schiacciante prevalenza femminile.

I miei timori erano tuttavia fondati. Qui i Blonde Redhead non sono mica così tanto conosciuti, anche da gente che di musica ne ascolta parecchia: fate conto che esistono in tutta Salonicco due bar dove si possono ascoltare i Blonde Redhead, e tutti e due mi hanno visto/mi vedono ancora alla consolle. Avevo già parlato delle fisse musicali di ogni paese, i Blonde Redhead non rientrano fra le manie locali, al contrario dell’Italia. Mi fregio di aver contribuito nel mio piccolo a diffonderne il verbo in terra ellenica. Lo sapete com’è quando uno è innamorato, non smette un momento di parlare dell’altro, non smette di pensarci, mostra a tutti le fotografie, e quant’è bello e quant’è bravo, e insomma alla fine rischia di diventare anche un po’ monotematico. 

Per una volta la venue è perfetta, c’è parecchia gente ma stiamo belli comodi, a pochi passi dal palco, i generalmente disastrosi organizzatori greci sono riusciti a farne una giusta. Nei giorni precedenti mi ero rattristato leggendo recensioni assolutamente negative dei concerti del trio in Italia, altre lovestories finite irreparabilmente, quindi temevo un po’ anche la delusione. A rendere un innamorato ancora più nervoso possono contribuire anche terzi incomodi, come i del tutto inadatti Das Pop, che si sono piazzati in mezzo per un tempo interminabile, ad aprire il concerto. Di loro ricordo tre pezzi discreti e poi noia da college rock, a metà fra i Soulwax pre-2manydjs e un qualunque gruppetto da mtv con video girato in california.

Poi ci siamo guardati negli occhi con tutti e tre, quando sono saliti sul palco. Adesso, se io fossi una donna, credo che proverei a sposare uno a caso dei gemelli Pace. Sicuramente Amedeo, altro che a caso. Non importa. Non essendo omosessuale neanche un po’ , non posso che godermi nel suo sconcertante fulgore lo spettacolo di pura bellezza offerto dalla dea nipponica. Fatto che a tratti rischia di distrarre dalla musica, e distrarsi è vietato. Sarebbe come se la tua donna ti stesse facendo una dichiarazione di amore e d’un tratto si accorgesse che le stai fissando le tette. No, non si fa. Tutta la scaletta in ordine non me la ricordo, sarebbe come ricordarsi tutti i baci dati e ricevuti durante una notte di sesso. C’era My violent life, c’era Fake can Be Just as Good, A Cure, Hated because of her qualities, ( e non Loved despite..), c’era In Particular. Non c’è stata Kazuality, ma c’era Water. Poi c’erano molte carezze nuove da Misery is a Butterfly, quelle che la gente cantava a gran voce come Messenger, Doll is mine e Equus. A un certo punto, mi sembra su Melody, mentre cantava seduta alla tastiera/clavinet, Kazu scuote la testa verso Amedeo si tocca il collo, e fa segno di fermarsi che a continuare il pezzo non ce la fa. Io non ho bisogno di spiegazioni, che ho le mie fonti . Ma qui mi sono piaciuti i greci astanti, che hanno sostenuto con un grande applauso il gruppo e la ex modella, senza bisogno di spiegazioni. Kazu ci ha detto che stava perdendo la voce in questi giorni, e ha chiesto se ritenevamo che che il concerto dovesse continuare, non potendo più cantare. Altro applauso lunghissimo come risposta. Nei momenti di debolezza l’amore cresce a dismisura, a volte. I tre parolottano, il concerto riinizia  e in seguito, la prode kamikaze, immolerà stoicamente la sua ugola e interpreterà anche pezzi che richiedono i suoi acuti. C’è anche un encore nutrito, i tre sembrano metterci ancora più grinta, in particolare Simone che pesta sulle pelli infaticabile e fa delle facce a metà fra l’orgasmo e la smorfia di dolore. Un concerto semplicemente fantastico, che alla fine mi sono acceso una sigaretta e volevo chiedere se anche a loro era piaciuto come a me. I Blonde Redhead sono belli da ascoltare, belli da vedere, sono sicuro che profumano pure, se ti avvicini. Adoro la loro misura che non si avvicina mai alla freddezza, le code soniche ( e gli occhi azzurri e poi…) e quel misto di violenza dosata, passione sognante e malinconico pop, il loro spleen tendente al tetro. E poi l’eleganza, Cristo, l’eleganza onnipresente nei dettagli minimi, dalle giacche scure dei gemelli al vestitino corto di Kazu, da come Simone impugna la bacchetta destra ai "Thank you" pigolati dalla Makino. Si muovono sul palco con l’autorevolezza di chi sa di non aver alcun bisogno di scomporsi, neanche durante le furiose cavalcate noise.

