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Alcoholiday

January 6th, 2007 | By benty in Senza categoria | 13 Comments »

Quella che si è appena conclusa è la sistematica serata d’addio. Come c’è la serata d’arrivo, c’è quella d’addio. Finiscono le vacanze, si parte, si saluta. Niente di trascendentale. Le facce fabrianesi sono più o meno sempre quelle, i discorsi del 5 gennaio di quest’anno non devono essere particolarmente diversi da quelli del 5 gennaio 2006, 2005 e via elencando a ritroso. In genere si cerca di capire che è successo a capodanno. Perchè, in particolare quest’anno, si verifica questo curioso fenomeno, per cui dalle due circa in poi, nessuno si ricorda più di niente. Anche stavolta. Eravamo allegri fino alla mezzanotte, si è brindato assieme, eravamo tanti, tantissimi quest’anno, siamo entrati nel locale imboscando fieramente delle bottiglie sotto i giubbotti, come a sedici anni (cheap alcoholism, nuovo trend del 2007), poi abbiamo continuato a brindare, abbracciarci, baciarci facendoci gli auguri per uno strepitoso anno nuovo.

Ma il 2007 mio, e di almeno altri 5 elementi di mia conoscenza, quest’anno è iniziato – di nuovo – all’insegna dell’oblio alcolico. Il buio. Il black-out di almeno un paio d’ore, parliamo di assenza pura, spirituale e materiale. Uno che collassa in macchina, uno che forse ha addirittura ballato, uno che (highlight capodanno 2007) ha sboccato su un tavolino del locale, pulendosi poi col gilet di un componente degli Ivellezza, che non nomineremo, gli altri che dicono di non ricordare. Le domande di stasera erano del tenore: ma che avete fatto? E poi dove siete andati? Ma che avete bevuto? E la musica com’era? E fica ce n’era? E di gente alla fine ne è arrivata? Tutte persone paganti e fisicamente presenti -insieme – all’evento, racchiuse fra le mura dello stesso non gigantesco locale. Tutti personaggi su cui le doppie dosi di negroni a stomaco vuoto (promemoria per il 2007, evitare il doppio negroni come aperitivo) avevano inciso drammaticamente, cancellando definitivamente dalla memoria la partecipazione a quell’evento. Ci si ritrova alla vigilia della Befana soddisfatti, come da giovani. Perfettamente consapevoli che si è passato un ottimo capodanno, convincendoci facilmente che se fossimo stati sobri e consapevoli sarebbe stato senz’altro peggiore. Nemmeno più bere per dimenticare. Ormai è diventato bere per sperare di non ricordare.

23 dicembre, Ivellezza a Fabriano + intervista esclusiva !

December 24th, 2006 | By benty in Senza categoria | 13 Comments »

The Ivellezza, segnatevi questo nome, ne risentirete parlare presto. Sono una formazione di sette elementi dedita a coverizzare classici del rock e del blues, e a bere mistrà Varnelli in quantità industriali. Prima durante e dopo i concerti. Quest’ultimo aspetto ce li rende già particolarmente simpatici. Detengono peraltro il record di chitarristi impiegati, ben quattro, soffiando il primato a lungo in mano ai Gipsy Kings. Non si pensi che si tratti di chitarre superflue però. Il chitarrista Max Papi chi ha spiegato che è la risposta a una esigenza scenica e sonora, funzionalmente legata all’abitudine di abbeverarsi man mano che le birre e i superalcolici arrivano, cosicchè non si scaldino. "Poichè io e il Biondo suoniamo esattamente la stessa cosa in tutti i pezzi, possiamo facilmente alternarci sul palco a bere, senza che venga meno il nostro sound, nè la schiuma delle bionde medie".

Ieri sera al ristorante osteria Fortino di Fabriano c’è stato il loro pubblico debutto dopo un paio di quasi secret-gig, fortunate performance private presso feste di laurea e di matrimonio in cui il progetto Ivellezza si era prematuramente rivelato. Sold out da settimane la data di ieri, grazie anche all’ottima offerta menù fisso a 25 euro, vino incluso. Era presente tutta la città che conta e soprattutto quella che trinca. All’arrivo dell’ammazzacaffè the Ivellezza si dispongono sul palco. Nemmeno salgono sul palco, che il loro tavolino era già disposto accanto agli strumenti, ne siano testimoni gli schizzi di sugo sulla batteria (agli Ivellezza piacciono le tagliatelle al ragù ndB).

The Ivellezza sono Giallu, detto un tempo il Vertebra, anima vera e propria, deus ex machina della band, talentuosissimo chitarrista, maestro indiscusso di assoli roccherolle nonchè di Pro Evolution Soccer. Scotty, bassista dedito ai System of a Down, dal look chiaramente ispirato al più fotogenico Bin Laden che forma insieme al batterista Sandro detto One (da non pronunciarsi assolutamente Uan) la sezione ritmica più affiatata e alcolica della provincia anconetana. E anche la coppia di fegati più appesantiti. Poi c’è Bubba alla chitarra semiacustica, unico elemento del gruppo a rifiutare l’assalto delle fan e delle groupie. Non si sa bene se perchè coniugato o perchè, come si vocifera soprattutto verso Natale, gay. Comunque null’altro che un ulteriore motivo per alzare il gomito. Poi ci sono le due elettriche sporche di Max Papi e del Biondo a dare vigore e polpa ai brani, alternandosi con estrema scioltezza ed efficacia anche ai limoncelli. E infine Bentino, detto Bràdas, voce sexy e presenza scenica del gruppo, che si applica volentieri anche a numerose birre.

La prova di ieri ha fornito risposte forti agli scettici, ha incendiato gli animi degli astanti a più riprese, e ha inoltre terminato le scorte di vino rosso del locale. Personalmente abbiamo esultato su una cover di Hasta siempre comandante, che parte quasi mariachi e finisce con un tiro disco, in grado di riportare alla mente i primi Cake in salsa punk-funk. Il successo di pubblico ha convinto i gestori a posticipare l’orario di chiusura visto che l’alcolismo dilagante sul palco ha coinvolto anche gli spettatori imperterriti nel dedicarsi a questo nobile passatempo. I maligni dicono per dimenticare la scena degli Ivellezza sul palco con le corna finte da renna. La verità è che il ritmo imposto dalla band ha fatto muovere il culo alle oltre duecento persone presenti sulle note della imperitura Johnny B Goode, di Cocaine e di Bad to the bones. Al culmine del concerto si è acceso addirittura il pogo su una meta-cover (ovvero la cover della cover) di Wonderful World. E inoltre Basket case e Smell like teen spirit. Finale glorioso con Porompompero, da anni loro cavallo di battaglia presso tutte le feste popolari e osterie della provincia, e non solo.

