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Twilight Singers a Salonicco

December 21st, 2004 | By benty in Senza categoria | 5 Comments »

Sabato scorso me ne sono andato a vedere Manuel Agnelli e i Twilight Singers. Si c’era anche Greg Dulli, in tutta la sua mole e voce. Conoscevo poco gli Afghan Whigs e meno ancora il nuovo gruppo di Dulli, ma sapevo che l’ulitmo album era tutto di covers e allora mi son detto, magari si canticchia pure. Il posto dove hanno suonato è nuovo, si chiama Vilka on Stage e lo hanno aperto proprio per questa occasione. Lo gestiscono i tipi della Encore, che è una neonata azienda di booking: gli ultimi concerti che ci sono stati ultimamente sono tutti opera loro. Ho parlato anche col responsabile del posto e mi ha detto che stanno provando a portare qui per l’estate nomi enormi (Cure, New Order, ma gli unici che verranno sono sicuro che saranno i Deep Purple che qui l’hard rock tira come un carro di buoi). Poca gente, mediamente quarantenne, il che mi ha riempito di sconforto e di gioia. Sconforto perchè non c’è ricambio all’ascolto di certa musica, significa che di gruppi così ne passeranno sempre di meno. Gioia perchè coi miei quasi trentadue anni ben portati è una delle poche situazioni in cui posso ancora passare da ragazzino. Delle cover che hanno fatto ne ho beccate giusto due o tre. Sia perchè stravolte dallo stravolto Dulli. Sia perchè bello il posto, bravi voi della Encore che ci portate i Twilight Singers, epperò l’acustica era veramente una schifezza. Summertime, All you need is love e Don’t fear the reaper, that’s it. Alle altre proprio non ci sono arrivato. Per la prima volta ho visto l’asta di un microfono munita di portabirra e posacenere. Agnelli adesso ha i baffi e somiglia un po’ a Ross di Friends in versione anni 80. Sembra in stato adorativo davanti a Dulli, si alza spesso dal suo sgabello nei momenti più intensi del concerto per pestare sui tasti, ridacchiano di continuo. D’altronde Dulli lo adorerei pure io se mi portasse in tour in America ed Europa. Male di Miele non ce l’hanno suonata però. Il cencerto ha vacillato da certi estremi di tensione emotiva, che comunque Dulli ci ha questa voce ferita e che ferisce, e di gran cazzeggio, che anche questo tour era l’ultimo del gruppo e si sono un po’ svaccati alla fine, tra handclapping e risatine con il management che era a bordo palco. Per la seconda parte del concerto si sono avvalsi dell’aiuto una bottiglia di champagne. Le tastiere di Manuel si sono sentite solo quando non coperte da basso e chitarre. Poi si è messo alla chitarra e Dulli alla tastiera (I can play with my one hand and keep drinking with the other) e magicamente si sentiva solo la tastiera e per niente la chitarra di Agnelli. Il batterista mi ricordava parecchio Sean Penn in Carlito’s Way, un cocainomane riccio, stempiato e frenetico. Alla lunga il tipo di interpretazione sofferta di Dulli un po’ appiattisce le canzoni, e ti sembra ti sentire sempre lo stesso pezzo dall’inizio a quasi. Però trasuda carisma e birra, ci si dimena un po’ sui pezzi più sostenuti, Dulli sale pure sulla grancassa proprio in chiusura di concerto e tutti temiamo per la sua vita. Parlavo della grancassa.


Ho concluso tradizionalmente la serata, andando a mettere musica (parecchia anche pessima) al Casablanca e prendendomi la solita schicchera low cost del sabato sera.