La verità è che dentro il concetto astratto di BRH c’è tutto quello che io non sono e ammiro, e li amo perchè sento che mi completano: sono colti e intellettuali, eleganti , seri ma non musoni, concentrati, cool senza essere trendy, classici eppure modernissimi, rasentando l’avanguardia. Quasi fastidiosamente perfetti. Che è tutto il contrario del sottoscritto. Per questo credo che dovremmo sposarci e vivere per sempre insieme, io e loro.

Perchè carine sono tante, tutte simpatiche, ma lei è proprio gnocca

September 5th, 2004 | By benty in Senza categoria | 27 Comments »

(La redazione di Tragedie Greche si dissocia dal titolo sovrastante diramato a blog unificati, ma si vede costretta ad adottarlo per paura di ritorsioni da parte della temibile mafia venetopiemontese)

Arrivo all’Indiependent days verso le quattro di pomeriggio, m’accatto una maglietta con la copertina di Goo dalle bancarelle abusive (bellissima però, me l’ha detto pure Marina P, anche se ancora mi deve una playlist) e punto l’ingresso dell’arena. Caldo fottuto. Già mi sono perso i Julie’s Haircut, ma l’entusiasmo per l’incontro coi miei fratelli di blog e loro compari di viaggio cancella ogni minimo accenno di delusione. La storia si ripete uguale a sè stessa, come a Torino così a Bologna. Veniamo investiti in pieno da una cascata di birre che volendo, con quei soldi avremmo potuto diventare azionisti di maggioranza della Nastro Azzurro. Ci mettiamo all’ombra, lasciando scorrere in sottofondo la musica dei gruppi pomeridiani. C’è giusto il tempo di sdoganare Max Pezzali e subito dopo accordarsi su una sanissima avversione per i revisionismi, in particolare sugli anni 80. Nel frattempo arrivano torme di bloggers: Uliva e C. dove scopro fra le altre cose che Uliva è alta, ha un sorriso bellissimo e non dovrebbe far parte della lobby delle 2 torri, Marinap e Fio che ci raccontano di essere entrambe in partenza per l’estero -beate loro -, Giulia e Colas che vanno in giro con i passerottini in stile Disney a cinguettargli giulivi sopra le capoccette, Brian Jones e la sua cascata di ricci ed Enver che sfoggia spillette labranchiane con nonchalance, dispensa cd, e mi spiega la complessa fenomenologia dello Spritz (lo Spritz al Cynar non me lo sarei mai immaginato), la Fagotta che prima di salutarla ho verificato che ci fosse il tatuaggino come trademark sul pancino e mi stava per vendere delle riviste con Britney Spears e Cristina Aguilera e invece poi mi sono accontentato di alleggerirla di qualche spilletta dei Libertines, Chiarabimbazazie che m’ha addirittura ammollato un suo biglietto da visita, e quindi mo’ mi vedo a costretto a trovarle un lavoro in Grecia, dove notoriamente abbondano posizioni di un certo rilievo per i giornalisti musicali. A un certo punto, quando già surfavamo audaci fra onde anomale di birra, fanno la comparsa Mark Lanegan sul palco con gli inutili Mondo Generator e, soprattutto, l’amaro San Simone, l’unico erede al trono del mai abbastanza osannato Raw Power. Poi abbiamo pure avvistato Valido, da lontano o almeno così il San Simone ci ha lasciato credere.