Abbiamo ottenuto in esclusiva la loro prima intervista, due chiacchiere che potremmo quasi definire in famiglia con il cantante dei the Ivellezza, Bentino.

tragedie greche: ciao Bradas

bentino: Uè ciao

tragedie greche: a cosa si deve il nome del gruppo, Ivellezza?

bentino: il nome nasce da un manifesto elettorale di un candidato di Forza Italia di Jesi. Il suo programma era fortemente a favore della caccia. Costui si vantava di aver sterminato centinaia di starne in Romania. Nella nostra sala prove campeggiava, non so come nè perchè, questo suo manifesto, dove si presentava in giacca cravatta e cappello in pelle di coccodrillo. Il suo nome era Roberto Bellezza. Dalla fabrianesizzazione del suo cognome nasce il nome del nostro gruppo, prima i Bellezza, poi i Vellezza, poi gli Ivellezza

tragedie greche: quali sono le influenze principali della vostra musica?

bentino: a parte l’amaro Sibilla intendi? Beh, i pezzi vengono scelti seguendo il fil rouge del divertimento di chi ci ascolta. Cerchiamo di evitare il commerciale più scontato e presentare dei brani conosciuti all’orecchio dei più. In teoria ogni elemento del gruppo dovrebbe presentare delle canzoni da coverizzare di tanto in tanto. Alcune all’inizio furono scelte in base ai gusti del festeggiato (visto che abbiamo iniziato a suonare a una festa di matrimonio e a una laurea) e poi abbiamo sviluppato altre preferenze, un percorso artistico del tutto nostro.

tragedie greche: avete mai pensato di proporre pezzi vostri?

bentino: alcuni elementi del gruppo ci hanno provato, ma io ribattevo "Cantateveli da soli". Non molto democratico come metodo, ma sono pur sempre il fottuto frontman, sono io che ci metto la faccia, Cristo. A Bubba che una volta portò in sala un suo pezzo, ed era molto eccitato a riguardo, risposi dopo averlo ascoltato con attenzione "Sto pezzo me fa gelà il sangue"

tragedie greche: il progetto Ivellezza, nasce come divertissment. Visto il successo riscosso, anche ieri, avete intenzione di proseguire o si fermerà tutto qui?

bentino: la prossima data ufficiale degli Ivellezza sarà a giugno, per il matrimonio di uno dei componenti del gruppo (Il Biondo ndr). Pensiamo di spostarci in nuove aree, dove siamo meno conosciuti, per vedere se la musica che facciamo piace di per sè, o se abbiamo successo solo perchè siamo noi a suonare quasi sempre davanti a nutriti gruppi di nostri amici. C’è in cantiere un progretto di turnè, sviluppato dal nostro manager (Fuccio), che ha come prima tappa Salonicco, con organizzazione di autobus per gruppo, entourage e fan, 100 euro a biglietto andata e tirorno con free cocktail a bordo fino ad esaurimento scorte. A dire il vero ci siamo già esibiti fuori dai nostri confini, spingendoci fino a Costacciaro, peraltro. Poi si parla di affittare un tetto a Dublino per un video, ma è venuto fuori ieri sera, dopo il terzo ammazzacaffè, quindi…

tragedie greche: l’alcol come influenza il vostro processo creativo?

bentino:è una componente grazie a Dio sempre presente, e quando ce n’è diamo sempre il meglio di noi. Ieri sera ad esempio ci tenevamo dritti in due, alla fine dell’esibizione.

tragedie greche: chi è il fan tipico degli Ivellezza?

bentino: grazie per avermi fatto questa domanda. Non te lo saprei dire. Gente di una certa età che apprezza la buona musica, direi. Anche se a dire il vero tutti sembrano apprezzare le nostre scelte orecchiabili. No, non credo proprio che, come si dice in giro, essere nostri fan abbia necessariamente a che fare con spiacevoli storie di alcol alle spalle

tragedie greche: puah, dicerie senza senso. Direi di chiuderla qui. In bocca al lupo per tutto allora. Vuoi dire qualcosa ai tuoi fan?

bentino: si. Vorrei informarli che non torneremo troppo presto perchè abbiamo paura di stancare l’audience, ma faremo nuove cover di altissimo livello, potete starne certi. Ah e poi auguri a tutti i lettori del blog

tragedie greche: grazie ciao

Nonstante l’assonanza di nomi possa trarre in inganno, assicuriamo l’assoluta oggetività dei nostri giudizi su the Ivellezza, che nascono esclusivamente da attenti e ripetuti ascolti. Ci sentiamo in dovere di escludere assolutamente ogni tipo di legame familiare di alcun membro dello staff di Tragedie Greche con componenti di questa grintosa e giovane (si fa per dire) band dal futuro radioso.

bentino: Ah senti, ha detto mamma se andiamo a tavola che è pronto il pranzo, e poi si fredda il risotto e non è più buono

tragedie greche: va be’, arrivo

Da Platone al più logoro Battisti, in sole 4 mosse

April 22nd, 2006 | By benty in Senza categoria | 3 Comments »

Dopo almeno tre anni te la ritrovi di fronte. Lei è convinta che l’ultima volta vi siate rivisti l’11 settembre del 2001. Si, eri a casa sua durante l’attacco alle torri gemelle. In realtà vi siete incontrati almeno un’altra volta in seguito, ma la memoria non è decisamente il suo forte, e lo sai. Per convincersi le ci vogliono tre bicchieri di rosso. Qualche settimana fa un suo messaggio ti aveva fatto sorridere amaro "Tu imprenditore, io avvocato …".

Lei era nientepopodimenochè l’amore platonico dei tuoi vent’anni, il nodo irrisolto della tua post-adolescenza, divenuta poi l’ossessione taciuta dei tuoi 22, nonchè l’infatuazione recidiva dei 23. Lei era l’estate al paisello paterno, l’unico vero motivo per esserci alla fine, le chiacchiere infinite in agosto al parco comunale, la cassettina bianca con Zooropa, fra festeggiamenti del santo patrono (mi dice " Mi manca il gioco della cavia, te lo ricordi? E i go-kart, con il percorso delimitato dalle balle di fieno"), e le struggenti dediche sui libri regalati, le interminabili serate al bar, le prime timide festicciole alcoliche.

