I miei ragguardevoli venerdì sera

30 May 2009 | By benty in Senza categoria

Ormai – per motivi che non sto qui a spiegarvi – siamo pappa e ciccia con dei pezzi grossi dell’ "Italia a Salonicco". La solita insopprimibile vena mafiosa di noi italiani all’estero. Una di questi è arrivata addirittura a chiamarmi "Amore mio" davanti alla augusta presenza di mia moglie, peraltro. Ciò significa che ogni volta che in questa città si verifica qualcosa che ha a che fare con l’Italia mi arrivano gli inviti a casa. 2 novembre, 2 giugno e altre simpatiche feste sempre snobbate in patria, qui mi vedono a volte in prima fila. Si tratta di manifestazioni a cui partecipa la crema della società italica trapiantata a Salonicco. Consoli, ambasciatori, presidenti di camere di commercio, direttori di istituti e banche, alte sfere militari, manager di grandi industrie, politici, direttori di tv locali e uno stuolo agghiacciante di zombie-parvenu. Praticamente un incubo, in cui manca solo Ambrogio e i Ferrero Rocher.

Ma io ormai ho il mio vestito del matrimonio,  e quindi non temo niente e nessuno. Quando c’è un’evenienza del genere mi chiudo in una cabina telefonica come superman e voilà ! divento l’irriconoscibile (fighissimo!) italiano all’estero in giacca e cravatta che partecipa a queste orrende situazioni.

Perchè lo faccio? Perchè come tutti i bambini sono attratto letalmente dalla merda e ci giochicchio, mi ci impiastriccio, ci faccio castelli, mi impacchio nel trash, mi rotolo nelle situazioni assurde, paradossali, nell’essere incredibilmente fuori contesto. E’ come drogarsi, credo, di certe sostanze che ti fanno viaggiare in mondi paralleli. Non puoi credere di essere lì con quella gente a fare quelle cose. Non credevi nemmeno esistessero davvero. Come stare a parlare con l’unicorno. Fatto per una o due volte l’anno è quasi salutare confrontarsi con queste persone: vedersele davanti e ringraziare il cielo di non essere ancora diventati così. Mia moglie la vede allo stesso modo. Odia tutto quel contesto, non ne vorrebbe mai fare parte, non ci riesce fisicamente (le viene il maldistomaco dopo un po’) ma pure lei ne è irresistibilmente attratta, come le mosche dalla lucina blu, che alla fine le frigge.

Inoltre non dimentichiamo altri due fattori importantissimi: primo, in genere in queste occasioni si mangia benone e prodotti italiani che qui costano un occhio, e non dimentichiamoci che noi semo italiani, se magna aggratis, quindi si parte e di corsa pure. Secondo: ci ho un blog in crisi di ispirazione, e da cose del genere due righe le tiri fuori sempre. Quindi, forti dei nostri vestiti da supereroi, ci buttiamo a capofitto, letteralmente da "morti di fame". Ma strepitosamente belli ed eleganti.

La serata di ieri, per i festeggiamenti del 63esimo anniversario della Repubblica, organizzata dal locale Istituto di Cultura Italiana e finanziato dall’Eni, che qui sta portando il metano, prevedeva una serata di grandi canzoni italiane. Solo per strada abbiamo capito che il buffet non era previsto e stavamo quasi per decidere di tornare a casa. Poi il trash l’ha avuta vinta, di nuovo.

Arriviamo a teatro e ci sbattono in prima fila, bersaglio di fotografi che all’indomani pubblicheranno le nostre belle facce in prima pagina. Smadonniamo. Inizia una lunghissima premiazione di quanti avessero in pratica finanziato l’evento. Interminabili discorsi di ringraziamento. Continuiamo a smadonnare.

Prima entra un coro di vecchiette italiche importate appositamente dall’Inps che intona l’Inno d’Italia, poi quello di Grecia, poi il Va’ Pensiero. Alle prime note dell’inno di Mameli (ribattezzato dalla bionda tradutttrice L’Innomanelli) tutti si alzano in piedi. Avreste dovuto vedere le facce mie e della mia consorte indecise fra il gelo e il panico. Non mi era mai capitato. Non so come abbiamo fatto a non rotolarci per terra ridendo in preda alle convulsioni. Mi sentivo come Gattuso, ero pronto anche a fare un po’ di stretching prima di spezzare le caviglie a Zagorakis.

