Posts Tagged ‘nostalgia canaglia’

June 7th, 2006 | By mammara in Senza categoria | 7 Comments »

Sanon, chi era costui?

Johan Cruyff, superstar, segna e porta l’Olanda in final… così, sulle note di Jesus Christ Superstar, cantavamo nel 1974. I mondiali in Germania, come adesso. Con la magliettina di mio fratello con su scritto forza Italia, non c’è due senza tre  (ritenta, sarai più fortunato nell’82).


I miei primi mondiali. Meglio, i miei primi mondiali consapevoli. Nel ’66 avevo tre anni e i ricordi che ho di Pak Do Ik, Mondino Fabbri e i pomodori sono mediati e successivi. Il Messico è una nebulosa vaga, il 4-3 ai crucchi e la finale li ho rivisti mille volte, devo averli visti anche in diretta ma non mi sovviene nulla
.

La Germania no. Di quei mondiali ho ricordi piuttosto nitidi, anche se in bianco e nero. La memoria non regge del tutto il confronto coi nudi dati, però. Per dire, io ricordo la partita con Haiti come un fiasco totale. Fu percepita così, probabilmente, ma il tabellino recita un rotondo 3-1. Vabbè, i pareggi contro Perù e Camerun dovevano ancora arrivare, e magari portava più buono perderla quella partita. Ma noi che ne sapevamo. Segnò Sanon, un altro nome da mettere nella galleria dei personaggi pittoreschi accanto al dentista coreano. Questo faceva l’idraulico, ma non ci giurerei. Così come non giurerei che il portiere Francillon fosse una sorta di Higuita.

La verità è che quell’Italia meritava la brutta figura che fece. Era un’Italia antica, democristiana. L’Italia dei Facchetti, dei Burgnich, dei Mazzola, dei Rivera e di Riva era l’Italia di Fanfani e di Donat Cattin. E i Capello e gli Anastasi erano funzionali al vecchio mondo come i Tanassi e i Rumor. Chinaglia, no, lui era un corpo estraneo. E infatti sfanculò nonno Valcareggi quando lo sostituì contro la Polonia. La cosa ci colpì, molto. Non ci eravamo abituati. Ma il compromesso storico e la sinistra al potere sarebbero arrivati appena dopo, con i kawasaki Rocca, il bandito Re Cecconi, i miei amati poeta e puliciclone.

Ci consolammo presto dall’uscita dell’Italia, in realtà. Perchè eravamo tutti innamorati dell’Olanda. E come facevi a non amare l’Olanda, a 11 anni? Gli orange erano un’onda che travolgeva tutto e tutti. Erano la follia, la fantasia, l’anarchia però organizzata. Erano i provos e le biciclette bianche, ma noi mica lo sapevamo. Ci beavamo anche solo a sentire il suono dei loro nomi: Suurbier, Krol, Rensenbrink, i gemelli Van De Kerkhof, Neeskens. Johnny Rep. Il dio Cruyff. Erano rockstar, anche se io all’epoca non lo sapevo bene cosa fosse il rock. Ascoltavo Ramaya e Born to be alive.

E poi il genio, la follia, l’anarchia si ritrovarono a fare i conti con l’organizzazione, il rigore, la severità teutoniche. Come una banda di pseudorivoluzionari del liceo alle prese coi katanga (ho appena letto La Banda Bellini, ecco). I basettoni di Breitner e la tigna di Vogts, la classe operaia che va in paradiso. L’eleganza di kaiser Franz, la sicurezza di Maier, l’istinto da predatore di Muller. Ci lasciarono le penne, come era logico che fosse. Ma io ho sempre amato i perdenti, e forse ho cominciato da lì.

Un ultimo pensiero lo voglio dedicare a Tomaszewski. Ma non a quello vero. Al nostro. Al mio compagno di scuola, portiere della squadra delle medie. Un ripetente. Sempre all’ultimo banco. Passava il tempo a scuola fingendo di suonare la batteria. Ascoltava i Deep Purple e gli Emerson, Lake & Palmer. Uno dei due che nella nostra classe di fighetti scelsero di fare applicazioni tecniche al posto del latino.  L’altro poi è arrivato a fare l’allenatore di basket in serie A. Lui no. Qualche lavoretto, qualche storia losca. Un’overdose che se lo porta via, a nemmeno trent’anni.

Ciao, Maurì.

Secondo Mondiale, gli Usa

June 7th, 2006 | By TheHighwind in Senza categoria | 3 Comments »

e quindi, risolto il primo mondiale con un nulla di fatto, riesco ad arrivare impreparato pure al secondo. dove si gioca? perchè si gioca?  ma mi faccio perdonare subito. partecipo al dramma di Sacchi (odi et amo diceva qualcuno) e pure a quello di Baggio (amo et amo), le prime partite me le becco in colonia con la scuola ad Alassio.

Alassio è un posto traumatico se non siete pronti al peggio; roba tipo milioni di persone, ombrelloni ogni due metri quadrati, caos, il budello, dolciumi e cazzeggio. a nove anni scopri il paradiso e ti rendi conto che attorno a te appaiono i primi topless ed è tutta campagna. il maestro Roberto che ti sveglia alle 7.45 per farti fare mezz’ora di ginnastica è un trauma; la panzetta, non più traumatica come a Italia 90, ringrazia.

il prete di turno è un omaccione tremendamente simpatico (pur essendo un salesiano) che ha fatto piazzare un televisore notevolmente sproporzionato per i tempi in giardino del villino che ci ospita. il sole ci batte contro e non aiuta a scorgere un Pagliuca che prende palloni dove non dovrebbe. il prete per non farci perdere i numeri del divin codino armeggia con pannelli, teloni, lenzuola, per portare ombra attorno al televisore, seguire è un’impresa. poi il divin esce per far spazio a Marchegiani, e non è più la stessa cosa. l’italia arriva in finale ed allora mi accorgo del vero miracolo italiano.