Poi ogni volta l’estate finiva, dovevi rassegnarti, lei tornava in città, praticamente scompariva e tu ci restavi sempre abbastanza male. Crudele, lo ha ammesso anche ieri sera, un po’ scherzando un po’ no "Io stavo in città, tu a Fabriano, nel villaggio, ero piccola, che dovevo fare?". Infierisce "Se avessimo fatto sesso secondo me sarebbero cambiate tante cose". E invece no, platonico appunto. Fottuto Platone.

Poi ci siamo praticamente persi. Poi ci siamo un po’ ritrovati, seppure scarsamente aiutati dalla sua indole pigra e dalle direzioni sideralmente lontane che le rispettive routine prendevano ciclicamente. Ormai ci si vede molto di rado; oltre ai riassunti sulle evoluzioni delle nostre esistenze, si finisce sempre all’ ineluttabile momento del revival. La cosa inquietante a quel punto divento io. Nonostante le 5 pinte di Guinness, riesco a riesumare una tale quantità di dettagli, a un tale livello di analisi, da sfiorare e a più riprese oltrpassare il limite del patetico.

Ieri però era diversa. Vagamente angosciata dal suo destino di avvocato penalista, piuttosto prossima (a suo dire) ad uno sbarco in Ecuador, con lo scopo preciso di spaccare noci di cocco ed abbronzarsi, ancora indecisa se amare o odiare il posto in cui vive da sempre, iperbolica come la ricordavo, piacevolmente logorroica. Inaspettatamente più bella che a 18 anni.

Post-adolescenza finita da parecchio ormai, ricordi simili a scenari di pessimi film, vite pressochè antitetiche, vicende personali varie ed eventuali. Ma certe cose non cambiano.Trovarmi davanti a quegli occhi mi farà sempre lo stesso effetto che ascoltare, per dire, un qualunque brano degli Yo la Tengo. Tu chiamale se vuoi emozioni.

Fenomenologia di una festa alcolica nelle Marche

April 19th, 2006 | By benty in Senza categoria | 9 Comments »

Manca sempre la scusa, ovvero la persona disposta per qualche motivo all’ingente investimento e a sobbarcarsi assieme a poche altre eroiche figure l’organizzazione. Trovato e convinto il pollo poi è fatta. Occorre maneggiare ingranaggi delicati, a cui solo pochi hanno accesso per aggiudicarsi quei casolari enormi e mezzo diroccati di cui le campagne marchigiane sono ricche. Quasi sempre occorre rivolgersi a gente invischiata col clero, dei preti, dei centristi ultracattolici, oppure a degli scout. Ma vale la pena sporcarsi le mani con questa gentaglia. Perchè detengono le chiavi di perfetti scenari da festa alcolica: posti raggiungibili ma isolati, dotati di ampi saloni da adibire a dancefloor, vari spazi esterni e un imprecisato numero di stanzine buie dove le coppiette possono rintanarsi ad ora tarda. Inoltre, viste le camerate sterminate, basta portarsi un saccoapelo e non c’è nemmeno bisogno di rimettersi in strada alle sei del mattino sfatti dall’alcol. Si pernotta lì, che fa tanto comune anni 70. Il clima da comune inizia già nella fase della pulizia, in genere un lavoro pesante e da svolgere presto e in pochi. Poi occorre pensare alle vivande. Cibo e soprattutto alcol.

Prima di tutto il cibo: in genere ci si butta su della sempre ottima porchetta, che rende parecchi panini e garantisce il consumo di qualche ettoilitro di vino rosso, anche di qualità mediobassa. Se proprio si hanno voglia, capacità e personale specializzato, ci si può avventurare nell’impresa di servire della pasta. Parliamo di feste che vanno dalle 100 alle 250 persone, non è proprio come fare due spaghi. In caso d’emergenza conviene sempre avere delle scorte di pane e affettati, (ciauscolo uber alles) da pagare al consumo (se non li comincio te li restituisco). I casi di maggiore accortezza organizzativa prevedono anche caffè. Noi, per dire, ci avevamo addirittura il mistrà Varnelli per fare le correzioni, non so se mi spiego.

L’alcol determina, senza altro aggiungere, il risultato della festa. Può determinarlo già a priori: se si sparge la voce di un certo quantitativo di denaro investito strategicamente in birra, vino e superalcolici, la festa può assumere dimensioni incontrollabili ed entrare di diritto nella leggenda. Questa festa era per 80 persone, e ci siamo ritrovati in oltre 250. La storia lo insegna: in alcool non si spende mai troppo. Se lo bevono tutto, è scientificamente provato. Le Marche non a caso sono la regione col maggior tasso di alcolismo giovanile, e fra i più alti tassi di consumo di alcolici in Italia. Ne andiamo vagamente orgogliosi. Il difficile è cercare di calcolare bene le proporzioni: quanto vino, quanta birra, quanto di tutto il resto. In genere è tradizione che la gente non direttamente invitata si presenti almeno con una boccia a coppia. Grazie a dio, mi sento di aggiungere, che il bar è rimasto attivo (trad, è stato barbaramente saccheggiato) circa un’ora dall’apertura. Dopodichè vedevi gente di ogni sesso, censo ed età, attaccarsi disperatamente a canna alle bottiglie che progressivamente arrivavano e venivano immediatamente messe in circolo in pista, fino a mattina. Scene che tocccano sempre e il cuore. E il fegato, visto che in consolle sono arrivate tra l’altro della grappa, un Fernet Branca, uno Sheridan, e ci mancava solo il Rosso Antico. Ma non li avevano messi fuori commercio?

