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Bentornati nel 94

April 15th, 2008 | By benty in Senza categoria | 41 Comments »

Su non fate quelle facce. Poteva andare peggio. No, non e’ vero, non poteva andare peggio. Sarebbe proprio da espatriare. Se non fosse che gia’, fortunatamente, mi trovo all’estero. Sapete il sogno tipico di voi frustrati di sinistra, di strafarvi di birre e cocktail in un spiaggia semideserta davanti a un mare caraibico, mentre in Italia piove e c’e’ Berlusconi come primo ministro e gli altri si rodono il fegato? Beh, qui oggi c’e’ il sole, datemi un paio di mesi e vi mando pure la cartolina con coktail e spiaggetta. Voi intanto sprofondate con calma. Per l’occasione vi riposto questo, che ve lo meritate proprio, aggiornate solo il 2005 col 2008, col 2001, col 94, con quello che cazzo vi pare.

Mamma Italia

 

ispirato a Remo Remotti, ascoltando i Recycle (correttore di bozze Enver)


Nell’anno 2005 io me ne andai, come oggi i ragazzi vanno in Thailandia col Last minute a metà prezzo, vanno via, anch’io me ne andai nauseato, stanco da questa Italia del dopo Trapattoni, io allora a trentun’anni, mi trovavo di fronte a questa situazione, andai via da questa italia nell’anno 2005.

E me ne andavo da quell’Italia teleaddormentata, da quell’Italia puttanona, borghese, fascistoide, razzista e arrogante, quell’Italia in cui "Lo Stato mi si mangia tutto con le tasse", e "non funziona niente", quella Italia di Cogne in prima serata, dei centri commerciali che adesso si chiamano outlet, del sistema radiotelevisivo in mano a una persona sola  – ma va bene lo stesso, dei ministri che mettono le taglie sui criminali come nel far west, delle droghe leggere equiparate a quelle pesanti, quella Italia della sinistra inguardabile di Prodi e Rutelli, del calcio sull’orlo del fallimento, della Lega Nord, dei mercenari che diventano eroi, e dei giornalisti coraggiosi che diventano "coglioni", senza pietà, senza ricevere scuse, quell’Italia senza memoria

me ne andavo da quella Italia dei libri delle barzellette sempre best seller, l’Italia che non parla altre lingue, l’Italia delle ragazze che vogliono diventare veline, del Grande Fratello, dei treni che si schiantano per colpa della sinistra, di Andreotti innocente perchè il reato cade in prescrizione e Berlusconi pure, degli imbrogli, del superenalotto, delle mattanze di Napoli, l’Italia di Tronchetti Provera, quell’Italia dei treppiede, del businness di Padre Pio, dei co. co.co. e del lavoro in nero, di Tiziano Ferro e Gigi D’ Alessio in testa alle classifiche di dischi venduti, di Baggio che lascia il calcio, quella Italia dove le domande erano sempre già chiuse, dove ce voleva ‘na raccomandazione (E sono venuto in Grecia che è uguale).

me ne andavo da quella Italia delle curve ultrà naziste, del G8 a Genova, della scuola Diaz, di Omar e Erika, dei messaggini con le kappa, quell’Italia che fa pena tanto a destra quanto a sinistra, delle mille chiese, dell’Opus Dei, della P2, quell’Italia che si è dimenticata di Falcone e Borsellino, di Berlinguer, di Ilaria Alpi, che nega i finanziamenti ai partigiani, che si riscrive la costituzione su misura, l’Italia dei consigli per gli acquisti, l’Italia che rema contro gli Unti dal signore, l’Italia che scende in campo per fare e per crescere, che si autoassolve sempre,che la colpa è dell’arbitro Moreno, l’Italia che se contraddici sei solo un comunista di merda 

me ne andavo da quella Italia delle ville con l’anfiteatro e l’ingresso per il sottomarino dentro i parchi protetti, l’Italia della strage irrisolta della stazione di Bologna, di piazza Fontana, di Ustica, dell’Italicus, quella democristiana, quella pronta a riabilitare Craxi, quella delle villette, delle fabbrichette, delle Jeeppone, l’Italia che lecca il culo di chi vince e umilia che non ce la fa, quella della Moratti, quella della finanziaria che taglia i fondi alla ricerca, l’Italia che va in guerra per fare piacere a quel cerebroleso di Bush, l’Italia che "Deve imparare a convivere con la mafia", di Gladio, l’Italia fascista der Pecora 

me ne andavo da quella Italia che ci invidiano tutti, il Bel Paese, del Colosseo, delle Lecciso, della moda, degli stilisti, del design, della buona cucina, l’Italia di santipoetinavigatori, quell’Italia sempre col sole estate e inverno, quell’Italia ch’è meglio della Francia (e quindi figurati della Grecia)

me ne andavo da quella Italia dove la gente votava Berlusconi, quella Italia fetente e imprenditrice, dei mille bottegai, degli evasori, dei voltagabbana, quell’Italia sempre sul carro del vincitore, l’Italia di Calderoli, della Ventura, di Vieri che è più uomo di tutti voi messi insieme, di Fede, di Biscardi, di Bonolis, di Baget Bozzo, di Costanzo, di Dell’Utri, di Briatore, di Totti che sputa, di Ferrara, della Merz, di Belpietro, di Diaco, di Bertinotti, di Fiorello, di Schifani, di Del Piero che parla con gli uccelli, della Clerici, di Feltri, di Bondi, quell’Italia dove c’è un sacco di lavoro, dove i salari sono il doppio che qui, quella Italia che è il paese più bello del mondo

me ne andavo da quella Italia che non legge, che non si informa, che fa spallucce, che tollera Luttazzi lontano dagli schermi e così chiunque la pensi diversamente dal Nano, L’Italia di Sanremo a febbraio, dei Vanzina Boldi e De Sica a Natale, delle discariche abusive al sud, quell’Italia dove non si può più fumare una sigaretta, ma a proibirle non ci pensano nemmeno coi soldi che ci fa lo Stato, quell’Italia di Alberoni, di Panariello, di Previti, quell’Italia dei saluti romani, del mio idolo di gioventù Paolo Di Canio che portava e porta ancora il tatuaggio di Mussolini, me n’andavo da quell’Italia di merda !

Mamma Italia !
Addio.