Quando Lanegan sale sul palco per il suo set veniamo purtroppo distratti dall’arrivo dell’avvenente Ragazza di blogger, (a cui il titolo di questo post fa chiaro riferimento) che grazie all’ausilio dell’amaro San Simone e di spezie orientali ben confezionate, ha il potere di farci dimenticare di tutto ciò che ci accade attorno. Solo più tardi avrò finalmente modo di conoscere A day in the life costretto a fare la radiocronaca del concerto e impossibilitato a mischiarsi alla festosa bolgia, rivedere dopo un anno in tutto il suo splendore il grande Paso, che può vantarsi di non avermi mai visto sobrio, Carlo che confondo con Marco, ma a quel punto avevo seri problemi anche ad articolare i movimenti e le parole. Ne fa le spese la povera second sight, che oltre a doversi sorbire tutta la storia della mia vita, e una dettagliata spegazione del sistema educativo greco, tenta disperatamente di convincermi che lei e secondavisione non sono sono neanche lontani parenti. Ed io insistevo "Si ma quei bellissimi post sul cinema…". Non ha quasi avuto il coraggio di contraddirmi, le devo ancora delle scuse per la figura barbina.

Nel frattempo abbiamo avuto modo di ignorare pressochè totalmente i Libertines (io Vertigo me la sono andata a sentire e ballicchiare e poi sembra che in realtà non siano "omini de panza").

Quando cominciano i Franz Ferdinand siamo già in preda all’euforia più assoluta, con Enzo accenniamo addirittura Born to be alive e Ramaya, ho costretto la Fagotta a ballare fra l’invidia malcelata degli altri bloggers, causandole un giramento di testa e anche il voltastomaco. Divertenti e autorevoli sul palco. Se volete un resoconto sui FF chiedete pure a Mammara: ci ha confessato che per lui è stato un concerto da sogno. Vabbè dai lo ammetto, mi è scattato anche il momento "cellulare" su Take me Out, ma che volete sono un tenerone. Enzo non mi ha rivolto più la parola, a ragione.

Sui Sonic Youth sono andato visibilmente in estasi, del tutto azzerato dal mero evento della loro presenza, vittima di una specie di sindrome di Stendhal, li ho ammirati a bocca aperta, ne ho respirato le aggressioni soniche fino a stordirmi di nuovo. Averli a dieci metri, vedere Moore che armeggia con la chitarra su 100% come farebbe un adolescente in cameretta, lasciandola in mezzo al pubblico, poi scendere dal palco, portarla a passeggio col cavo a mo’ di guinzaglio, lasciarsi inondare la testa dai loro intermezzi stordenti, Kim che volteggia divina e leggera, Drunken Butterfly (c’era eccome se c’era, l’ho realizzato solo stamattina all’altezza di Forlì), O’Rourke in seconda linea e la sua cravattina precisina, Teenage riot e poi un finale maestoso sancito da Rain on tin. Sono ancora totalmente appagato, per me è stata un’esperienza a metà tra l’apparizione ultraterrena e l’iniziazione ai piaceri del sesso tantrico, che anche senza i precedentemente illustrati abusi alcolici non avrebbe potuto sortire su di me nient’altro che quell’effetto devastante. Ho sentito uno che parlava di "scaletta debole", e gli ho risparmiato la vita, pensate.

Ho tentato inutilmente di convincere Fio con l’accento sulla "o" finale, (mi raccomando), a riaprire un blog, ho inutilmente provato a convincere la Fagotta di aver davanti un grandissimo calciatore, ho inutilmente spiegato ad Enzo che non stavo baccagliando nessuna bloggher e poi è stato il momento dei saluti. E pensare che se solo non avessero una vita loro me li sarei messi uno per uno dentro lo zaino ‘sta manica di blogger e me li sarei portati volentieri tutti in gita premio in Grecia. Io li ho invitati tutti, ma tanto non vengono, credo anche perchè atterriti dalla mia sbalorditiva logorrea alcolica, che poi loro non sanno essere del tutto indipendente dall’alcol. In realtà l’alcol mi inibisce e mi fa diventare ancora più timido di quel che sono già.

