Del Palio, ma non solo

25 June 2005 | By benty in Senza categoria

Il Palio di Fabriano, secondo me, non esiste più per varie ragioni. Tanto per cominciare forse il palio non è mai realmente esistito: è semplicemente frutto dell’invidia dei fabrianesi per tutte le cittadine limitrofe dell’entroterra marchigiano e umbro, che vantano tradizioni radicate di rievocazioni medievali. Le quali si traducevano in fiumane di sghei per i bottegai locali, e allora la cosa deve aver iniziato a solleticare anche l’appetito dei cartai. Solo che ci hanno messo qualche decennio a capirlo. Fu così che undici anni fa, per mettersi alla pari con gli altri, si sono inventati la storia del ritrovamento di un documento del 1436, che puzzava di bufala da molto lontano. Il documento parlava dei festeggiamenti in occasione del giorno del santo patrono, San Giovanni Battista e di ‘sto palio, dove c’era "la corsa del maglio". Quindi hanno tirato su tutto l’ambaradan organizzativo, in larghissima parte basato su ammirevoli volontari che si dannano l’anima per una decina di giorni, pur di ricreare al meglio l’atmosfera della Fabriano del 300, in modo però del tutto pretestuoso.

Si sono re-inventati quattro zone della citta ribattezzate Porte, assegnando ad ognuna un colore: porta Pisana verde, porta Cervara rossa, porta del Piano blu, borta del Borgo gialla. Così hanno potuto vendere centinaia di stendardi e drappi, coccarde e fazzolettoni da appendere alle finestre o da sfoggiare in giro, per testimoniare la fiera appartenenza alla propria porta. La centenaria arte del merchandising. Io per la cronaca sono di porta Pisana, l’unica che in undici anni di palio non ha mai vinto. Gli organizzatori hanno riproposto varie competizioni, giochi popolari come tiro alla fune, tiro con l’arco, le corse delle brocche, palio dei monelli (i bambini) e le bellissime infiorate nelle chiese, per l’occasione addobbate a festa. Col tempo si sono anche immotivatamente aggiunti tornei di medievalissimo basket e fra un po’, secondo me, arriveranno pure quelli di playstation. Si moltiplicano per una decina di giorni vari spettacolini, sfilate in costume, mostre di vario genere in ogni suggestivo angolo della città della carta. Per la prima volta a Fabriano è iniziata a vedersi gente in giro, anche durante la settimana, anche di sera. Nulla di che, non facciamoci illusioni. Ma faceva già parecchio effetto.

La serata finale, la sera del 24 giugno le due piazze, quella del Podestà e piazza Bassa, si riempiono di migliaia di persone, che accorrono a sostenere i colori della propria porta. Il regolamento della sfida prevede prima una staffetta di atleti in calzamaglia: il testimone ultimo è un pezzo di ferro che l’ultimo staffettista consegnerà al proprio fabbro che si trova sul palco, già da un po’ a preparare il fuoco. C’è un fabbro per contrada, assistito dai suoi fuochisti. Il fabbro deve modellare a colpi di martello il ferro che avrà in precedenza arroventato sulla fucina, dimodochè prenda una forma tale da poter essere utilizzato come chiave. La chiave permetterà di issare lo stendardo che si trova alle spalle dei fabbri. Il primo fabbro che innalza il drappo colorato, farà vincere il palio alla sua Porta. Un regolamento complicatissimo che in realtà cambia ogni anno e che nessuno conosce fino in fondo. Ci si limita a inveire contro le altre porte e a sostenere la propria durante la corsa oltre ad incoraggiare/insultare il fabbro quando batte il ferro. Tradizionale canto di dileggio verso quelli di porta Pisana, "la Pisana ancora batte", perchè noi il drappo verde non l’abbiamo mai visto sventolare per primo, e siamo sempre gli ultimi a finire di battere. Si dice che abbiamo trovato il fabbro all’agenzia di lavoro interinale. Sempre per la cronaca ieri l’hanno ri-vinto i blu del Piano, maledetti, con questo ne hanno cinque. Durante le giornate del palio, la nota più importante è che gli organizzatori hanno riconvertito dei ristoranti in Hostarie, dove il vino è pessimo, il cibo segue teoricamente ricette medievali (i medievalissimi spaghetti allo scoglio, ad esempio) , in genere si spende un sacco, e (novità) non si può più neanche far tanto casino. Una volta invece le hostarie erano il cuore pulsante del palio.

