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In Sakis they trusted / in Moz we trust (2)

May 17th, 2004 | By benty in Senza categoria | 8 Comments »

Nella speranza che Splinder non si mangi pure questo post, inizio a scrivere. La TV greca soffre di una evidente schizofrenia. Di giorno è uno dei peggiori esempi di televisione europea, roba da far rimpiangere Rete4. Ho realizzato che anche se il Nano qui non c’è, la TV fa schifo lo stesso, ci sono gli stessi programmi che avete la fortuna di vedere in Italia, e direi quasi gli stessi personaggi, ma in una versione se possibile più pacchiana e terzomondista. Una cosa raccapricciante. Il culmine è stato raggiunto sabato, quando davanti agli schermi, per tifare “Shake it” all’Eurovision, si è bloccata l’intera nazione, con uno share attorno all’85%, cinque milioni di telespettatori, record greco di audience di sempre. E ovviamente Sakis ha perso malamente, piazzandosi dietro giganti musicali del calibro di Ucraina e Serbia.


Di notte però le cose cambiano. Nel giro di tre settimane dopo mezzanotte ho potuto vedere Caro Diario, Il giardino delle vergini suicide, Reality bytes e Amarcord. Sempre di notte ci sono tutti i giorni i Simpsons, Sex and the city, i Soprano e Frasier – di giorno danno solo degli indigeribili serial greci e le telenovelas sudamericane. Per un periodo mi ricordo che hanno trasmesso addirittura “Un posto al sole” ed un serial di quelli con Marco Columbro e la Cuccarini. Ieri la TV greca notturna ha raggiunto il mio massimo gradimento. ET3 ha trasmesso integralmente un concerto del 1983 degli Smiths , con una sola brevissima interruzione pubblicitaria. Per oltre un’ora il ciuffone di Morrissey e il caschetto di Marr hanno imperversato sullo schermo, sommersi da piogge di petali e di fiori, acclamati da un pubblico nutrito e sorprendentemente entusiasta per una band che aveva alle spalle appena un anno di attività e qualche singolo. Moz, bellissimo clown romantico, ci ha deliziato con i suoi balletti sghembi, con tanto di camicione aperto sul petto e catene lunghissime al collo. Insieme ad un Marr appena ventenne proponevano, in quel dicebre del 1983, una manciata di canzoni destinate a cambiare parecchie cose, anche per me che all’epoca avevo dieci anni. Li avrei conosciuti meglio solo dieci anni dopo, quando già non sarebbero stati più gli Smiths, molto dopo le storie poco chiare di Union Jack sul palco e le accuse di razzismo. Meglio tardi che mai.

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