In diretta da Benicassim

August 7th, 2004 | By benty in Senza categoria | 7 Comments »

Sfrutto le linee gentilmente messe a disposizione dal festival per aggiornare il blog. Quando torno vi giuro che vi faccio vedere le diapositive delle vacanze. E´piu´che una minaccia… E stasera Morrissey e Lou Reed. Sbavate pure voi, per una volta.

Paura e delirio a Torino

July 12th, 2004 | By benty in Senza categoria | 18 Comments »

Per comodità divideremo il seguente racconto in capitoli, tanto è il classico interminabile racconto di una sbornia eccezionale, di un concerto eccezionale e di persone eccezionali, figuratevi che ve ne frega a voialtri. Purissima autoreferenzialità, perdonerete nevvero?

L’arrivo a Torino

Fottuta globalizzazione: un incendio in Molise può rompere le palle ad un neolaureato a Torino la sera della sua festa di laurea, soprattutto se deve andare a raccattare alla stazione un blogger greco che arriva con due ore di ritardo. Non c’è ghiaccio da rompere, non c’è imbarazzo da vincere, solo bella gente da conoscere e birra da bere, una casa che mi evoca ricordi universitari e la punta della Mole di sfondo. Il Raw Power gioca un ruolo basilare nell’opera di velocizzazione della socializzazione. L’odore di Zippo che sprigiona non deve trarre in inganno: d’altronde la qualità del rhum Iguana (testuale!) parla da sè, e il suo gusto inconfondibile si sposa talmente bene col ginger (a base di coloranti fieramente cancerogeni) , che si manda giù di un fiato, anche senza bisogno di infilare dei cubetti di ghiaccio dal collo della bottiglia. Nel dubbio ci abbiamo provato lo stesso, ma non ci entravano. Poi, dopo una operaçao saudade, condotta quasi con le lacrime agli occhi insieme alla dolcissima Roberta, ce ne siamo andati ai Murazzi, non privi del nostro carburante preferito. Adesso voi penserete che si scherzi, ma se quel genio del male decidesse realmente di commercializzare la sua creatura (a cui affiancare presto il gemello El Motherfucker, di cui non vi svelerò qui la ricetta), la Bacardi con i suoi breezers e tutte quelle altre pisciatine di bevandine pseudoalcoliche potrebbero chiudere la baracca a farsi da parte. Ci manca solo un testimonial. Nota per i sommelier: il Raw Power è l’ideale per i panini dello zozzone, in particolare le deliccatessen per palati fini quali salsiccia e melanzana e wurstel e crauti, sui quali, come scopriremo solo all’indomani, c’è peraltro molto da imparare. All’improvviso mi appare in tutta la sua magnificenza anche il Cielo su Torino, ed è l’apoteosi. Chiaramente andiamo a letto a brandelli, definitivamente zuppi d’alcol. E non è che l’inizio.

L’arrivo di Bop

Quando Bop è arrivato, all’indomani, io m’ero da poco alzato e stavo inzuppando un cornetto in una tazzina di latte su cui giravano voci preoccupanti. Sulla prima birra che abbiamo provato a servirgli, invece, voci non ne circolavano affatto, ma l’evidenza di un ragno marino casualmente cresciuto durante la notte nella lattina stappata, ci ha immediatamente precipitato in un momentaneo sconforto. Bop poi se l’è stappata una birra, io praticamente ho lasciato il latte e l’ho seguito quasi a ruota. Bop si dichiara uno straight edge, ma curiosamente beve come un cammello assetato. Erano le 11 della mattina, e da lì è iniziato l’ininterrotto vortice alcolico che avrebbe risucchiato i presenti, restituendone i corpi esanimi verso le due di notte. Una delle cose per cui valeva la pena esserci, avevo pensato spesso prima della trasferta, sarebbe stato farsi incantare dalle storie di seminali gruppi di garage punk e sui segreti della vita di Ron Asheton che ci avrebbe regalato Bop, o dagli aneddoti su Johnny Thunders di Atrocity. E infatti. Se poi pensiamo al tutto davanti a del vino alla mandorla ghiacciato mentre il pesce rinoceronte impazza sui teleschermi, potreste andare vicini a comprendere parte del mio entusiasmo. Le cose hanno iniziato presto a perdere il loro contorni, si è fatta la spesa perchè mai ci venisse a mancare del Raw Power (decisamente la bevanda del vero indieblogger per l’estate 2004) e poi, in clamoroso anticipo, siamo partiti verso la Pellerina, in clima di fratellanza universale solo in parte dovuto agli eccessi di home-made cocktail.