Si, perchè nelle prime edizioni del Palio, le cose stavano ben diversamente. L’entusiasmo giovanile/iniziale – anche del sottoscritto – e un probabile errore di calcolo dei gestori, portava all’occupazione sistematica delle hostarie per la durata intera della manifestazione. Tavolate di balordi crapuloni, animati da profondo spirito alcolico e anticlericale, si abbandonavano all’ebbrezza e alla dissoluzione totale per dieci giorni. Si intonavano sguaiati canti da taverna e cori da stadio, perlopiù in piedi sulle panche e seminudi, abbracciati, avvinazzati, sudati. Ci si lasciava andare agli insulti più beceri provando ad alimentare una rivalità fra porte assolutamente artificiosa, inesistente fino al giorno prima, ma lo stesso divertente. Soprattutto si insultavano quelli del Borgo, in quanto quartiere più antico, credo. Ci si dedicava al corteggiamento delle donne finalmente meno arroccate del solito, grazie alle copiose brocche di vinaccio che circolavano senza sosta. Quando le taverne chiudevano – un tempo succedeva parecchio più tardi – ci si riversava tutti in piazza, e ci si dilettava al gioco medievale della "pallaalcorso": misteriosamente spuntava un pallone, e una mandria di oltre quaranta persone rigorosamente ubriache a notte fonda inseguiva per la piazza del podestà (ovvero il corso) una palla che veniva calciata senza motivo e senza direzione verso l’alto con quanto più forza possibile, per ore, senza scopo apparente. Si partecipava alle infinite jam session spontanee per chitarre, bonghi, sassofoni, fisarmoniche e percussioni di bottiglie di birra. Manifestazioni che certi circoletti comunisti incoraggiavano, innaffiandoci con casse di birre fresche. Ed esistevano esimi bluesman locali che si cimentarono in performance indimenticabili, come il celebre "Blues delle emorroidi" , interpretato sotto il loggiato di San Francesco da U., summa di sofferenza negra, improvvisazione e vino rosso di Porta pisana. Ci si abbandonava ad atti di leggero vandalismo urbano, o più semplicemente a bagni notturni nelle varie fontane pubbliche. Si tornava a casa rotolando, anche senza discese da percorrere. Poi c’è stato il giro di vite. Le proteste dei residenti fioccavano, Fabriano è fondamentalmente una città di vecchie. Vanno bene le ghirlande di fiori al davanzale di case del centro, non vanno bene le chiazze di vomito rossastro sullo zerbino. La polizia iniziò ad inseguire i gruppetti sospetti fuori dalle taverne e ad intimidirli, palesandosi ad ogni angolo, spingendosi fin dentro al Giardino, un tempo zona quasi franca. Le hostarie persero il loro carattere goliardico, e rivelarono la loro natura da ristoranti, anticipando la chiusura su ordinanza del sindaco, alzando i prezzi, cacciando di fatto le orde di alcolisti per far spazio alle famigliole, con la scusa che "c’è gente fuori in piedi che aspetta", ci sono altri soldi da spillare. Fu imposto un clamoroso coprifuoco, esteso a tutti gli esercizi cittadini, anche non direttamente coinvolti nel palio. All’una le taverne e i bar non lasciavano più entrare, alle due tutti fuori, con una volante dei carabinieri determinata a scoraggiare il formarsi di capannelli.

Com’era prevedibile i moderati hanno prevalso. Il fabrianese non ha un carattere combattivo. Si lamenta ma alla fine si adegua. Quindi anche l’unica occasione di far davvero festa durante l’anno in giro per i vicoli medievali si sta perdendo, per emorragia di entusiasmo. Ogni anno va peggio. Qualche sprazzo di vecchio Palio ogni tanto, a tratti, si rivive. Probabilmente ha a che fare anche con la sostanziale differenza che corre fra il vivere certe cose a vent’anni o a trenta. Probabilmente i giovani che si ubriacano in hostaria adesso, si divertono più di noi una volta. Finite le rievocazioni e la corsa di cui sopra però la musica è cambiata. Ci si rassegna, si va tutti a casa, o si passa dallo chalet – ad scoltare la musica peggiore del mondo. Ecco perchè poi – intransigenti blogger appassionati di musica – quando mi venite a dire che i Franz Ferdinand non si sopportano più, che si ascoltano dappertutto, vorrei pestarvi amorevolmente. Io lo so che da un certo punto di vista avete pure ragione, ma qui musica commerciale vuol dire ancora Shakira e Ricky Martin, ve lo assicuro.