Poi c’è la musica. In questo caso ero il diretto responsabile e interessato. Ciò significa, portarsi delle pesanti borse dalla Grecia (we are not dj chiavetta), contattare il service, caricarsi il materiale, portarlo e destinazione e scaricarlo, decidere dove piazzare la consolle e le casse, montarlo, provarlo, pregare che il casolare sia fornito di un adeguato impianto elettrico, che in campagna non si sa mai,  mettere musica fino all’ultimo ballerino e all’indomani smontarlo, caricarlo e riportarlo al service. La musica è un tema scottante da queste parti: abituati come sono a ballare quasi tutte le settimane gemme che vanno dalla house commerciale, fino a Pupo, Lorella Cuccarini, I Ricchi e poveri, (purtroppo non esagero nemmeno un po’) e tutti i tormentoni sdoganati in tv dalle publicità, non è che potessi aspettarmi di vederli zompettare entusiasti sui  Bloc party. Certo ci ho provato, con scarso successo. Poi ti devi piegare alle leggi della domanda, per quanto puoi. FdL te lo ha insegnato: almeno a livello di "party", il dj che fa ballare la gente ha SEMPRE ragione, non importa quanto sia di merda la musica che mette. E’ una questione di capire ( e capirsi con) chi hai davanti. Bisogna farli ballare. Certo l’alcol aiuta, parecchio pure. Io però non ce la faccio più di tanto ad andargli incontro. Posso essere commerciale come una puttana, ma questo non può significare Dame la Gasolina  e roba affine (vedi post sotto). Ho la pretesa assurda di suonare roba diversa da quella che ascoltano qui di solito, peraltro pretesa presto ridimensionata. Essere comunque riusciti a fargli ballare anche i Franz Ferdinand, i Chemical Brothers, i Clash e i Ramones, Marcho’s e soprattutto Santa Marinella dei Gogol Bordello (davanti a crocifisso ben presente in sala) è comunque da considerarsi, nel contesto, un gesto quasi eversivo, quindi mi va bene così. Imbattersi in personaggi che ti chiedono hip hop, mentre tutti stanno scatenandosi su I’m a love man di Otis Redding, o i Metallica in piena fase Subsonica (si, ancora ai Subsonica) fa parte del mestiere. Così insistenti però non me li ricordavo, arrivano a negare la realtà (del tipo "Dai cazzo, cambia, non vedi che non balla nessuno" e tu alzi la testa e vedi la pista stracolma e in delirio, alcolico, ma sempre delirio, e non sai cosa controbattere). In Grecia nel mio bar hanno maggiore rispetto oltre che competenza di quanto accade qui. E comunque alla fine, seppure a botte pesantissime di musica antica (trad revival, sigh) hanno ballato, eccome. Quindi ho vinto, no?

Scena memorabile, un personaggio che del già citato Pupo ha anche le odiose fattezze si avvicina. Lo taglio a fette con lo sguardo, non demorde e avanza. Chino la testa sulla consolle, indaffarato come neanche ne andasse della mia stessa vita. Piena fase 80 (qui ho ceduto parecchio, Tainted Love, Sweet Dreams, Blue Monday e tutto lo scontato che potete immaginare), questo mi fa "Oh guarda, la musica è bellissima, davvero, ma non è che si potrebbe virare su qualcosa di tipo anni…" Il dj durissimo "Aspetta ci ho da fare", si allontana bruscamente e si eclissa per un cinque minuti buoni, lasciandolo sospeso. Il bastardo non indietreggia di un millimetro. Putroppo si trova vicino al cdj di sinistra e alla fine mi tocca avvicinarmi, mi cerca con lo sguardo, lo fisso in cagnesco, mi fa  "No, dicevo, musica davvero straordinaria (E già mi si gela il sangue a pensare di poter piacere a un tipo del genere, ma me la sono proprio cercata ndB)… però…". Lo so, Fdl lo ha insegnato, il dj dev’essere fermo, ma sempre gentile e disponibile con le richieste. Io mi accontento del primo punto per oggi e ribatto gelido e risoluto  "Ecco, bravo, se la musica ti piace vai a ballare, che ho da fare" mi giro e mi rituffo sulle mie borse, a cercare qualcosa che deliberatamente non piacerà al nano. Dove cazzo sono gli Offlaga quando ne hai bisogno?. Mi giro dopo un po’ ma è ancora lì. Allora decido di prendere il toro per le corna. Lui si illumina e mi dice "…ecco, magari un po’ di anni settanta, di disco, così, per ballare…". Inspiro, espiro e sentenzio "Senti, a parte che stanno già ballando tutti, comunque la musica che vuoi la puoi sentire e ballare a Fabriano tutte le settimane, due volte a settimana, presso il F@@@@@@. A me non piace non ce l’ho e non la metterei neanche se ce l’avessi. Capito?". Lo squallido quarantenne abbassa occhi, orecchie, si scusa, torna in pista a confabulare con una donnina e diligentemente si rimette a ballare.

E’ ora di dire basta

April 15th, 2006 | By benty in Senza categoria | 5 Comments »

Al mio ritorno ho trovato un paese senza speranza. Dove la gente non capisce che il tempo passa e occorre fare scelte diverse e nuove. Svoltare, abbandonare i vecchi tormentoni vuoti, non se ne può più, ci stanno rendendo ridicoli.  Potrete parlare di pregiuduzi, ma per me una delle due parti è decisamente sbagliata, e sono fiero di non appartenervi. IL paese è veramente spaccato in due metà che si odiano. Infatti ieri sera, presso l’unico locale accettabile di Fabriano, la metà erano seduti a bestemmiare e bere birre e la metà ballavano come matti sulle note di Da-me la gasolina.

Del Palio, ma non solo

June 25th, 2005 | By benty in Senza categoria | 7 Comments »

Il Palio di Fabriano, secondo me, non esiste più per varie ragioni. Tanto per cominciare forse il palio non è mai realmente esistito: è semplicemente frutto dell’invidia dei fabrianesi per tutte le cittadine limitrofe dell’entroterra marchigiano e umbro, che vantano tradizioni radicate di rievocazioni medievali. Le quali si traducevano in fiumane di sghei per i bottegai locali, e allora la cosa deve aver iniziato a solleticare anche l’appetito dei cartai. Solo che ci hanno messo qualche decennio a capirlo. Fu così che undici anni fa, per mettersi alla pari con gli altri, si sono inventati la storia del ritrovamento di un documento del 1436, che puzzava di bufala da molto lontano. Il documento parlava dei festeggiamenti in occasione del giorno del santo patrono, San Giovanni Battista e di ‘sto palio, dove c’era "la corsa del maglio". Quindi hanno tirato su tutto l’ambaradan organizzativo, in larghissima parte basato su ammirevoli volontari che si dannano l’anima per una decina di giorni, pur di ricreare al meglio l’atmosfera della Fabriano del 300, in modo però del tutto pretestuoso.