L’arrivo alla Pellerina

Se arrivando alla Pellerina per il concerto degli Stooges, già in evidente surplus alcolico, vi imbatteste in un furgoncino reclamizzato AC/DC IMPIANTI ELETTRICI, non vi scenderebbero delle lacrime di gioia? A noi si. La fauna presente per l’Iguana, ivi raggruppatasi sin dal primo pomeriggio è composita e variegata: c’è di tutto, dallo strafattone che cerca fumo, passa tre volte, ma ci tiene a chiarire che lui vende solo cocaina, ai punk crestati, dalle gothic girlz, alle famigliole con bambini al seguito in odor di flower power, dagli pseudososia di Robert Smith ai fratelli gemelli in acido di John Belushi. Il campionario di magliette di gruppi viste in giro non era riconducibile a nessun filone specifico (dai Franz Ferdinand agli Slipknot, passando per i Pet Shop Boys), ma possiamo aggiudicare senza tema di smentita il premio peggior t-shirt (quella di Iggy Pop in vendita a 15 euro ai banchetti) a quello miglior t-shirt (quella che Enzo ha regalato a Stefano degli Xiu Xiu – davvero la più bella). Ci piazziamo rilassati su una collinetta, fino all’esaurimento delle scorte alcoliche, in fuffosissimo cazzeggio. Intanto si materializzano nel loro splendore Pulsatilla (che oltretutto quello che già si sa di lei c’ha due occhi che dovreste solo vederli) con lo yo-yo, il delfino-massaggino e il cugino timido, e addirittura Maxcar, che me lo immaginavo del tutto diverso, fisicamente enorme come la mole del suo sapere musicale, e invece no, e sta molto meglio così secondo me. Ammetto che in quel momento il mio cervello galleggiava leggero su un corposo strato di Raw Power. Nel frattempo un mio blog fratello che non citerò, ma ringrazio di cuore, mi ha offerto delle sigarette magiche, mi ha presentato addirittura la sua amica Angelica che citava a braccio dei miei post. Se avessi avuto ancora il controllo dei muscoli facciali mi sarei commosso, ma invece credo che sia riuscito ad impastare dei concetti tortuosi ed poco comprensibili. Viene messo a segno da Stefano l’investimento alcolico dell’anno (un tempismo da rapace della finanza, tre birre da 50 cl fredde a 5 euro) e si fa conoscenza con un paninaro (nel senso di quello che fa i panini) filosofo minimalista, con master in wurstelologia in Germania, che ci illumina sulle differenze fra le salsicce e non ci permette di aggiungere il ketchup ai panini con crauti, salsiccia e peperoni. Dopo diventano troppo pesanti, almeno alla salute teneteci, visto che già andate a ‘sti concerti. Così ci ha detto. Il livello alcolico cresceva inarrestabile, straripava, debordava, i produttori di birra festeggiavano a reti unificate, la gente affluiva imperterrita. Stavo per assistere al concerto degli Stooges con gente meravigliosa e meravigliosamente ubriaca. Ero in estasi e non facevo che sorridere. Poi è arrivato il momento di avvicinarci al palco.

