Le mie amiche Electr(a)elane

24 May 2004 | By benty in Senza categoria

La mia ignoranza musicale, come è ormai risaputo ai pochi lettori di queste paginette azzurrine, non finisce mai di sorprendere, me per primo. Le Electrelane non sapevo chi fossero, non sapevo che musica suonassero, non sapevo da dove venissero. Non mi ero neanche dato pena di cercare loro materiale su internet, pur avendone incontrato alle volte il nome, in giro per i meandri della rete. Sapevo però che un loro brano compariva in una celerbe playlist di dj Enzo (che, come è risaputo, spacca) e ne avevo letto commenti lusinghieri in un post del Colonnello. Mi è bastato per decidere di investire soldi, peraltro non miei, nel biglietto del concerto di venerdì scorso. Quindi mi trovo a confermare in pieno la voce che vuole i blogger come veri trendsetter capaci di orientare i gusti del mercato, altro che pubblicità occulte e Vanna Marchi.


La geniale trovata dei gestori del Mylos è stata quella di far suonare nella stessa serata, ma in locali separati da poche decine di metri, anche i Tuxedo Moon, che qui in Grecia hanno ancora un seguito notevole. Bravi, pochi concerti ma ben sovrapposti, scommetto che ce li pagano pure per organizzare questi capolavori logistici. Apro e chiudo la parentesi sui gruppi che negli ultimi tre mesi sono arrivati a Salonicco e di cui non ho parlato. A parte i Violent Femmes e i già citati Tuxedo, anche gli Ozric Tentacles, gli Stranglers, Alice Cooper, gli Scorpions (!?) e altri ottuagenari del roccherolle. Credo che si tratti della stessa filosofia per cui Karembeu ha vinto tre scudetti con l’Olimpyakos, la sempre valida teoria del riciclo degli scarti altrui. Per fortuna ogni tanto passano di qui , per sbaglio, alcuni veri fuoriclasse e rarissimamente delle giovani promesse dei vivai musicali underground (lo so che non si dice più da eoni, ma mi andava di usare questa di parola, problemi?)


Prima delle Electralane si esibivano i Puffer Fish, superfluo ensemble locale che ci ha annoiato per qualcosa come quaranta interminabili minuti, con un funkettino disdicevole, come degli inutili Red Hot Chili Peppers sotto sedativi, ma senza palle, voce, presenza scenica e tutto il resto. Credo siano stati il motivo per cui il concerto costava dieci euro in meno del solito: riuscire a sopportarli è stato giudicato uno sforzo degno di uno sconto.


Ce l’abbiamo fatta e la nostra pazienza è stata premiata da un concerto breve ma tosto.


Allora adesso vi racconto come sono le Electrelane dal vivo un po’ on e un po’ off-stage. Ovvero ho colmato le mie lacune direttamente alla fonte, andando a rompere le palle alle ragazze nel dopo concerto, mentre terminavano una boccia di vodka con tanti succhi di frutta ad un tavolo del locale e la gente ormai era quasi tutta fuori. Il mio amico Kape dice che certe volte mi scatta l’irrefrenabile bisogno di contatto fisico con l’artista, che ormai c’ho una certa età e che divento patetico. Quest’ultima cosa non sono sicuro che me l’abbia mai detta, ma comunque l’ho capita da solo. A me comunque non hanno offerto i self-made-cocktail, ma solo perchè non ho insistito, sennò figuratevi.


Sono quattro ragazze di Brighton, insieme da circa tre anni e mezzo ed hanno già due album alle spalle ed una apparizione alle John Peel session. Non era la prima volta che suonavano qui in Grecia, ma era la prima a Salonicco. Credo che se ne sentirà parlare ancora parecchio, perchè sono proprio brave.


La leader del gruppo si chiama Verity. Assomiglia ad una bellacopia di Sarah Ferguson, credo, ed è molto simpatica. Lei si applica alle tastiere stereolabiche, a volte alla chitarra, per un breve tratto anche ad un sassofono e alla voce. Lei è quella che ha scritto tutti i testi -in 4 lingue- del loro secondo album The power out; il primo è strumentale e postrockoso, si chiama Rock it to the Moon ed ha fatto invaghire Steve Albini del quartetto e storcere il naso a Pitchfork. Poi mi ha anche raccontato che saranno in giro tutta l’estate per i festival di mezza Europa: Benincassim, Roskilde, Primavera e credo anche Reading. Inoltre è d’accordo con me sul fatto che pagare 35 euro per vedere gli Idlewilde sia un furto. Ma a questo ci arrivavo anche da solo eh.


Poi c’è Emma che sembra la più giovane, munita di polsino-che-una-volta-era-indie. Lei picchia duro sulla batteria, e dietro quel ciuffone che le copre la faccia si nascondono due occhioni azzurri da cerbiatta, un sorrisone e le lentiggini come Candy candy. E’ lei che mi ha consigliato di prendere il nuovo cd invece di quello strumentale. Sembra timida ma è molto gentile.


Inoltre c’è Rachel che suona il basso, che mi ricordava qualcuna, ma ancora non ho capito chi, e si è presentata di sua spontanea volontà mentre parlavo con Emma e neanche l’ho riconosciuta lì per lì, ma sembrava la più contenta di tutte.


