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Degli europei di calcio (1) : Ortodoxia uber alles

June 14th, 2004 | By benty in Senza categoria | 12 Comments »

I megamanifesti della Vodafone, che sponsorizza la nazionale di calcio ellenica, da qualche settimana proclamavano orgogliosi slogan di incoraggiamento “Non siete 11, siete 11 milioni” (che sarebbe il totale della popolazione greca). I giornali sportivi nel giorno dell’esordio recitavano “Orgoglio nazionale”. Il clima di attesa però era quello della mattanza. Girone di ferro, con dentro gli organizzatori portoghesi, da affrontare proprio al debutto. Prevale comunque la gioia di esserci, che da queste parti non è un fatto per niente scontato. Questa è la seconda apparizione della Grecia agli europei, dopo la magra figura in Italia nell’80, e la terza partecipazione totale, contando anche la disfatta dei mondiali in USA del 94. Mai un gol segnato in competizioni internazionali. Due ore prima del fischio d’inizio la città appare pressochè deserta, mentre io torno con le scorte da campionato europeo: una cassa di birre da mezzo litro e qualche tonnellata di patatinenocciolinecazzatine. Un’afa da deserto del Sahara, i televisori con il volume al massimo sono tutti sintonizzati sulla prima rete, la telecronaca si potrebbe ascoltare tranquillamente anche dalla strada.


Al fischio di inizio le scorte di alcol di casa Benty erano state già pesantemente messe alla prova; dai posti sui divani Ikea prenotati da giorni, i fortunati prescelti fumavano come in un’oppieria di Bankhog. L’atmosfera tuttavia risultava abbastanza rilassata, come quando non hai nulla da perdere e serpeggiava la speranza non confessata che il Portogallo non infierisse eccessivamente. Invece, sarà stata la fierezza nazionale, saranno state le bestemmie alemanne di Rehnaghel , sarà stata l’emozione dei portoghesi, la Grecia sembrava parecchio spavalda. Quel matto di Karangounis ha addirittura segnato e, cosa incredibile, i biancazzurri mettevano sotto il mio amato Portogallo. In difesa Traianos Dellas, pupillo locale – è di Salonicco calcisticamente cresciuto nell’Aris ed ha una casa al mare vicino a quella della mia ragazza – non lasciava passare un filo d’aria. A centrocampo Figo e Rui Costa giravano a vuoto, mentre si organizzavano i soccorsi per il recupero del disperso Pauleta. Io e i greci ivi presenti (2 su quattro già erasmus in Portogallo e nettamente filolusitani) non ci credevamo.


Parentesi sentimentale-esistenziale. Si affrontavano i due paesi dove (se si eccettua l’Italia) ho vissuto di più. I paesi da sempre ultimi in tutte le classifiche europee, economiche o di altro tipo. Uno a cui devo il cambio di rotta del mio destino, oltre all’anno più felice della mia vita. L’altro che tutt’ora mi ospita e direi, quasi, mi coccola. Avrei giurato che il mio cuore sarebbe stato 100% lusitano, ma vedere l’umile Grecia combattere così, una di quelle sorprese che il calcio offre sempre più di rado, il debole che schianta sul piano fisico e tattico il favorito, trovarsi in mezzo alle facce incredule e ubriache dei miei amici di queste parti, mi ha spaccato il cuore in due. In verità ho anche gioito sul rigore realizzato da Bassinas. Filolusitani, cercate di perdonare un quasi transfuga.


Poi la partita è finita come sapete e la nostra sbornia è proseguita altrove.


Il giorno dopo, il titolo più sobrio che credo di aver letto fra giornali e TV mi sembra sia stato “Vittoria leggendaria”. Ovviamente è già in atto la beatificazione di Rehnaghel: uomo ossessionato dalla moglie (la cita in qualunque intervista, sembra che sia stata lei a contattare la federazione greca per trovare lavoro al marito) , l’allenatore tedesco che ha escluso dall’undici titolare giocatori come Tsartas, la mezzapunta più dotata di talento e Nikolaidis, il Beckham locale che è sposato con una cantate molto famosa (in Grecia) e si è trasferito a cercar fortuna a Madrid (sponda Atletico, lo trovate in panchina in genere).


Il punto debole dei greci, come popolo, è l’estremismo delle passioni. Dalla quasi certa esclusione a suon di legnate e dalle teste basse, si è passati ai piani riguardanti la conquista del sistema solare, in un solo trionfale pomeriggio. Le domande più ricorrenti che i giornalisti rivolgono ai giocatori e all’allenatore sono “Riusciremo a vincere la finale?”. Dando per scontato tanto il passaggio del turno, quanto di quarti e semifinali. Gli unici che sembrano tenere i piedi ancora per terra sono i giocatori. Io intanto non smetto di sperare che anche o meu querido Portugal possa passare il turno. Non dimenticate che la Grecia è approdata in Portogallo battendo la Spagna fuori casa. Tutto è possibile, anche che ci sia ancora gente disposta a votare De Michelis.

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