Si sono re-inventati quattro zone della citta ribattezzate Porte, assegnando ad ognuna un colore: porta Pisana verde, porta Cervara rossa, porta del Piano blu, borta del Borgo gialla. Così hanno potuto vendere centinaia di stendardi e drappi, coccarde e fazzolettoni da appendere alle finestre o da sfoggiare in giro, per testimoniare la fiera appartenenza alla propria porta. La centenaria arte del merchandising. Io per la cronaca sono di porta Pisana, l’unica che in undici anni di palio non ha mai vinto. Gli organizzatori hanno riproposto varie competizioni, giochi popolari come tiro alla fune, tiro con l’arco, le corse delle brocche, palio dei monelli (i bambini) e le bellissime infiorate nelle chiese, per l’occasione addobbate a festa. Col tempo si sono anche immotivatamente aggiunti tornei di medievalissimo basket e fra un po’, secondo me, arriveranno pure quelli di playstation. Si moltiplicano per una decina di giorni vari spettacolini, sfilate in costume, mostre di vario genere in ogni suggestivo angolo della città della carta. Per la prima volta a Fabriano è iniziata a vedersi gente in giro, anche durante la settimana, anche di sera. Nulla di che, non facciamoci illusioni. Ma faceva già parecchio effetto.

La serata finale, la sera del 24 giugno le due piazze, quella del Podestà e piazza Bassa, si riempiono di migliaia di persone, che accorrono a sostenere i colori della propria porta. Il regolamento della sfida prevede prima una staffetta di atleti in calzamaglia: il testimone ultimo è un pezzo di ferro che l’ultimo staffettista consegnerà al proprio fabbro che si trova sul palco, già da un po’ a preparare il fuoco. C’è un fabbro per contrada, assistito dai suoi fuochisti. Il fabbro deve modellare a colpi di martello il ferro che avrà in precedenza arroventato sulla fucina, dimodochè prenda una forma tale da poter essere utilizzato come chiave. La chiave permetterà di issare lo stendardo che si trova alle spalle dei fabbri. Il primo fabbro che innalza il drappo colorato, farà vincere il palio alla sua Porta. Un regolamento complicatissimo che in realtà cambia ogni anno e che nessuno conosce fino in fondo. Ci si limita a inveire contro le altre porte e a sostenere la propria durante la corsa oltre ad incoraggiare/insultare il fabbro quando batte il ferro. Tradizionale canto di dileggio verso quelli di porta Pisana, "la Pisana ancora batte", perchè noi il drappo verde non l’abbiamo mai visto sventolare per primo, e siamo sempre gli ultimi a finire di battere. Si dice che abbiamo trovato il fabbro all’agenzia di lavoro interinale. Sempre per la cronaca ieri l’hanno ri-vinto i blu del Piano, maledetti, con questo ne hanno cinque. Durante le giornate del palio, la nota più importante è che gli organizzatori hanno riconvertito dei ristoranti in Hostarie, dove il vino è pessimo, il cibo segue teoricamente ricette medievali (i medievalissimi spaghetti allo scoglio, ad esempio) , in genere si spende un sacco, e (novità) non si può più neanche far tanto casino. Una volta invece le hostarie erano il cuore pulsante del palio.

Si, perchè nelle prime edizioni del Palio, le cose stavano ben diversamente. L’entusiasmo giovanile/iniziale – anche del sottoscritto – e un probabile errore di calcolo dei gestori, portava all’occupazione sistematica delle hostarie per la durata intera della manifestazione. Tavolate di balordi crapuloni, animati da profondo spirito alcolico e anticlericale, si abbandonavano all’ebbrezza e alla dissoluzione totale per dieci giorni. Si intonavano sguaiati canti da taverna e cori da stadio, perlopiù in piedi sulle panche e seminudi, abbracciati, avvinazzati, sudati. Ci si lasciava andare agli insulti più beceri provando ad alimentare una rivalità fra porte assolutamente artificiosa, inesistente fino al giorno prima, ma lo stesso divertente. Soprattutto si insultavano quelli del Borgo, in quanto quartiere più antico, credo. Ci si dedicava al corteggiamento delle donne finalmente meno arroccate del solito, grazie alle copiose brocche di vinaccio che circolavano senza sosta. Quando le taverne chiudevano – un tempo succedeva parecchio più tardi – ci si riversava tutti in piazza, e ci si dilettava al gioco medievale della "pallaalcorso": misteriosamente spuntava un pallone, e una mandria di oltre quaranta persone rigorosamente ubriache a notte fonda inseguiva per la piazza del podestà (ovvero il corso) una palla che veniva calciata senza motivo e senza direzione verso l’alto con quanto più forza possibile, per ore, senza scopo apparente. Si partecipava alle infinite jam session spontanee per chitarre, bonghi, sassofoni, fisarmoniche e percussioni di bottiglie di birra. Manifestazioni che certi circoletti comunisti incoraggiavano, innaffiandoci con casse di birre fresche. Ed esistevano esimi bluesman locali che si cimentarono in performance indimenticabili, come il celebre "Blues delle emorroidi" , interpretato sotto il loggiato di San Francesco da U., summa di sofferenza negra, improvvisazione e vino rosso di Porta pisana. Ci si abbandonava ad atti di leggero vandalismo urbano, o più semplicemente a bagni notturni nelle varie fontane pubbliche. Si tornava a casa rotolando, anche senza discese da percorrere. Poi c’è stato il giro di vite. Le proteste dei residenti fioccavano, Fabriano è fondamentalmente una città di vecchie. Vanno bene le ghirlande di fiori al davanzale di case del centro, non vanno bene le chiazze di vomito rossastro sullo zerbino. La polizia iniziò ad inseguire i gruppetti sospetti fuori dalle taverne e ad intimidirli, palesandosi ad ogni angolo, spingendosi fin dentro al Giardino, un tempo zona quasi franca. Le hostarie persero il loro carattere goliardico, e rivelarono la loro natura da ristoranti, anticipando la chiusura su ordinanza del sindaco, alzando i prezzi, cacciando di fatto le orde di alcolisti per far spazio alle famigliole, con la scusa che "c’è gente fuori in piedi che aspetta", ci sono altri soldi da spillare. Fu imposto un clamoroso coprifuoco, esteso a tutti gli esercizi cittadini, anche non direttamente coinvolti nel palio. All’una le taverne e i bar non lasciavano più entrare, alle due tutti fuori, con una volante dei carabinieri determinata a scoraggiare il formarsi di capannelli.