Se questa cittadina si è meritata a suo tempo l’appellativo di Manchester delle Marche, un motivo ci sarà. Industrie e go-go – peraltro in lenta inesorabile crisi – , polo lavorativo capace di attrarre gente da fuori, senza però che la popolazione locale abbia ancora sviluppato i mezzi (culturali?) per convivere con gente che di diverso può avere il colore della pelle, oppure solo l’accento. E poi, tutto attorno, il nulla. Tanto che fino a pochi anni fa per farsi una birra si era costretti a emigrare in cittadine  circostanti, più piccole, ma con almeno una stracazzo di birreria. Poi dice, le stragi del sabato sera. Fa sempre ridere il fatto che da Fabriano, 30.000 persone, la gente vada in discoteca a Matelica, circa diecimila anime, ma all’attivo anche due o tre pub. Una situazione culturale asfittica, dove spesare il dott. Vasco Rossi, che veniva a farsi le prove del tour per una settimana a nostro carico, lasciando che il pubblico pagasse anche un biglietto da 25 euro per entrare alla data zero presso lo stadio comunale, veniva spacciata dall’assessore alla cultura come "brillante operazione culturale". Dove non c’è mai stato un posto per ascoltare musica dal vivo. Dove in tour passa solo gente tipo Biagio Antonacci. Dove esistono solo cover bands, che io sappia. Un posto in cui, a confronto con qualunque città vicina- le già non vivacissime Jesi e Ancona –  non si muove nulla. Dove fino a pochi anni fa non c’era praticamente un bar. Dove nessuno frequenta i centri sociali-ovvio che in città non ce ne siano –  ma tutti affollano le palestre. Dove l’unica discoteca, la tragica "San Cassiano", suona da 15 anni la stessa orrenda musica. Dove la radio locale, Radio Blu, è un surrogato in peggio del peggio trasmesso dai peggiori network nazionali. Il Palio aveva forse la pretesa di rianimare in qualche modo questa città moribonda, alle cui strade deserte a mezzanotte non mi abituerò mai. Invece ne costituisce il perfetto paradigma: smontare il palco e sfollare la piazza del Podestà gremita, nella serata finale, è l’operazione più rapida del mondo. Come se tutti non vedessero l’ora di tornarsene a casa, l’unico giorno dell’anno in cui escono dai loro bunker. Lasciando solo pochi disperati a girovagare di hostaria in hostaria, fra presidi di forze dell’ordine che manco a Genova durante il G8. Nessuno si chiede più perchè, oppure che cosa si potrebbe fare dopo, approfittando del fatto che il Palio porta la gente finalmente fuori di casa. No. Tutti hanno quell’aria rassegnata, come a dire "Da questo posto cosa vuoi aspettarti?". Il lamento è lo sport cittadino, non il basket. Infatti cos’altro vuole essere questo post se non l’ennesimo inutile flebile lamento? Qualcuno, al massimo, ogni tanto se ne va.

Nella foto il campo da gioco di pallalcorso.

7 Comments on “Del Palio, ma non solo”

  1. cazzo, fabriano ha tanti abitanti come legnago, ma qui la carta non la facciamo

    al massimo le caldaie riello

     

  2. cacchio, più leggevo e più pensavo a casa mia. poche differenze (50.000 abitanti invece che 30.000, la coppa interamnia al posto del palio), stessa apatia, indifferenza, voglia di andare via.

     

  3. Lo sai che siamo alla periferia dell’impero….l’hai sempre saputo. E’ che ti rode di aver perso ancora una volta.

    La Pisana ancora batte, la Pisana ancora bateeeee…(ad libitum)

    MX

     

  4. ecco…hai descritto tutto come avrei voluto fare io se solo ne avessi avuto la voglia :o)

    per la cronaca sono la gentile (?) donzella (ROTFL) spettatrice della partita di palla-al-giardino visto che la pallalcorso e’ stata boicottata…

     

  5. ah…dimenticavo…nonche’ fiera sostenitrice del Piano eheheheheh

     

  6. hai sempre un accento pessimista nelle cose, ma molto umorale: e’ per questo che credo alle tue parole, perche’ dici quello che pensi senza troppi filtri.

    cazzo benty ma veramente il Palio si e’ ridotto cosi’? eppure io ho dei bellissimi ricordi, ma forse e’ giusto cosi’. D’altronde sono d’accordo con te che si tratta prettamente di un’operazione commerciale…vorra’ dire, amico mio, che ci siamo goduti i suoi anni migliori a cantare ‘la pisana ancora batteeeee’….

    un abbraccio gig

     

  7. Eh, però è spettacolare come campo da gioco!