Infine Mia, l’unica con cui non sono riuscito a fare due chiacchiere, che oltre alla brillante performance alla chitarra, ha assolto anche egregiamente il ruolo di catalizzatore di attenzioni maschili, ovvero era l’indiscusso pezzo di figa del gruppo. Quando la vedrete accanirsi con grinta e grazia sulla chitarra nel finale Take the bit between yor teeth ve ne innamorerete ineluttabilmente, a prescindere dai vostri gusti sessuali.


Le ragazze hanno prima dovuto montare in fretta e furia i loro strumenti, dopo che i puzzoni di supporto avevano finito di dilaniarci i testicoli. Lo hanno fatto praticamente da sole, sono tornate un attimo dentro i camerini, si sono cambiate e truccate un po’ e poi hanno iniziato. Davanti ad una platea che vedeva numerosi esponenti del movimento tracollista greco, le quattro albioniche hanno profuso parecchia energia, proponendo poco più di una decina di brani mediamente abbastanza brevi e credo anche per questo ancora più efficaci. La loro attitudine sul palco è stata per tutta la durata del set piuttosto seriosa e concentrata.


Sentite certe basi electro (Only one thing is needed) che partivano belle dritte, ascoltati certi arpeggi scarni e parecchio “hooky” al contempo (Gone under the sea, On Parade), all’inizio le quattro mi hanno fatto venire in mente certe cosette dei New Order e dei primi Depeche, ma più leggeri e abrasivi, o ancora meglio le cose meno claustrofobiche dei Joy Division. Oppure erano i Cure, insomma dai che avete capito, non mi fate continuare con le citazioni a sproposito. La struttura dei brani suonati al Mylos era piuttosto varia e dinamica, fondamentalmente pop dall’anima scura, con cambi improvvisi di velocità, stop and go, rallentamenti e ripartenze che neanche Sacchi , con finali in crescendo dove le chitarre storte prendevano spesso il sopravvento accelerando e ispessendosi, e le tastiere di Verity erano libere di spaziare a tuttocampo (la metafora calcistica mi sta decisamente prendendo la mano). Non sono mancate le atmosfere più statiche e cupe (Birds) in cui spicca il cantato monotonico di Verity, che a me ricorda un po’ Lidya Lunch, ma credo che a voi no. Gustose e “scurite” anche le due cover proposte: una di Bruce Springsteen, I’m on fire, e una dei Roxy music, More than this, suonata nel secondo bis anch’esso consistente in una canzone soltanto. Ecco, questo magari se lo potevano risparmiare, due mini-bis in un’ora e poco più di concerto, insomma. Ma le si può perdonare, sono peccatucci veniali nel contesto di un concerto impeccabile e la chitarrista, ripetiamolo, è proprio ma proprio carina. Credo che però la sezione ritmica e soprattutto le tastiere sovrastassero un po’ la chitarra come volume, e che al contempo la chitarrista non portasse il reggiseno, il che mi ha ulteriormente distratto. Preso e ascoltato The Power Out, ho constatato che dal vivo rendono meglio in potenza e non c’è traccia di alcuni finali che sconfinavano nel noise, anche se altri lati (quello psichedelico sperimentale ad esempio, o quello più “pop” dei brani) emergono meglio da cd.


Infine la testimonianza che Kape ha sempre ragione.

13 Comments on “Le mie amiche Electr(a)elane”

  1. da quando in qua si va a baccagliare le inglesi con kape e senza fidanzata? (e a farsi scrivere “love” sulla dedica, poi…)

     

  2. te piace ancora la ciccina vero benty? insomma ste regazzine ce sanno fa e non portano il reggiseno… avranno sicuramente successo.

    io e butch (iarelli) potremmo farvi una surprise… stay tuned.

     

  3. Kape era presente solo spiritualmente, che fisicamente sta a Fabriano city. Le inglesi si baccagliano senza la fidanzata quando la fidanzata non c’è. Love l’ha scritto Verity dopo l’estenuante maratona sessuale a cui ci siamo sottoposti in albergo. Mig facciamo che la sorpresa sia un po’ meno sorpresa così mi organizzo un po’? eh?

     

  4. anche no dai!! il fattore surprise è determinante! quando meno te lo aspetterai, io giungerò da te( probabilmente quando sarai gia tornato nella tua terra natia..) in tal caso lascia le chiavi al solito posto 😉

     

  5. bella recensione, sono felice di averti suggerito indirettamente una così bella serata 🙂 Electrelane, se non sbaglio, è con la “e”. ciao, enzo

     

  6. …grazie enzo, perdonami la solita figura da peracottaro

     

  7. inannzitutto, trendsetter glielo dici a soreta. secondo, ti hanno percaso detto se quest’estate vengono a farsi un giro in italia? e se vengono, posso vantarmi di essere amico tuo?

     

  8. Benty: ma quale peracotta, figuriamoci, che io ho appena scritto “Morrisey”…
    Colonnello, ci speravo anche io (e non solo per Mia), ma al momento pare proprio che quest’estate non passeranno dalle nostre parti…

     

  9. bellissimo, as usaul 🙂

     

  10. (dislessia a parte)…

     

  11. anche ‘eoni’ non si dice più… da eoni, appunto. L’hanno fatta ‘Film Music’?

     

  12. si ma scrivi ogni tanto, qua c’è gente che paga il canone

     

  13. ti voglio bene (eh!). e questo solo per i gruppi che hai citato…chissà il resto…! 🙂 bel blog