Com’era prevedibile i moderati hanno prevalso. Il fabrianese non ha un carattere combattivo. Si lamenta ma alla fine si adegua. Quindi anche l’unica occasione di far davvero festa durante l’anno in giro per i vicoli medievali si sta perdendo, per emorragia di entusiasmo. Ogni anno va peggio. Qualche sprazzo di vecchio Palio ogni tanto, a tratti, si rivive. Probabilmente ha a che fare anche con la sostanziale differenza che corre fra il vivere certe cose a vent’anni o a trenta. Probabilmente i giovani che si ubriacano in hostaria adesso, si divertono più di noi una volta. Finite le rievocazioni e la corsa di cui sopra però la musica è cambiata. Ci si rassegna, si va tutti a casa, o si passa dallo chalet – ad scoltare la musica peggiore del mondo. Ecco perchè poi – intransigenti blogger appassionati di musica – quando mi venite a dire che i Franz Ferdinand non si sopportano più, che si ascoltano dappertutto, vorrei pestarvi amorevolmente. Io lo so che da un certo punto di vista avete pure ragione, ma qui musica commerciale vuol dire ancora Shakira e Ricky Martin, ve lo assicuro.

Se questa cittadina si è meritata a suo tempo l’appellativo di Manchester delle Marche, un motivo ci sarà. Industrie e go-go – peraltro in lenta inesorabile crisi – , polo lavorativo capace di attrarre gente da fuori, senza però che la popolazione locale abbia ancora sviluppato i mezzi (culturali?) per convivere con gente che di diverso può avere il colore della pelle, oppure solo l’accento. E poi, tutto attorno, il nulla. Tanto che fino a pochi anni fa per farsi una birra si era costretti a emigrare in cittadine  circostanti, più piccole, ma con almeno una stracazzo di birreria. Poi dice, le stragi del sabato sera. Fa sempre ridere il fatto che da Fabriano, 30.000 persone, la gente vada in discoteca a Matelica, circa diecimila anime, ma all’attivo anche due o tre pub. Una situazione culturale asfittica, dove spesare il dott. Vasco Rossi, che veniva a farsi le prove del tour per una settimana a nostro carico, lasciando che il pubblico pagasse anche un biglietto da 25 euro per entrare alla data zero presso lo stadio comunale, veniva spacciata dall’assessore alla cultura come "brillante operazione culturale". Dove non c’è mai stato un posto per ascoltare musica dal vivo. Dove in tour passa solo gente tipo Biagio Antonacci. Dove esistono solo cover bands, che io sappia. Un posto in cui, a confronto con qualunque città vicina- le già non vivacissime Jesi e Ancona –  non si muove nulla. Dove fino a pochi anni fa non c’era praticamente un bar. Dove nessuno frequenta i centri sociali-ovvio che in città non ce ne siano –  ma tutti affollano le palestre. Dove l’unica discoteca, la tragica "San Cassiano", suona da 15 anni la stessa orrenda musica. Dove la radio locale, Radio Blu, è un surrogato in peggio del peggio trasmesso dai peggiori network nazionali. Il Palio aveva forse la pretesa di rianimare in qualche modo questa città moribonda, alle cui strade deserte a mezzanotte non mi abituerò mai. Invece ne costituisce il perfetto paradigma: smontare il palco e sfollare la piazza del Podestà gremita, nella serata finale, è l’operazione più rapida del mondo. Come se tutti non vedessero l’ora di tornarsene a casa, l’unico giorno dell’anno in cui escono dai loro bunker. Lasciando solo pochi disperati a girovagare di hostaria in hostaria, fra presidi di forze dell’ordine che manco a Genova durante il G8. Nessuno si chiede più perchè, oppure che cosa si potrebbe fare dopo, approfittando del fatto che il Palio porta la gente finalmente fuori di casa. No. Tutti hanno quell’aria rassegnata, come a dire "Da questo posto cosa vuoi aspettarti?". Il lamento è lo sport cittadino, non il basket. Infatti cos’altro vuole essere questo post se non l’ennesimo inutile flebile lamento? Qualcuno, al massimo, ogni tanto se ne va.

Nella foto il campo da gioco di pallalcorso.

Effetti strani

April 29th, 2005 | By benty in Senza categoria | 2 Comments »

Tornare a casa, in Italia, ogni tre o quattro mesi, significa anche realizzare la definitiva uscita da certe routine della mia vita precedente. Forse solo agli occhi disabituati di uno sporadico esule rimpatriato certe cose possono sembrare strane o fare ancora impressione. Non so a voi.

Effetto strano numero uno: vedere la Montalcini svendersi a una compagnia telefonica, proprio come l’altro ottuagenario da sempre in vendita Mike Bongiorno. Ma d’altronde, Nobel o Telegatto, chi la riconosce la differenza?

Effetto strano numero due: grazie alla martellante pubblicità fiat-lancia-alfaromeo sto imparando che gli stranieri ci irridono ringraziandoci ogni volta che preferiamo un’auto prodotta da loro. Veniamo quindi pateticamente ricattati all’acquisto autarchico. Il messaggio è chiaro: siate patriottici comprate italiano, facciamogliela vedere a quegli stronzi crucchi, ai boriosi francesi o ai musi gialli. Alla prossima magari ci fanno vedere i bambini dei cassintegrati fiat che non hanno da mangiare per convincerci definitivamente. Mi sembra un modo per mostrare quanto le aziende nazionali puntino sulla competitività, sul libero mercato e quanto siano fanaticamente europeiste. Per la par condicio avrebbero pure dovuto mostrare tedeschi , francesi e giapponesi che bestemmiano nelle rispettive lingue quando si avventurano all’acquisto dei catorci italiani che si piantano in panne il giorno dopo che scade il servizio di assistenza gratuito.

