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Terra (anche) mia

May 30th, 2006 | By benty in Senza categoria | 14 Comments »

Sono nato in Sicilia, a Catania, come anche mia madre e mio fratello. Sono dunque "mezzo siciliano", e nel mio schizofrenico "sentire" un’appartenenza (greco, italiano, portoghese, marchigiano, fabrianese, etc..) la  sicilianità esiste, eccome. Io mi sento anche siciliano. Anche se ci ho vissuto solo per i primi tre anni della mia vita. Anche là riesco a sentirmi a casa, quando ci torno. E’ un posto che amo, a cui lego ricordi lontanissimi e sfocati ma che ancora sento come mio. E’ un posto i cui suoni, colori, sapori, odori mi incantano ogni volta. Capisco il dialetto (lo potrei anche parlare ma me ne vergogno, non conoscendolo bene, mi sembra una forzatura) , conosco la mentalità, adoro la cucina, sono affezionato ai posti, stravedo per le fantastiche espressioni idiomatiche e  l’incredibile senso dell’umorismo della gente, la vitalità a anche la flemma (eh la Magna Grecia!), il temperamento, il senso di orgoglio dei siciliani, voglio bene a molte persone che vivono lì. Ricordo che dopo essermi trasferito a Fabriano, a volte, credendo di insultarmi, mi chiamavano siciliano, con sprezzo, come se significasse mafioso, come se avessi dovuto vergognarmene. Conosco altrettanto bene i difetti dei siciliani, e le cose che mi allontanano dal loro modo d’essere, le cose che non sopporto. Ce ne sono ovunque, ce ne sono nelle Marche, ce n’erano perfino nella diletta Lisboa cose che non mi piacevano, e su quelle che non mi piacciono qui in Grecia se leggete da un po’ queste pagine vi sarete fatti un’idea.

Il dolore quasi fisico che provo nel leggere il risultato di queste elezioni regionali, ha anche a che fare col mio sentirmi siciliano. Sono uno strapiantato cronico, sono sempre stato il greco in Italia, l’italiano in Grecia, il siciliano nelle Marche e il marchigiano in Sicilia. Nonostante questo, ricordo che i brividi di rabbia e orrore provati quando morirono Falcone e Borsellino non erano estranei al mio sentirmi in qualche modo siculo. E oggi non riesco a capire, a darmi pace, a credere che la Sicilia decida di affondare, di consegnarsi a chi l’ha rovinata con le proprie mani, che chiamata a decidere del suo futuro, fra un candidato in odor di mafia (i cui volantini elettorali sono stati trovati nel covo di Provenzano) e una candidata a cui la mafia  ha ucciso un fratello, scelga il primo. Sono afflitto da questo lasciarsi andare, questa eterna immobilità, questo fatalismo suicida. Non è più una questione di politica, di destra o di sinistra. Diventa una questione di dignità, di morale, di capacità di reagire, di guardare le cose per quelle che sono e dar loro il nome giusto, di scrollarsi di dosso l’apatia. La Sicilia non ce la fa, e il mio cuore soffre per quei siciliani a cui è stata tolta anche stavolta la speranza di cambiare.

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