Comincia poi il concerto vero e proprio come da scaletta. Il maestro Severino sembra un incrocio tra Massimo Ghini dopo anni di crack e Neri Marcorè che imita Gasparri. Viene presentato dalla biondissima traduttrice come artista famosissimo in Italia (faceva il consulente per Sarabanda e ha partecipato a Telethon, in pratica ci propina dell’insulso piano bar. Non male per uno uscito dal DAMS, credo). Indossa una sciarpetta, che fa tanto "maestro" così come le mossette sul palco, gli occhi chiusi mentre canta stravolgendo ( a la Dylan!) canzoni a volte già brutte di loro. Propone uno scontato mischietto di musica anni 60-70 più Ramazzotti e la Pausini che non sfigurano mai. Oltretutto il concerto è funestato da incidenti tecnici (il Dio della musica c’è!) che però – purtroppo – non stroncano la performance definitivamente, bensì allungano solo la nostra agonia e quella dei vari Modugno, Paolo Conte e Carosone buttati in pasto a una platea di ottuagenari. In uno di questi imbarazzantissimi momenti, frutto della brillante organizzazione italiana e dell’avanzata tecnologia greca, saltano le casse, e il maestro Severino per alleggerire l’atmosfera imbarazzante venutasi a creare, recita testualmente "IT’S THE BIUTIFUL OF THE DAIRECT"  e ridacchia. Da solo, ovviamente, poichè immagino che nessuno in quel teatro pieno di gente, sia arrivato a connettere le sue parole astruse col tentativo di battuta pippobaudiana in inglese (e allora perchè non l’intramontabile Give it today, give it tomorrow ! ). Comunque cala una cappa di gelo antartico e io continuo a ripetermi, no, non l’ha detto, non è possibile, no lui non mi rappresenta, no, Belrusconi non mi rappresenta, oddio no, ma che davero davero mi rappresentano questi?

L’italiano ruffiano piano barista si palesa in tutta la sua infamia su una canzone di Modugno in cui modifica l’intro, allungandola a dismisura e trasformandola praticamente nel celebre syrtaky, il che scalda i cuori dei greci presenti. E scatta di nuovo il battimani. E’ l’unica cosa che in genere gli italiani conoscono della cultura greca contemporanea, ed è stata resa famosa da un film non greco. Poi arriva l’orripilante momento Renzo Arbore, in cui il percussionista prende un djembè e scende dal palco per far fare il battimani al pubblico, sfidando le artriti degli attempati (e abbioccati) spettatori. Ovviamente non lo segue nessuno a tempo e diventa un momento quasi situazionista. Una cosa che ancora ora a pensarci mi provoca conati di vomito e brividi lungo la schiena. Erano anni che un concerto (o una sostanza stupefacente, o del cibo andato a male) non mi provocava tutte queste sensazioni. C’è il momento in cui il maestro decide di proporci sue composizioni, che (dice la traduttrice assumendosene le responsabilità) verranno presto interpretate da un grandissimo protagonista della musica italiana. Canzone di genere melodico napoletano, contentente le rime amore cuore, marechiare e nun ce lassamm cchiù, finestre vicoli sole spiagge. Praticamente l’anti Gomorra, per la gioia di Apicella e Noemi. Scatta il toto-grandissimo interprete destinato a trasformare questa chiavica – troppo bassa pure per Gigi D’Alessio- in un successo. Infine, come temuto, il bis. Prima Volare. Di cui sbaglia pure un paio di versi (ma si può?). E poi? Ovviamente l’inno degli italiani all’estero. Lasciateli cantare. Con la chitarra in mano. Cambia anche una strofa (‘perchè sono ricco-sono a Salonicco’) che fa venire giù il teatro. Voglio vedere quando lo invitano a Tel-Aviv che s’inventa. Lasciamo il teatro ancora basiti, ripetendoci che non è possibile, e che mai più, e che non può essere che ancora nel 2009 noi italiani nel mondo siamo quest’ammucchiata invereconda di stereotipi da dopoguerra, ma insomma.

Poi le chiedo  – "Oh ma lo hai saputo che ci sono in giro le foto dei festini a Villa Certosa con le donnine in topless?". E lì realizzo che nel 2009, noi, gli italiani, siamo percepiti ed amati nel mondo per tutto questo (volare, pizza, ferrari) e in qualche modo rappresenta il meglio di quello che abbiamo da offrire -come immagine – al momento, nel Berlusconistan. Magra consolazione, ma lasciateci cantare, va.

Update: post gemellato qui e video del momento incirminato courtesy of pattymeet

 

10 Comments on “I miei ragguardevoli venerdì sera”

  1. Il toto-grandissimo interprete è fantastica come idea. non è vero che non hai niente da scrivere. Un link con le foto della stampa greca che vi hanno immortalato in tutto il vostro splendore?

     

  2. Però scusa eh dovevi riprendere e mettere su youtube i pezzi inediti – magari il Sal Da Vinci di turno li presenta a Sanremo l’anno prossimo e tu puoi provare che il pezzo è già stato eseguito e farlo squalificare. Sai che goduria.

     

  3. Zappeddu ha un video del pezzo in cui il “maestro” cambia la rima ricco-salonicco. da brividi. presto online

     

  4. mi hai fatto ridere parecchio con questo post della serie ai confini della realta’. e’ imbarazzante al momento essere italiani. ma una carta d’identita’ europea, magari bella bluette, no?

    fjo

     

  5. Voglio vedere le foto in giacca e cravatta! 🙂

     

  6. placida: costano più di quelle di villa certosa in topless. serve una congrua offerta o non se ne fa nulla

     

  7. Rifornimento di pesto fatto da me per un mese? ;-*

     

  8. affare fatto

     

  9. Perché tu non hai mai preso l’aereo con gli assistenti degli europarlamentari italiani. Fiera dignità del raccomandato + urlo-nell’i-phone-cosí-capite-che-nuoto-nel-potere. E le scarpe con il cornicione, mioddio…

     

  10. si ma qui fa piu’ pena, che e’ tutto in minore, essendo Salonicco periferia (sfigata) dell’impero (sfigato a sua volta)