Effetto strano numero tre: non mi ricordo quale fosse esattamente l’allarme nazionale quando me ne andai da qui. Il vibrione? Le bande di slavi che rapiscono e razziano le ville? A Natale se ben ricordo c’era la febbre dei polli, ma poi tutto venne travolto dallo tsunami. Adesso torno ed è stato già decretato dai media il nuovo nemico pubblico. Sono tanti, troppi, sono comunisti, vivono in trenta in una casa, lavorano notte e giorno, fin da bambini, producono oggetti che si vendono a prezzi bassi, ma la qualità non è mica quella del made in Italy (magari prodotto in Vietnam, ma non stiamo a sottilizzare). Loro e i loro cazzo di involtini primavera, loro sono i nuovi nemici, la causa di tutti i mali: dalla crisi economica al tracollo della destra alle elezioni, dalla morte del papa alle stragi del sabato sera, visto che il terrorismo come scusa si è un tantino usurato. Si ripete come un mantra, dal governo al tg (che poi la distanza mi sembra si sia accorciata) da Unomattina ai talk show. La minaccia cinese ci cancellerà. Pochi rammentano che gli industriali italiani investono in Cina da anni, perchè il costo del lavoro è minimo confrontato a quello italiano e chiudono con nonchalance stabilimenti produttivi da noi per aprirli lì. E adesso vogliono pure i dazi per le importazioni dirette dal Catai. Mi ero dimenticato di quanto fossimo liberisti, cazzo !

Effetto strano numero quattro: è un caso o le fiction – e i personaggi che ultimamente le popolano –  riflettono l’orientamento politico del governo? Dopo le foibe istriane eccone pronta una sulla malagiustizia (si vabbè c’è stato De Gasperi, tutto teso a sottolineare quanto la Resistenza non sia stata solo quella comunista e che inoltre la sinistra si è pure comportata da stronza, complicando la vita dell’uomo di fede e politico cristallino, insomma). Si rivedono interpreti che vanno da Buzzanca a Barbareschi, gente come il fratello scemo di Fiorello (con notevole sottolineatura di quel "poteva a succedere a chiunque" proprio in concomitanza dell’ennesimo procedimento a carico del nano e delle sue aziende, uhm…). Mi aspetto una miniserie con Lino Banfi dove si denuncerà la decadenza della scuola italiana in mano a un manipolo di marxisti, e una con Bud Spencer in cui si affronta l’annoso tema della concentrazione dei media nelle mani di un solo individuo, estremista, antipatico, sostenitore di teorie discutibili e con pochi capelli: Fausto Bertinotti.

Effetto strano numero cinque: Fassino che fa linguainbocca con Tremonti presso un Vespa disperato che avrebbe voluto solo un po’ di sangue, e perciò continua disperatamente a stuzzicarli. Ma i due invece vanno proprio d’accordo e non fanno altro che darsi ragione e ringraziarsi a vicenda. Un paio di volte ho pure avuto l’impressione che Fassino non sapesse che pesci prendere, specialemente sui temi relativi all’economia. Il momento indimenticabile è stato quando Tremonti ha avuto un "ricaccino" , roba che neanche dopo due piatti di rigatoni co’ la pajata, al ristorante di Sora Lella. Insomma, si, la destra ha perso le ultime elezioni, ma mi pare che non esista ancora una sinistra presentabile che possa dire d’averle vinte. Intanto il nano accusa le sinistre di aver mandato l’Italia in rovina, perchè si sono rifiutate di incrociare le dita in questi anni di governo della casa delle libertà. Disfattisti: a hard rain is gonna fall.

Effetto strano numero sei:  il primo impatto con la legge Sirchia, per me tabagista naturalizzato ellenico  (e dunque libero di dare sfogo ai miei vizi in qualunque luogo pubblico) è stato durissimo. Ora mi sto lentamente abituando, ma mi mancano i pub fumosi, anche solo come idea. Speravo almeno nel famoso "effetto socializzazione" che sarebbe dovuto scattare fuori dei locali, in base a una presunta solidarietà o complicità fra fumatori reietti, ghettizzati, esclusi. Ma non ora, non qui.

Intanto me ne vado nel regno del doge Enver, fra calli, ombre, spriz, indiemusic e cargo di nordiche avvenenti. Certo saremo privi della carismatica presenza di Enzop – da oggi Il Traditore della Patria – ma ce la caveremo. Non potete immaginare quanto io ne abbia bisogno.

Quelli che la Norvegia

September 12th, 2004 | By benty in Senza categoria | 14 Comments »

I Kings of Convenience a Quelli che il calcio, la Ventura che legge svogliata una presentazione del duo, ciccando clamorosamente la pronuncia sia del nome che del pezzo. Poi la Ventura che canta balla, fa battute e ride da sola e i due norvegesi che la osservano imbarazzati. Ma il pubblico applaude convinto. Mi viene da pensare che poi allora la TV greca non sia proprio ‘sto schifo. Bella impressione dobbiamo fare agli artisti di passaggio, dopo il celebre figurone di Guzzanti con Cobain. Bei momenti.

Ieri sera, a una festa pseudo-cl rivelatasi poi di rifondaroli assuefatti ai Modena City Ramblers (cattocomunismo dilagante), ubriaco per dimenticare che non stava funzionando assolutamente un cazzo, sono venute due insieme a chiedermi rispettivamente di mettere Staying Alive e Sweet Dreams di Marilyn Manson. Risposta: Robespierre degli Offlaga Disco Pax , tutto il resto è desistenza.

Chiuso per ferie (o anche

July 30th, 2004 | By benty in Senza categoria | 6 Comments »

Stasera c’è ‘sto chiacchierato Toga party, che sancirà il mio trionfale (?!) rientro nelle scene mondane del paisello, ad un mese di distanza dal ritorno alla chetichella in terra marchisciana. Parecchi amici miei non sanno neanche che sono qui, per dirvi del livello di popolarità attuale vissuta dal sottoscritto. Dopodichè Tragedie Greche se ne rimarrà chiuso fino al tardo agosto, perchè il richiamo dell’Iberia si fa sempre più forte, e dunque "andiamo , è tempo di migrare" come diceva quello. Mi inquieta la scarsa corrispondenza dei miei stati d’animo. Il "com’è" rispetto al "come dovrebbe essere" (aka "com’era"), che mi porta, fra l’altro, a generare post involuti e illeggibili come questo. Non fa niente, posso sempre incolparne il caldo, o i comunisti che va abbastanza di moda. Crediateci o meno non c’ho nenanche voglia di bere – e guardate che alla festa di stasera non sono previsti neanche salatini o noccioline, bensì SOLO spropositati quantitativi di superalcolici. Non me ne va di fumarmi le solite mille sigarette e di tornare a casa a brandelli. Non me ne va di traslocare in mia assenza (ma che frase è questa?). Non me ne va per niente neanche di mettermi in toga. Non me ne va di rispondere a duecento persone che mi chiederanno "come ti trovi in Grecia?", che in genere io non mi trovo più, mi sono perso – probabilmente nascosto da qualche parte. Non me ne va di dover assecondare richieste musicali improponibili, e lo so che se stasera quei bastardi vestiti in toga non mi ballano i Joy Division (che quando li metto al Casablanca la gente fa la ola) allora il pezzo successivo sarà l’Ombelico del mondo oppure i Mogwai per punizione (ve lo meritate Jovanotti, tra l’altro – che Marina P abbia pietà di me). E c’è anche un’altra serie di cose che non mi va di fare, ma non starò qui a menarvela tanto a lungo. E quindi, carissimi i miei amici immaginari di internet, passatevi una buona estate e staccatevi da quei cacchio computer se potete, che fuori c’è il sole.

