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Nouvelle Vague a Salonicco

December 17th, 2007 | By benty in Senza categoria | 9 Comments »

Ma ancora me stai ai Nouvelle Vague, me stai? Fanno cosi’ tanto 2004.

Per forza, qui vengono ogni anno, ad Atene hanno fatto due concerti la settimana scorsa, e poi era l’ultimo concerto un minimo appetibile di questo magrissimo 2007, e poi non li avevo visti mai, e poi ma che cacchio volete? Io rivendico di andare a vedere i Nouvelle Vague, embe’?

Insomma, domenica sera ce ne andiamo a vedere ‘sti francesi, ben pieni di pregiudizi dovuti anche a stroncature precedenti, che io, nonostante tutto, a quello che dicono certi blogger ancora ci credo.

Il Principal (non ci mettevo piede dal concerto di Morrissey) e’ pienotto, pienissimo per essere domenica sera. Arriviamo e ce ne andiamo a cercare posto in alto, e troviamo delle comodissime poltroncine a picco sul palco. Non e’ che me ne voglio stare in piedi ad ascoltare gli odiati magnabaguette, figuriamoci, tse’. Ci compiaciamo della nostra trentennita’, roba che ci manca solo un whiskey e un sigaro oltre alle pantofole, e ci prepariamo psicologicamente all’evento, mentre ancora suona il one-man-support-band, una specie di Ben Harper piu’ giovane ed entusiasta, che imbraccia la chitarra semiacustica e bluespoppeggia con una voce notevolissima e con molta personalita’, anche se con suoni poco originali. Bravo e coraggioso.

Poi arrivano, preannunciati da un forte fetore di camembert e roquefort, i transalpini. Una cantante frangettata, la tipica esponente della rive gauche, due chitarre sciovinistissime, tastiere che fremevano per cominciare con la marsigliese, batteria con la puzza soto il naso, per quello che possiamo vedere dalla nostra posizione defilata, ma ci dev’essere indubbiamente dell’altro, forse una miniatura della tour eiffel sul palco da qualche parte. Aridatece la Gioconda, brutti zozzoni, o almeno la Bellucci. Questo penso.

Il trucco del perfidi discendenti di Asterix e’ noto. Sono solo una cazzo di cover band, e tutte le persone maggiorenni, dotate di senso estetico ed integrita’ morale, dovrebbero odiare visceralmente tutte le stracazzo di cover band del mondo, a parte gli Ivellezza, che ci suona mio fratello, ovviamente.

Dal vivo pero’, al contrario di quanto avevo leggiucchiato in giro, sono proprio bravi, tecnicamente irreprensibili. Maneggiano disinvolti e versatili tutti gli ingredienti di bossa nova, blues, reggae, ska, e sanno passare da ritmi piu’ pestoni ad atmosfere piu’ soffuse e acustiche. La cantante e’ elegante e sa accalappiarsi i favori della folla. Coinvolgono il pubblico che conosce tutte le canzoni a memoria, e infatti e’ tutto un singalong, un ballo e uno scoppiare di boatini di gridolini ad ogni intro riconosciuta.

Qui sta il punto. Il giochetto ha stufato? Possiamo continuare a tollerare un’altra cover band, solo perche’ propone – bene e in chiave accattivante-  canzoni che sono il meglio degli anni 80 (punk-post punk-new wave-e fate voi il resto)?  Premetto che della cover ben fatta sono un fan, in particolare se proposta in arrangiamenti inattesi. E che a me la bossa piace parecchio. Non contesto dunque da duro e puro che si strappa i capelli perche’ hanno osato rifare In a manner of speaking. Il fatto e’ che forse a un certo punto viene voglia di vedere se sanno fare altro. Qualcosa di loro. Perche’ e’ troppo facile prendersi applausi per Sweet Dreams e Blue Monday. E’ quello che fanno le cover band. Mi chiedo dunque se abbia ormai fatto il suo tempo la rivisitazione-concept di tutto un repertorio a me caro ( peraltro in piena rivalutazione, vedi anche la marea di film e libri dedicati all’epoca), un progetto furbo a partire dalla scelta del nome, che sprizza cultura cinematografica e doppisensi musicali. Ma che alla fine sono solo cover. Ben fatte, ma cover. E pero’ che cover.

Qui ci fottono il cuore i maligni mangiarane. Si, ci dicono spudoratamente e con le loro erre subdolamente arrotate, noi siamo una stracazzo di cover band. Ma guarda che cazzo di cover che ti facciamo. Mica siamo i Bluebeaters che non vanno oltre Gino Paoli. Noi abbiamo studiato e non vi prendiamo per stupidotti, a noi ci piacciono i Cramps, i Buzzcocks, gli Smiths, gli Echo and the Bunnymen, i Cure, i P.I.L., come a voi, roba che in Italia ve la sognate. Ma in Grecia no. In Grecia, a Salonicco, ieri sera, quando hanno chiuso la prima parte del concerto con Love Will tear us apart, i 500-600 presenti (forse di piu’, mai stato bravo a calcolare) hanno continuato in coro a cantare il ritornello dell’anthem dei Joy Division, finche’ , lasciata finalmente da parte la loro insopportabile grandeur,  i cuginetti di Zidane sono tornati in scena in fretta e furia, e hanno ricominciato proprio da dove avevano smesso, con la gente che ancora cantava all’unisono, e hanno riattaccato proprio da quella canzone. Praticamente quello che in Italia avviene con il Popopopopopopo degli White Stripes, per farvi capire come siete messi.