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La coppia komboloi (™)

May 19th, 2007 | By benty in Senza categoria | 5 Comments »

In principio era “l’uomo komboloi” (™). Innanzi tutto abbiamo bisogno di sapere che cosa è un Komboloi. Dicesi Komboloi una specie di rosario, però più corto e svincolato da tematiche religiose. Tipo così:

un vero esemplare di uomo komboloi, con in mano il suo komboloi

La funzione primaria, o supposta tale, sarebbe quella di gingillino antistress, da roteare in momenti di tedio o ansia, sgranandolo con le dita. Comprenderete facilmente quanto sia indispensabile questo oggetto, baluardo nazionale contro il principale problema che affligge il popolo greco, ovvero lo stress. Stiamo parlando di gente che per bere un caffè ci mette tre ore. In realtà il komboloi è ormai strumento che dà una precisa connotazione antropologico-sociale. E’ in dotazione ai greci “vecchio stampo”, vecchie volpi scafate e indifferenti a tutto. Quelli che ti squadrano per un millisecondo dall’alto verso il basso, magari sorseggiando un frappè. Sono quelli che la sanno lunga e le hanno già viste e passate tutte. Da notare che il nostro uomo komboloi (™) nonostante l’aspetto non conforti tale dato, non ha più di trentacinque anni. L’uomo komboloi (™) è l’espressione greca del machismo ed illustre esponente del cosiddetto campanilismo ondivago (™). Dicesi campanilismo ondivago quella forma di esaltazione del proprio luogo di provenienza, alternata a lunghe parentesi di grande sconforto, sempre riguardanti il proprio luogo di provenienza. Tali oscillazioni di umore fanno spesso sfociare il campanilismo nel suo opposto, ovvero l’esaltazione aprioristica di ogni realtà diversa e straniera, in cui lo stesso campanilista ondivago è in grado di esternare pareri di incredibile durezza sul suo paese. Se però si azzarda a farlo uno straniero, anche muovendo dalle stesse posizioni del campanilista ondivago, allora apriticielo. Di nuovo il paese di provenienza diviene il paradiso in terra, e tutto il resto è merda e dovete tutto a noi e agli antichi greci che quando i nostri avi discettavano di filosofia i vostri ancora vivevano arrampicati sulle piante, altrochè. E’ affetto da questa patologia approssimativamente il 95% della popolazione greca maschile sopra i sei anni. L’uomo komboloi risulta anche a pieno titolo ascrivibile alla categoria transnazionale e transpartitica dei “maestri di vita”(™). Essi sono uomini che sanno avere sempre un’opinione su tutto, che padroneggiano sicuri qualunque argomento, dai prezzi delle case di Shanghai all’economia agraria Neo Zelandese. E che qualunque cosa tu gli racconti, per quanto si tratti di storie originali, bizzarre, affascinanti o rare, loro faranno spallucce, le avranno già viste, vissute, assimilate, sviscerate, al limite replicate, fino a stufarsene da tempo. Vorremmo illuminarvi con un esempio.

uomo della strada: ho visto navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione… e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser…

risposta dell’uomo Komboloi: si si, viste le porte di tannhauser, anche se non sono certo come le porte di Edessa e in genere non ci sono più le porte che facevano una volta, e nemmeno i raggi B se è per questo, anche se conosco un posto vicino casa mia, che li mette a mezzo euro al chilo in meno, e sono freschi freschi, non come quelli del supermercato che non sanno più di niente.

Costoro, riconoscibili dall’aria perennemente scocciata, hanno a noia la vita, la loro e quella altrui, sono una specie di riedizione allo tsatsiki di Verdone in “Un sacco forte”, quello che a un certo punto “l’anaconda je dava ‘na scarica de mozzichi tattattattattà”.