L’arrivo dell’Iguana

L’irritazione che ci hanno provocano i Dirty Americans, paragonati da Sadnessafterthestooges al petting – ovvero fastidiosi convenevoli da sbrigare prima di arrivare al sodo – è stata notevole. Bop li ha insultati giustamente dall’inizio, invitandoli a tornare a far panini, il pubblico non faceva neanche finta di gradire.Sarebbe stato il primo concerto punk da migliaia di persone in cui sarei riuscito a fumarmi in santa pace una sigaretta a due metri dal palco, ho pensato. Una tristissima mistura di Def Leppard, Bon Jovi e Europe appena ad un volume e ritmo più alti. I jeans con lo strass e il giacchetto con le maniche tagliate del cantante non lasciavano spazio alla pietà, neanche una cover dei Led Zeppelin li ha potuti trarre in salvo. Hanno suonato per un tempo interminabile, in cui il vero miracolo è stato che non si siano presi delle bottigliate in faccia. Max ha fatto un sacco di foto, se proprio vi interessano.

Poi è arrivata l’Iguana, all’improvviso, ce l’avevo davanti, la leggenda a tre metri, la storia del garage punk, l’ho visto in faccia da vicino il motherfucker. Ed è stato immediatamente il finimondo. Partono con Loose, e parte il delirio, Iggy (anzi fucking Iggy) si dimena, vola da una parte all’altra del palco, Asheton è immane e immobile e stasera ha deciso di portarsi a casa i nostri timpani (ancora mi fischiano le orecchie) la ressa fa paura, io raccatto Stefano trascinato a terra da un punk che non si reggeva dritto (mi devi la vita ndB), Watt saltella e fa headbanging con i baffi al posto della zazzera, l’altro Asheton picchia sulla batteria con violenza e precisione, dopo arriva anche il sax di Mc Key, si perde il controllo della situazione quando la chitarra di Ron Asheton (è il mio Dio, urlava qualcuno) attacca No Fun, un sacco di gente che sale sul palco, Iggy cravattato a terra, ma solo per eccesso d’amore, da un punk esagitato. Momento di panico. Si trasforma tutto in un karaoke, con Iggy che prende in mano la situazione, e passa tranquillamentre il microfono agli squilibrati sul palco (Bop dice che lui la sopra non c’era, ma per me è salito anche lui e poi si è nascosto facilmente dietro Ron Asheton). Poi l’ha rifatta nel bis.

Di Iggy che cazzo volete che vi dica? Che ci ha mostrato come si scopa a pecorina su delle montagne di ampli? Che balla come un ossesso anche quando non c’è la musica? Che ha dominato la scena in una maniera che non credevo fosse umanamente possibile? Che ha un fisico perfetto, fascio di nervi, muscoli ed eroina? Che ci ha insultati e violentati ed amati per tutta la sera (un’ora e poco più)? Che ci ha fatto vedere il culo e quasi l’uccello? Che ha martoriato il microfono sbattendolo sui cartelloni degli sponsor urlando "Fuuuuuuuuuuuuuuuuuuck !"? E che poi l’ha gettato tra la folla? Che è una furia scatenata incontenibile? Che non ha cantato niente di Raw Power? Che si è versato una bottiglia di acqua in testa, che ha sputato, che si è arrampicato, che si è gettato a terra, che ha sprigionato sesso, perdizione, energia primordiale, spirito punk, droga, per un’ora e poco più con una foga da ventenne ed un mestiere da veterano animale da palco? Che c’ha una voce che fa impressione per come sa essere acida, scura, potente, isterica, tagliente? Che non è per niente la macchietta di sè stesso, come inconsciamente temevo? Che a sessant’anni spacca ancora il culo a tutte le garage-punk-numetal band di pischelli del mondo? Che prima di 1969 ha detto adesso vi canto un pezzo che nel titolo "has a lovely number" e io già saltavo? Che mi veniva da piangere dalla felicità mentre urlavo "now I wanna be your dog"? Embè mo ve l’ho detto. E’ tutta pura verità.

L’arrivo del down da Raw Power

Subito dopo il concerto è arrivato un crollo verticale delle forze, le 12 ore no-stop drinking si sono fatte sentire all’improvviso, tagliandoci le gambe. Le orecchie tutt’ora fischiano, e non solo a me da quel che ho sentito. Si resta ancora un po’ sulla collinetta con Pulsatilla che intona i Jefferson Airplane, Max che tenta di spiegarci il suo master (con poco successo, ma ora so che esiste la Meccatronica), Enzo che si lascia massaggiare dal delfino e un sentimento diffuso di catalessi collettiva. Saluti commossi, e poi è già ritorno.