Pizzul.

la figura di brunone mi era sempre rimasta marginale, ma Usa 94 segna l’inarrivabile. "Frrrraseggio a centrocampo, Roberto Baggio, Dino baggio, ancora Roberto, ancora Dino, la palla si spegne a fondo campo… ma stiamo giocando bene…"

arriva fino alla finale, e lì ci siamo spostati fino a casa della zia in montagna, e Pagliuca bacia il palo, i crampi di Baresi, Los Angeles val bene 56 gradi all’ombra, e poi Baggio tira quel rigore.

"Se segna l’Italia è ancora in gioco. Rrroberto Baggio… Rrroberto Baggio… Rrroberto Baggio… La palla è alta, il Brasile è campione del mondo…"

cazzo. questa volta ci sono andato vicino. Marco di italia ’90 intanto si è trasferito con la famiglia fuori Torino, io la bandiera l’ho portata in soffitta, ho finalmente visto come va a finire i Cavalieri dello Zodiaco, comincia l’espansione economica dell’era Clinton, il mondo può diventare un posto migliore, ma ci han fottuto lo stesso. qualcosa non va, forse dovrei essere più partecipe. Francia ’98? sì, si può fare…

[Nostalgia canaglia] La superstizione

June 6th, 2006 | By Dietnamundial in Senza categoria | 5 Comments »

Sono una persona molto superstiziosa.
Una volta una mia ex (ci sono stato sei anni, ma dovevo mollarla il giorno del fattaccio probabilmente) ha insistito tanto per tagliarmi i capelli. Mancava poco (mezzora? un’ora?) a Francia-Italia.
Mondiali ’98.
Io i capelli me li taglio per i cazzi miei.
Da sempre.
O almeno dal 1995.
Ha insistito tanto.
Ha insistito tanto.
E io a dirle "Ma no, dai! L’ho sempre fatto io"
Alla fine le ho permesso di tagliare.
1) li ha tagliati abbastanza di merda, soprattutto davanti..
2) l’Italia ha perso.

Da allora nessun’altra ragazza ha messo mano ad un rasoio per tagliarmi i capelli.
Ho sempre usato la stessa scusa.
"L’unica volta che una ragazza m’ha tagliato i capelli siamo usciti ai mondiali. Non succederà mai più".
E non è più successo.

Di quel giorno ho tre ricordi:
-lei che mi taglia i capelli
-il gol sbagliato da Baggio nei supplementari
-il pallone che vola in cielo sul rigore di Di Biagio.

Wikipedia recita: "alla resa dei conti è Di Biagio a centrare la traversa e a far calare il sipario sugli azzurri".
Ecco, vaffanculo.

almeno ci si conosce, ovvero il mio primo Mundiàl

June 5th, 2006 | By TheHighwind in Senza categoria | Comments Off on almeno ci si conosce, ovvero il mio primo Mundiàl

il primo mondiale che ricordo, anagrafe docet, è l’ovvio Italia ’90. non è che poi avessi capito bene che cosa stesse succedendo, avevo 16 anni in meno, un paio di occhiali rossi che potrei fare concorrenza al signor Sparks e una panzetta invidiabile, ma è così che è cominciato.

penso di essermi accorto dei mondiali alla semifinale (ma era semifinale? il mio interesse ondivago per il calcio si andava delineando già random) con l’Argentina (ma era l’Argentina? ma che avete fatto a prendermi a bordo?!?)

il ricordo fulminante mi infila a casa di amici dei genitori, quelle case del centro vista-Mole, con tanto di bandiera appresso (io, non la Mole), cena e partita (nel senso di "si mangia davanti alla partita e arrivederci buoneducazione") con sbandierìo sostenuto in salotto stando attenti alle suppellettili. la partita comincia e si consuma il dramma.

il figlio degli amici paterni ZAC aveva appeso la sua bandiera gigante formato sindone al balcone (poi, dico io, che cazzo appendi il bandierone sul balcone alla torinese, quello che dà verso il cortiletto interno, quando è palese che va esposto fuori? il tempo mi avrebbe dato ragione sulla scarsa sanità mentale del personaggio) e non riusciva a staccarla. e giù lacrime. il sottoscritto, che presentava una pietas non comune (di lì a poco sfociata in un cuore granata grande accussì), fece per prestargli la sua, ma lui no, lui piangeva, lui si disperava, lui voleva sbandierare il suo iperbandierone sborone. fatto è che l’Italia uscì, e fu allora che si consumò il dramma.

vedevo negli occhi del povero Marco, lo chiameremo per nome, una tristezza assurda (cit.). voleva sbandierare come un ossesso e sentiva di aver tradito la sua Italia, la prima di cui avrebbe avuto memoria (l’anagrafe ci aveva piazzati abbastanza vicini), e io non potevo farci niente. da lì, mi sono ripromesso che il calcio non era roba per me, che quel senso di delusione e frustrazione lo avrei lasciato il più possibile fuori dalla porta.

infatti ora tifo Toro. non sono mai stato tanto intelligente…