L’uomo komboloi (™) è accompagnato nella vita dalla “donna komboloi “(™), remissiva e servizievole, votata in eterno alla venerazione acritica del suo padrone. Costei per stargli vicino ha rinunciato a superflue velleità come avere una personalità propria, e al contempo ha dovuto negli anni sviluppare doti di adattamento degne di uno zelig. Sempre sorridente, eternamente disposta a fargli da claque entusiasta, a magnificare pubblicamente i suoi successi e minimizzare le sue debacle. Fa tenerezza quando a volte non consente all’uomo komboloi di finire la frase per il troppo entusiasmo di farlo lei, avendo già ascoltato quella discussione qualche centinaio di volte. Nei casi più estremi, come quello della coppia presente nella gita a Barcellona, lei arriva fino al punto di dichiarare una passione sfrenata per il calcio, unico vero interesse del “komboloi man”(™) nella vita e campo su cui, in particolare, si ritiene un vero e proprio luminare. La “donna komboloi”(™), per ostentare disperatamente a tutti quanto ami il suo uomo komboloi(™), tende a imadronirsi dei desideri del suo compagno e ad autoconvincersi che siano sempre stati anche i suoi. Sarà infatti lei per tutto il viaggio ad insistere petulante per effettuare la gita al Camp Nou (stadio del Barcellona) e per assistere alla partita fra Barcellona e Casacastaldas, sciorinando a conferma del suo inusitato entusiasmo le formazioni titolari di entrambe le squadre, la loro disposizione sul campo, e il modulo difensivo che avrebbero adottato. Il suo è un tentativo inutile e disperato di attirare l’attenzione e l’ammirazione del suo uomo. Frattanto l’uomo komboloi non la degnerà di uno sguardo, rivolto verso il finestrino dell’autobus con gli occhi persi nel vuoto, roteando il suo rosario, mastica la sua gomma a tutta ganascia e se ne esce con frasi increspate da una certa rassegnazione, del tipo "Mh, secondo me in questa città (Barcellona ndB) non ci sono molte chiese, niente a che vedere con  X". Sostituire alla X una qualunque città, verosimilmente posta dentro i confini del territorio nazionale greco.

We’re all from Barcelona, step four: giorno 2.1 – Montjuic, stadio dell’Espanyol

May 19th, 2007 | By benty in Senza categoria | 7 Comments »

Il programma della giornata prevede un giro alla collina del Montjuic, la visita della fondazione Mirò, un giro al Peublo Espanol, e la sera è prevista la temibilissima serata flamenco, a soli 35 euros a cabeza. Sin dal mattino si insinua nella mia testa di conducador il seguente dilemma “Dare 35 euro per una manifestazione da vecchie turiste babbione o provare a capire dove si trova la sala Apolon, per vedere il concerto delle Coco Rosie a dodici euro ?".

Intanto piove, e la fantozziana nuvoletta non ci abbandonerà praticamente mai per tutto il viaggio, mentre ci arrivano notizie che pure in Islanda si fanno il bagno al mare e nel resto dell’Europa il sole spacca le pietre. Soprattuto in Grecia, ovviamente, il che non può non alimentare ulteriori lamentele e nostalgie dei simpatici gitanti discendenti di Omero. Al Montjuic tira pioggia a vento freddo, e c’è una commovente ostinazione in quei sorrisi tirati degli studenti, che si sforzano per mettersi in posa felici con lo sfondo di una Barcellona angustiata dalla foschia, nonostante il maltempo li fustighi impietoso. L’imprinting è chiaro: noi c’eravamo e dobbiamo testimoniarlo, costi quel che costi, anche se il fato c’è avverso e padre Zeus ci dà contro, noi, eroica stirpe di Leonida e dei trecento spartani, sopravvivremo. Ad aggiungere tristezza al tutto succede che non ci accettano come gruppo, alla fondazione Mirò. Un atto di vile ostracismo antiellenico, motivato pretestuosamente da futili discorsi di prenotazioni da effettuare mesi prima. Peraltro pretesa irrealizzabile in Grecia, avendo noialtri ricevuto adesioni fino al giorno prima di partire, e non prima degli ultimi 10 giorni della data fissata per la partenza. Quindi si opta per un giro all’insignificante stadio dell’Espanyol, dove i gitanti, genie eletta di Socrate il maieuta, hanno una prima possibilità di sfogare i loro istinti da heavy shoppers. C’è un modestissimo chioschetto di squallide cartoline, che in uno scenario surreale viene istericamente saccheggiato, roba che si fatica a farli risalire sull’autobus, gli ossessi, e si tenta invano di convincerli che Barcellona avrebbe, volendo, anche altro da offrire. Poi a coronare la giornata c’è il giro all’aquarium, con istantaneo cambio di programma e che vedrà presto la rivolta popolare contro tutto il direttorio e il violento giro di vite del conducador, in evidente difficoltà.

Ma, prima di continuare nella disamina di questa amena gita catalana, concediamoci una digressione antropologica di un certo livello. Andiamo ad analizzarne qualcuno di questi greci in gita, uomini oberati dal fardello dell’eredità culturale di una Grecia classica al suo apice, lontani nipoti di chi, a suo tempo, donò al mondo occidentale il teatro, la retorica, la filosofia, lo sport con corollario di spirito olimpico, mezzo vocabolario, nonché il centravanti Anastopoulos all’Avellino degli anni 80. Le categorie umane presenti sono varie, le dinamiche che li muovono risultano morbosamente interessanti, i loro profili agghiaccianti, provocano al sottoscritto profondi turbamenti, anche a distanza di settimane.

Uno degli inestimabili lasciti della cultura classica greca a quella italiana, Nikos Anastopoulos