E per finire, titoli di coda, baci e abbracci sparsi a tutta la cricca di Ste, Roberta, Tatiana, Manu, Kaiser, Gigi, Luca,e Luca, Fede e gli altri di cui non ricordo i nomi, per la splendida accoglienza. Tutto quello che avrei voluto dire io sulla gioia che mi ha dato conoscere alcuni fra i miei scrittori preferiti l’ha già detto il goblin siculo.

p.s. giuro che domani, con calma lo metto a posto ‘sto post

The bands they are a-changing

May 21st, 2004 | By benty in Senza categoria | 7 Comments »

Il cast del Rockwave festival di Atene del 21 giugno ha subito delle gustose modifiche: oltre ai Pixies, headliner – si parla di un’ora e venti di concerto – e ai Black rebel motorcycle club, danno forfait i Muse per lasciare spazio ai MOGWAI. Ho scoperto dunque l’esistenza dell’orgasmo multiplo anche negli esseri umani di genere maschile.


E fra mezz’oretta Electralane. Gaudemus.

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In Sakis they trusted / in Moz we trust (2)

May 17th, 2004 | By benty in Senza categoria | 8 Comments »

Nella speranza che Splinder non si mangi pure questo post, inizio a scrivere. La TV greca soffre di una evidente schizofrenia. Di giorno è uno dei peggiori esempi di televisione europea, roba da far rimpiangere Rete4. Ho realizzato che anche se il Nano qui non c’è, la TV fa schifo lo stesso, ci sono gli stessi programmi che avete la fortuna di vedere in Italia, e direi quasi gli stessi personaggi, ma in una versione se possibile più pacchiana e terzomondista. Una cosa raccapricciante. Il culmine è stato raggiunto sabato, quando davanti agli schermi, per tifare “Shake it” all’Eurovision, si è bloccata l’intera nazione, con uno share attorno all’85%, cinque milioni di telespettatori, record greco di audience di sempre. E ovviamente Sakis ha perso malamente, piazzandosi dietro giganti musicali del calibro di Ucraina e Serbia.


Di notte però le cose cambiano. Nel giro di tre settimane dopo mezzanotte ho potuto vedere Caro Diario, Il giardino delle vergini suicide, Reality bytes e Amarcord. Sempre di notte ci sono tutti i giorni i Simpsons, Sex and the city, i Soprano e Frasier – di giorno danno solo degli indigeribili serial greci e le telenovelas sudamericane. Per un periodo mi ricordo che hanno trasmesso addirittura “Un posto al sole” ed un serial di quelli con Marco Columbro e la Cuccarini. Ieri la TV greca notturna ha raggiunto il mio massimo gradimento. ET3 ha trasmesso integralmente un concerto del 1983 degli Smiths , con una sola brevissima interruzione pubblicitaria. Per oltre un’ora il ciuffone di Morrissey e il caschetto di Marr hanno imperversato sullo schermo, sommersi da piogge di petali e di fiori, acclamati da un pubblico nutrito e sorprendentemente entusiasta per una band che aveva alle spalle appena un anno di attività e qualche singolo. Moz, bellissimo clown romantico, ci ha deliziato con i suoi balletti sghembi, con tanto di camicione aperto sul petto e catene lunghissime al collo. Insieme ad un Marr appena ventenne proponevano, in quel dicebre del 1983, una manciata di canzoni destinate a cambiare parecchie cose, anche per me che all’epoca avevo dieci anni. Li avrei conosciuti meglio solo dieci anni dopo, quando già non sarebbero stati più gli Smiths, molto dopo le storie poco chiare di Union Jack sul palco e le accuse di razzismo. Meglio tardi che mai.

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Let me go on, like I blister in the sun

April 28th, 2004 | By benty in Senza categoria | 12 Comments »

Voi avrete i Radio Dept, ma anche qui non si scherza

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