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Re della convenienza e lotta alle sedie

June 26th, 2005 | By benty in Senza categoria | 2 Comments »

Bella Umbertide, bellissima Piazza San Francesco: così minimale sembrerebbe l’ideale cornice per i delicati ricami acustici intessuti con eleganza dai Kings of Convenience. Ci attirano in lontananza verso la piazza le note gentili di I don’t know what i can save you from, e appena girato l’angolo ci troviamo davanti un muro umano compatto, con il palco che sembra lontano chilometri. Sgomento !

Ed io che sognavo un concerto semideserto, da gustare seduto in comodità, a due passi da Erlend ed Eirik, a farmi cullare dalle note di Winning a Battle , magari schioccando le dita a tempo, con una brezza a incresparmi i capelli e dei fili d’erba tra le labbra, con un sorriso stampato in faccia. E invece la situazione è molto meno bucolica: una folla imponente di persone, pressate nella piazzetta, ammassate, accaldate, vocianti, che brandiscono cellulari in continuazione o parlano di cazzi loro a voce alta. Abbandono i miei compagni di viaggio e provo ad avvicinarmi, fendendo il pubblico con gomitate neoacustiche (che mica siamo al Gods of Metal) ma mi areno dietro le transenne del mixer, immalinconendomi. I volumi sono bassissimi, soprattutto quando parlano fra un brano e l’altro i Re non si sente quasi niente da dove sono io.

Da qui nasce una proposta impopolare: primo, abolire i concerti gratis, soprattutto in spazi angusti e facilmente raggiungibili. Imporre un prezzo anche simbolico per effettuare una scrematura ed allontanare chi non viene a sentire un concerto ma a farsi vedere e disturbare. Lo so, sono diventato una fighetta. Secondo: lancio una campagna contro le fottute sedie nei concerti estivi che non siano di musica classica. La combinazione malefica concerto gratis e sedie in prima fila ha come conseguenza l’ingiustizia di assegnare  le posizioni migliori a vecchie col gelato e giovani tamarri con la maglietta De Puta Madre che limonano con la morosa. Così chi si fa i chilometri (in maniera molto indie) per venire a vedere un concerto resta dietro, non sente niente, si incazza sospirando amaramente (che mica siamo a un concerto punk, qui si sospira malinconici). Magari si potrebbe intimorirli sparando a volume inaudito mezz’oretta di trash grind death metal, così da ripulire le primissime file. Si vabbè, potevo pure partire un po’ prima però. La situazione è che nella metà di piazza  davanti al palco si trovano un quinto delle persone, ma comodissime. Nelle retrovie pressati in metà piazza come sardine, tutti gli altri, scontenti e sudati. Quindi dico "No alle sedie ai concerti: vuoi vedere un concerto stai in piedi, Cristo!".

Ma torniamo al duo norvegese. Parlano parecchio i ragazzi di Trondheim Bergen dal palco, gigioneggiano, scherzano, giocano con pubblico, si autocompiacciono, forse esagerano un filo. Presentano un paio di special guest (violino e bassone acustico), Eirik dice pure "E’ bello essere a Umbertide" , chiedendo prima il nome della città al turnista italiano. Erlend balla, nerd roscio, stiloso e dinoccolato, incita il pubblico al singalong, è tutto un battimani dall’inizio alla fine, a volte richiesto dall’occhialuto norvegese. Si sprecano gli applausi a scena aperta nel mezzo delle canzoni. C’è il momento autoironico, quando Erlend annuncia "Questa si chiama Bridge over troubled water" e invece Eirik lo smentisce "Sta scherzando" e parte Misread con un boatino di gridolini. La presenza femminile è maggioritaria, e sembra una sola voce di donna a intonare il coro che accompagna I’d rather dance with you. E si addice a perfezione al mood quieto del concerto. Presentano anche un brano nuovo, che inizia parlando di due che non si vedono da 7 anni. Infilano tutta una serie di singoloni, soprattutto da Quiet is the new loud, da Singing Softly to me a Toxic girl. Il concerto sarebbe adorabile, forse troppo breve, ma essenziale – circa un’ora o poco più, con un unico bis finale, reclamato a gran voce dalla folla. Ecco, alla fine non è che fossero proprio tutti disinteressati: forse ero solo io ad essere invidioso, lontano e in fase di liquefazione.