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Cure (me I’m sick) – post retroattivo

September 17th, 2005 | By benty in Senza categoria | 7 Comments »

La decisione di andare a vedere i Cure, che suonano il primo settembre ad Atene presso il Terra Vibe festival, viene presa fuori tempo massimo, ovvero la sera prima di partire. Contestualmente alla decisione mi ammalo  e subisco un tracollo fisico verticale. Febbre, tosse, raffreddore. Guarda caso piove a dirotto l’indomani e io, già febbricitante, mi inzuppo come un deficiente sbrigando le ultime commissioni. I biglietti li compreremo circa dieci secondi prima della chiusura dell’unico punto vendita di Salonicco. Mi libero verso le 3 e partiamo solo alle 4, i Cure cominceranno verso le dieci, in cinque ore fino ad Atene ce la dovremmo fare comodamente. Le mie condizioni in viaggio sono pietose: senza aver chiuso occhio la notte precedente praticamente moribondo mi accascio esanime sui sedili posteriori della macchina, sperando che i Cure possano sortire qualche effetto terapeutico (nomen omen) sul sottoscritto. Entriamo nel recinto del Terra Vibe nel momento esatto in cui esplode il boato della folla; almeno 20000 cuori darkettoni in estasi davanti a cicciobello Smith e compagnia curante, seppur detastierizzati. Quasi subito hanno suonato Fascination Street, poi hanno alternato robe di Bloodflowers a brani da classifica come Friday I’m in Love e Lulluby, Lovesong e Just like heaven, deliziandoci nel finale con i pezzi per cui ci portiamo il simpatico scapigliato goth nel cuore, come Killing an Arab, Fire in Cairo, Three Imaginary boys, , e ovviamente Boys don’t cry. La precisa motivazione per cui avevo deciso di svenarmi economicamente e dare fondo alle ultime energie vitali per andare a vederli dal vivo era chiaramente la possibilità di trovarsi, seppure in ritardo, seppure malati, seppure da 200 m di distanza, a faccia a faccia col mito, prima che tiri le cuoia. Va da sé che mi aspettassi la performance commovente di un reduce fiacco e patetico, appena in grado di tenersi in piedi. Ovviamente Robert Smith non e’ Iggy Pop sul palco, al massimo agita le braccia teatralmente e si muove lento e goffo dentro la sua camicia nera, che il nero snellisce sempre. Ma la voce e’ ancora integra e toccante, la stessa che su disco intonava l’amore adolescente tormentato. E sinceramente non mi aspettavo di vederlo sul palco, in piedi per tre ore, con ben quattro ritorni in scena, sfinito e commosso. La musica ha sorpreso: forti di una acustica eccellente la superba scaletta e’ filata via liscia senza alcun inconveniente tecnico. Se proprio dobbiamo fare le pulci alla serata, forse si potrebbe eccepire un suono eccessivamente elettrico e pesante (forse per sopperire alla mancanza di keyboards), anche su canzoni dall’anima profondamente pop, seppure scura, che su disco si lasciano amare per via delle chitarre agili, e non tanto per quelle simil-metallare sentite a tratti ad Atene. Ma l’intensità, quella no, non e’ mancata affatto. Rientro alle sette di mattina, senza chiudere occhio per tutto il viaggio di ritorno, dopo illimitate discussioni musicali con Lefteris, instancabile alla guida. L’ingresso trionfale a Salonicco avviene fra le imperiture note di "Storie di tutti i giorni", interpretate da un Riccardo Fogli in pieno spolvero. Cosa ci facesse su una frequenza greca quella canzone di venerdì mattina non me lo domandate, che proprio non lo so.

Qui altre recensioni enusiastiche e la scaletta