Benty’s readers digest

June 26th, 2004 | By benty in Senza categoria | 14 Comments »

Ultimi giorni greci

1000 kilometri in 30 ore per vedere dei Pixies con un Frank Black in forma assoluta, forse la nascita di una vera amicizia ed infine un assaggio dell’assurdo traffico ateniese. Adesso sono pronto per affrontare Città del Messico, credo. Poi giusto il tempo di fare le valigie e togliersi dai piedi. Volevo scommettere dieci euro sul passaggio della Grecia contro la Francia all’europeo, ma poi ho desistito. Soldi buttati, credo di aver detto. I Mogwai hanno hanno dedicato un brano alla Grecia "…in particular if you beat England". Ma poi ci ha pensato il Portogallo, per fortuna.

Day one

Quella che doveva essere la serata clou dell’evento dell’anno a Fabriano city, la notte prima del Palio (un giorno ci scriverò un post nostalgico, siete avvertiti), si è rivelato un flop, come in tutti gli ultimi anni. Il declino inesorabile di una manifestazione e per riflesso di una popolazione giovanile, per cui la massima forma di divertimento resta la serata pizza e dvd; il cui assessore alla cultura e alle politiche giovanili proclama dalle pagine del giornale di sinistra locale che portare qui per la data zero artisti come Vasco Rossi e i Lunapop ha dato grande lustro a questa città, utilizzando termini come fermento culturale. E noi, anche chi non vive più qui, ancora a lamentarci e a lambiccarci il cervello, a maledire la mentalità di questo buco di culo di paesello. Mai fatto un cazzo a riguardo però eh… In realtà dilaga ancora l’alcolismo, grazie a Dio.

Sara

Sara è bellissima, lo è da sempre. Il fatto che fosse scomparsa in seguito a relazioni pluriennali extracittadine e non, non le ha tolto un briciolo del suo splendore. Un corpo da togliere il sonno e le movenze da gatta, occhi azzurri in cui annegare dolcemente. Mi ha stupito quella confidenza che ha mostrato verso di me, dopo che non ci parlavamo da anni. Mi ha sorpreso la sua insistenza nello sfiorarmi, la sua dolcezza un po’ posticcia e un po’ alticcia, come se quel furtivo bacio sulle scale, ad un capodanno di otto o nove anni fa, fosse successo ieri, come i suoi ricordi ancora ben freschi del liceo. Sara sostiene che dovremmo esserci tutti al matrimonio della sua amica, e dovremmo tornare a formare quel fantastico gruppo di amici che eravamo. Un gruppo di merda, come si è visto chiaramente, scioltosi fra recriminazioni e ripicche, pettegolezzi e malevolenze. Tenuto in piedi da uno sputo alla vodka. Ma tanti anni devono averglielo fatto dimenticare. Ho dovuto mentirti Saretta, mentre mi imploravi con gli occhi, e tu non lo sai. Ma quel giorno ci sono i Sonic Youth a Bologna, e non credo che mi avresti mai potuto capire.

Day two

Il delirio alcolico inizia presto e finisce presto. Trovo irritante che continuino a sbatterci fuori dai bar per il coprifuoco indetto proprio in occasione del Palio (hai visto mai che dovessimo pure divertirci). Rivaluto di colpo anche la fottutissima Grecia. Del Palio neanche ci accorgiamo, ebbri di gioia che siamo per la vittoria do Portugal contra dos fodidos inglesos (messaggio in lingua originale arrivatomi in nottata). Vedere quella mezzasega di Beckham che fallisce il rigore e si inchina davanti ai miei lusitani mi ha fatto godere come poche altre donne hanno saputo fare.

Day three: degli europei di calcio (3). L’uomo giusto nel posto sbagliato.

Non c’entra nulla immagino, ma quando nel 98 i Sonic Youth erano in tour estivo in Europa io sarei stato in tre dei paesi in cui avrebbero suonato. Stavo finendo l’Erasmus a Lisbona, sarei tornato per un breve periodo in Italia, sarei subito ripartito per andare per la prima volta Grecia, da lei. Ci sarebbero stati tre concerti a cui sognavo di andare. Riuscii a perderli tutti e tre per pochi giorni, ero sempre nel posto sbagliato. Ecco, ora la Grecia e il Portogallo festeggiano in strada, ed io sono qui ad imbarcarmi in ulteriori imprese a sfondo etilico, sul cui inviolabile segreto vige un patto di ferro. Potrei finire incaprettato, questi non scherzano mica. Sui miracol(at)i greci non ho parole, ma mi dà tanto il sapore dei poveri e piccoli che vincono contro ogni pronostico sui grandi e ricchi, come in certi stupidi film americani e devo dire che sarà pure retorica a basso costo, ma mi piace, mi piace davvero.

Benty vs people/ Benty meets the bloggerz

Su gente che si compra kit per produrre birra in casa, gente che si sta ingozzando di tapas a Granada fra chicas andaluse e una pioggia di chupitos, su gente che celebra i ritorni di vecchi pirlas, o che strappa allegramente carte di identità, su gente che si sposa per la seconda volta con la stessa donna, su gente che va a Cuba con la ragazza, sulla giovane Angelina e su altre persone di cui aspetto con ansia pacchetti regalo e di cui non ho ancora colpevolmente promosso le ultime fatiche: beh, su questa gente non ho ancora nulla di preciso da dire se non esprimere un confuso sentimento di amore e affetto incondizionato. In compenso me ne scompaio volentieri in Sicilia, per poco, abbastanza pronto ad incontrare giovani bloggers sotto il palco dell’iguana il 10 luglio a Torino. Preparatevi all’evento. A presto ladies and genltemen, riguardatevi.