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We love american music

April 30th, 2004 | By benty in Senza categoria | 4 Comments »

Mercoledi’ al Mylos i Violent Femmes hanno fatto il pienone. Inizio previsto per le dieci, il terzetto di Milwaukee si presenta puntualissimo, luci basse ed una canzone di Frank Sinatra ad accompagnarne l’ingresso sul palco. La prima immagine dei tre e’ abbastanza spiazzante. Invecchiati, ingrassati sembrano dei turisti americani capitati li’ un po’ per caso. L’audience e’ variegata, dai quarantenni alle preadolescenti, i look vanno dall’alternativo spinto alle giacche. Gano sembra una bellacopia der Piotta, si presenta con degli occhialini da nerd, capelli lunghi buttati all’indietro e un orrendo camicione aperto. Sotto la camicia, in bella vista una inconfondibile canottiera bianca, di quelle che non mi metto piu’ dall’eta’ di 6 anni. Brian Ritchie e’ gigantesco, e suona un altrettanto gigantesco basso semiacustico, sfoggiando un tatuaggione sul braccio destro e un doppiomento che pesa almeno quanto il basso. Anche De Lorenzo sta in piedi, al centro del palco, davanti alla sua batteria minimale. Attaccano senza fare tanti complimenti con Please do not go, e da li’ inizia un karaoke collettivo (esistenziale?) che avra’ termine solo alla fine del concerto. L’attitudine con cui si va a vedere un concerto del genere e’ chiara: ci si aspettano tutte le canzoni del celebre album omonimo, pronti a sgolarsi davanti ad una formidabile doppietta come Prove my love e Promise, determinati a pogare quando a meta’ concerto parte il basso assassino di Blister in the sun, condannati a al coro urlato per una American Music parecchio accelerata, o per una Gone daddy gone al ralenty. La doppia apoteosi viene raggiunta con Add it up piazzata alla fine del primo atto e ovviamente Kiss Off, lasciata come ultimo dei bis, stravolta nella parte centrale dove i nostri si divertono a fare i Sonic Youth. Ci sono stati anche momenti meno convincenti in particolare un paio di pezzi di ispirazione religiosa (Gano e’ un devoto Battista, lo sapevate? Sapevatelo !) e quando i Femmes si lasciano prendere un po’ la mano dagli assoli, in particolare di Ritchie, che sembrava quasi dover dimostrare al mondo che lui sarebbe stato un chitarrista eccezionale e che loro non sono solo quelli dell’album con la bambina scalza in copertina. Il fatto e’ che dev’essere difficile scrollarsi di dosso un debutto cosi’ perfetto e fulminante, roba che gruppi come i White Stripes hanno evidentemente mandato a memoria (canzoncine tipo Hotel Yorba, no?). Come quei calciatori che ti fanno vincere un mondiale con una serie di prestazioni formidabili concentrate in un periodo brevissimo e poi si eclissano. Ma allo stadio a vederli ci vai lo stesso e ti aspetti il solito numero che gli riesce benissimo e ti risolve la partita. Noi condannati a cantare quelle canzoncine perfette, loro a suonarle intermezzandole con improvvisazioni quasi jazz o brani bluesy. Ma tanto lo sanno che la gente va li’ per Blister in the sun, e che resterebbe delusa se non potesse gridare il decalogo di Kiss Off. E non e’ che loro se ne dimostrino infastiditi. Tutt’altro, invitano il pubblico a cantare e a battere le mani, si divertono parecchio sul palco. Poi magari non so se ci fosse davvero bisogno delle 3 (TRE) canzoni cantate in un greco impeccabile da Gano e soci. Il che ha fatto scattare anche fastidiosi paragoni sulla pronuncia del sottoscritto. Forse non c’era davvero bisogno delle mossettine di De Lorenzo prima di attaccare la batteria di Add it up. Ma forse invece si, che mica tutti i concerti devono per forza essere tiratissimi e intensi. La componente del divertimento e’ un marchio di fabbrica del terzetto. Non dico che si fossero svaccati: si e’ trattato di una serata di quasi revival, gustosa e vivace. Non chiedevamo altro e siamo usciti parecchio soddisfatti, che il loro lavoro, forse non imprevedibile ma sicuramente egregio, i Femmes lo hanno fatto eccome.