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Una storia

February 4th, 2004 | By benty in Senza categoria | 7 Comments »

Lungo prologo (ovvero come nasce un post del cazzo)

E’ la storia di un senso di disorientamento lungo una vita e che non ha davvero eguali. C’è uno che è in perenne veleggiamento a vista, senza piani che vadano oltre il mese, senza capire la rotta, ma finge che tutto sia comunque sotto controllo. Si tratta solo di mentire con un sorriso, a sè stessi e alla ciurma. E poi è la storia di un altro che cerca sempre di fare il passo più lungo della gamba, che ostenta e si ritrae e sembra solo cercare approvazione dagli altri, come un cane scodinzolante. Basterebbe parlarci due minuti sul serio per farsi un’idea. Non saprebbe dove andare a nascondersi. E’ anche il racconto noioso di uno che continua a fuggire da qualcosa a cui non è più tanto sicuro di voler sfuggire, poi ci ripensa e si volta indietro, ci ripensa ancora e riparte, mille volte, fino a restare stordito dalle sue continue oscillazioni. Senza riuscire a capire e già immaginandosi a rimpiangere. Poi di nuovo si gira e ad un certo punto non vede più vie d’uscita. Il primo intanto insiste a rassicurare tutti e a costruire le indiscutibili ragioni per cui " Tutto è O.K. , siamo sulla strada giusta, do not worry for me, e di qui che si passa". E’ anche la storia di promesse mantenute, di ritorni dolceamari, di rimproveri e assurde lontananze, a volte di realistica mancanza di ambizione, altre di bugie che ormai sono state ripetute così tante volte da confondersi con la realtà (come gli slogan di Berlusconi) . Si compatirà il personaggio che si schernisce, si disprezzerà quello schizofrenico affetto da infantilismo razzistoide, si ascolteranno discorsi circolari, si vedranno posizioni imbarazzanti (non meno di certi stili di scrittura) e si ammirerà la classe nelle finte ubriacanti , alla Rivaldo quando era in forma. Finte strabilianti esibite proprio al momento di rispondere a domande semplici semplici. Quell’altro ancora ci ripensa, “ Massì , divertiamoci, facciamo una festa, facciamoci un’altra birra”. Anzi adesso me ne apro una pure io. Tutto quello che si vede fare in questo film è il protrarsi dei lamenti inutili di questi specialisti del nulla e il perpetuo rimandare delle decisioni di quegli altri cattedratici dell’arrabattamento. E molte sigarette. Azione zero. Mai uno che si incazzi come Schwarzenegger e prenda in mano la situazione. Mai un’impennata, soltanto improbabili equilibrismi. Non è nient’altro che lo spaesamento di un quindicenne, vissuto con soli quindici anni di ritardo. Roba da far eiaculare Muccino di gioia. C’è anche uno che guarda gli altri da lontano: tutti che decollano e atterrano mentre lui resta sempre lì a galleggiare, con una insopportabile autocommiserazione a fare compagnia alle sue traballanti giustificazioni, il tutto velato da qualche sberleffo. E non fa ridere. Gli basta nascondere tutto quello che c’è di improponibile dietro una battuta scema, delle manie post/pre-adolescenziali o l’ennesimo post sul Nano et voilà. E’ strano come verso la fine della storia vengano tutti schiantati dal peso di continuare a fare la parte dei buffoni, o di quelli self confident, ormai adulti e “direi” quasi felici, proprio quando le cose sembrerebbero andare davvero bene.

Epilogo.

Lo spettatore si rende conto che è una boiata troppo patetica e ci rinuncia. Esce incazzatissimo dal cinema durante l’intervallo, chiedendo indietro i soldi del biglietto. Non glieli restituiscono. Anche se deve ammettere che quella del regista non gli sembra la solita lagnosa messa in scena di quanto sappia essere profondo e autoanalitico. Al contrario ci vede proprio una necessità di alleggerirsi, rivelando infine a tutti quanto sia finto, vuoto e piatto, senza alcuna vergogna. Lo spettatore quando vuole sa addirittura essere oggettivo. Domani, al prossimo post su Berlusconi, farò finta di niente, vi dirò che ero ubriaco e che era solo fiction, mica sono davvero io quelli là. E vi offrirò un’ altra birra, fintando a destra, sbilanciandovi, e filando via veloce a sinistra, con la palla ben incollata al piede. Come se sapessi davvero dove andare a fare cosa. No sympathy required, lo so da me che erano meglio i post su Tinto Brass.

Scorro in basso la scrollbar e do una letta a ‘sto blog azzurrino: mi metto nei panni di uno che ci capita per la prima volta. Cosa si trova davanti ? Un commento sul counter, una segnalazione di blog pessimi, immagini televisive grottesche rubate ad altri e varie amenità assortite. Da leccarsi i baffi. Direi che somiglia molto alla mia idea di "raschiare il fondo del barile". Se non c’hai niente da dire, tanto vale che lo chiudi il blog, ho pensato. Sai che perdita. Sarebbe più significativo scrivere quando hai qualcosa da raccontare, come fanno tutti o quasi i blog che leggo. Quelli si che mi assorbono. Le storie che scrivete, ragazzi, mi tengono sveglio notti intere; scrivo più sui commenti nei vostri blog che post sul mio. Non mi sento tanto portato per i post intimisti. Ma tanto per cominciare sono imbattibile a fare le scelte sbagliate, anche quando non mi va di farle. E poi, a volte, questo blog sono costretto ad usarlo anche come valvola di sfogo, che nel mio caso non è esibizionismo e nè tanto meno ricerca di compassione e pacche di incoraggiamento sulle spalle. Non dico cos’ è per non cadere nel ridicolo, ho stima di voi e perfino ancora un po’ di me stesso. Sto solo provando a mettere ordine nei pensieri, sperando che ciò mi riesca nel vederli scritti. Si, potevo benissimo scrivermeli su un pezzo di carta, a casetta mia, e rileggermeli, come avrete giustamente pensato. Ma purtroppo ci ho la maledizione del dover scrivere su un blog, eccheccazzo. E poi così posso sempre sperare che qualcuno passi di qui e si offra di metterceli lui in ordine. Neanche stasera avevo un granchè da dire, ma almeno è roba vera questa; e poi alla fine è solo una storia.

 

 

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