La Guerra Dei Marchi

31 May 2006 | By elrocco in Senza categoria

La Storia delle Scarpette Da Calcio dagli anni 80 ai Giorni Nostri.

Nei pronostici per l’assegnazione del titolo ha sempre più spazio Il Fattore Marchio. Una spartizione per brand: Francia – Adidas,  Corea – Nike e la conseguente nascita di teorie cospirative ( Cosa successe Ronnie?). Oramai le Multinazionali tengono le Federazioni per le palle imponendo turnè assurde, convocazioni di giocatori e amichevoli improbabili.
Ma come è avvenuta la trasformazione di una scarpa in una sorta di Excalibur da area di rigore?
Storicamente le scarpe da calcio erano essenzialmente di due tipi a 6 o a 13 tacchetti con quest’ultime nel ruolo della station wagon: tempo libero/allenamenti e città/partita. La proverbiale saggezza del magazziniere aveva tramandato da spogliatoio a spogliatoio il rito della unzione con una sostanza mistica commercializzata con il nome di grasso di foca. Una lattina gialla dal contenuto incerto con un orso come simbolo, ma per tutti era il grasso di foca. Mai contraddire un magazziniere. La marmellata oleosa, detta la vasellina dei calciatori, dall’odore nauseabondo doveva impermeabilizzare ed ammorbidire il cuoio. Le regole di manutenzione prevedevano inoltre il divieto assoluto di esposizione ai caloriferi onde evitare pericolose screpolature.
I modelli erano rigorosamente sul nero, ed erano praticamente uguali,  le differenze erano solo nei dettagli (es le Adidas Hansi Muller avevano le tre righe argento, le Pierre Littbarski bianche, il telaio era lo stesso e dopo due lavaggi si solidificavano irrimediabilmente) e nella pregievolezza del cuoio.
Ovviamente bisogna includere il fattore prezzo. Noi, squattrinati giocatori, avevamo optato per la scelta autarchica, rivolgendoci fiduciosi alle illustri e proletarie lotto donadoni e/o diadora vialli o pantofola d’oro nicola berti. Poi arrivò la Nike, con le famigerate Tiempo, al grido di Innovazione!! 7 o 14 tacchetti in ceramica, non svitabili, tomaia leggerissima, costi altissimi. Un fiasco totale.  
Qualcosa doveva accadere in quei giorni da coppa campioni. Massaro scendendo in campo con le Pantofola D’oro in tinta gold e soprattutto Marco Simone con le Valsport bianche ruppero per la prima volta il tabù del nero. Shame and Scandal. La Resistenza degli ortodossi del calcio, il 90% dei tifosi e praticanti, fu vana e le mode più cazzute ci avrebbero poi sommerso. Baggio con le scarpe blu è IL Vero Colpo al Cuore.  
In verità, il nucleo della questione, per ogni vero calciatore che ha attraversato questo periodo storico, sono i legamenti. Le lesioni infatti sono aumentato visto che la scarpa rimane piantata nel terreno.  
Il resto è  solo la conseguenza dell’invasione dell’ UltraMerce (quante cazzate ho dovuto sorbire inerme sulla leggerezza delle magliette kappa) in attesa di sostituire un giorno, nemmeno troppo lontano, Il Mondiale con La Sfida Finale fra Team Nike ed Equipe Adidas. Arbitrerà Collina a bordo di una Opel Corsa.

4 Comments on “La Guerra Dei Marchi”

  1. quando militavo fra le fila del glorioso Borgo Fabriano gli scarpini più quotati erano le pantofola d’oro, che mi sembra fabbricassero verso Ascoli. localismo al potere

     

  2. poi venne il tempo delle Kronos. slave?

     

  3. più che altro scarpini da maggioranza silenziosa

     

  4. Quando sfidammo le scimmie artiche di Sheffiled mi recai immediatamente a comprare il paio di scarpe da calcetto più economico in assoluto. Erano un paio argentate con una striscia blu elettrico. Capii di essere invecchiato, e parecchio.