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Best referrer 2004 (chiuse le votazioni)

January 24th, 2004 | By benty in Senza categoria | Comments Off on Best referrer 2004 (chiuse le votazioni)

Avrebbe potuto essere uno fra " guida in stato di ebbrezza", "collezionisti superalcolici", che mi hanno quasi inorgoglito. Avrebbe potuto essere lo stravagante "cronaca di eventi dovuti alla droga" , l’incomprensibile "divani bassissimi" , l’inquietante "accordi delle canzoni piu belle di max pezzali", l’enigmatico "gaudio cantautore d’alema", l’intrigante "gli gnomi hanno cognomi?" (con tanto di punto interrogativo). E invece no. Avrebbe potuto essere uno a caso fra quelli di questa serie dedicata alla Raffa nazionalpopolare

  • raffaella carrà e il suo nuovo programma ‘il sogno’
  • raffaella carrà pensionata dalla rai
  • raffaella carrà il sogno della mia vita
  • raffaella carra testimoni di geova

E invece no. The winner is

E’ la volta buona che mi decido di mettermi a dieta. Sul serio.

100 colpi sotto la cintura

January 24th, 2004 | By benty in Senza categoria | 4 Comments »

Un brillante esempio di umorismo involontario. Dal sito di melissap (via questo formidabile post di adayinthelife) copio ed incollo due brani della breve ma intensa biografia della giovane scrittrice. Come suggerisce il titolo del post , mi asterrò da ogni commento spiritoso, che non se ne vede il bisogno, viste le vette di ilarità raggiunte autonomamente. Assolutamente esilarante.

A 4 anni comincia a scrivere, e le prime cose che scrive sono poesie. Gli amici e i parenti sono sconvolti, le chiedono di scrivere poesie personalizzate.

Dai 12 ai 15 anni si occupa di politica, specificatamente politica di sinistra. Negli ambienti scolastici è riconosciuta come "la ribelle"…

Diceva Guzzanti-Fede "Donna di sinistra, beato chi gliel’amministra". Non ho resistito, lo sapevo.

Crederci

January 23rd, 2004 | By benty in Senza categoria | 4 Comments »

Il concerto dei Primal Scream ad Atene cadeva il giorno di San Valentino. Ma tu ci credevi, ci saresti andato comunque, senza farti scrupoli. Quando è venuto fuori il prezzo del biglietto, 40 euri, ci credevi un po’ di meno, ma comunque ci credevi. Quando i tuoi potenziali compagni di viaggio hanno dato forfait, ci hai creduto ancora un po’ di meno, ma non per questo hai mollato l’osso. Ci credevi, altrochè. Quando stamattina sei sceso a comprare il pane, ed hai notato il lunotto posteriore della tua sporchissima Y10 spaccato, e la mancanza delle casse posteriori, ci credevi molto meno di prima. Forse una speranziella. Poi hai pagato il conto del vetro nuovo. Adesso hai davvero smesso di crederci.

Babel nights

January 23rd, 2004 | By benty in Senza categoria | 2 Comments »

Dovreste apprezzare gli sforzi di un uomo che, primo vive all’estero, secondo è ubriaco come una campana (come si dice da queste parti) e terzo sono anche le 4 e un quarto, e poi c’ha il singhiozzo, come gli ubriachi quelli veri. E con il singhiozzo non è un cazzo facile scrivere . La serata di rodaggio alla festa è iniziata così. Fino a mezzanotte solo uomini e anche abbastanza tristi; primo diggei. Poi arrivano delle donne. Poi, molto dopo, tipo dopo 4 birre medie,  parlo col secondo diggei ufficiale e mi dice "Ancora sette-otto pezzi e poi tocca a te" . E comincia il countdown. Patti Smith e uno. Ramones e due. Arriviamo fino ai Beatles e cinque. La gente ballicchia. Io già mi scaldo a bordocampo. E puf. Salta la corrente, tutto d’un tratto. In tutto il quartiere. Per venti interminabili minuti. Poi torna la corrente. Esordisco con i Joy Division, i Cure, Iggy Pop, e degli U2 d’annata. Dopo un’ora abbondante dobbiamo andare, col gestore del posto che viene di continuo ad abbassarmi il volume. Su Seven nation army , ciò non si fa. Passo ai Mano Negra e ai Negresse Vertes, un minimo di New order, e già tocca davvero andare. Tutto ciò mi è valso un ingaggio, da domani, al Casablanca, ogni giovedì. Va bene, va bene, va bene. Va bene così. Adesso a nanna, che domani, c’è la riunione degli insegnangti. Hic.

p.s. so benissimo che il mio successo è dovuto soltanto al fatto che indossavo la maglietta di Loser che ha letteralmente fatto furore, dalla scuola, fino al bar dove ho suonato. Rendiamo grazie al demiurgo.

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Vale più di un trattato di sociologia sui ggggiovanidoggi

January 20th, 2004 | By benty in Senza categoria | 4 Comments »

Non la scopro certo io, nè la leggo da ora. Questo post/grafico però, è sensazionale. Godetevi Underbreath

Resistere, persistere, insistere

January 19th, 2004 | By benty in Senza categoria | 8 Comments »

Dei sintomi di precoce invecchiamento vi dicevo poco sotto. Il processo è inesorabile ma si può – SI DEVE – provare a combatterlo. E per questo che, aggrappandosi alle ultime forze residue e con il solo istinto guidato dalla disperazione, sono già state prese le seguenti contromisure

  • Trovata una compagine con cui tornare a sollazzarsi nell’arte del futbol, a partire da febbraio. Non importa se compagni ed avversari, a differenza delle precedenti esperienze calcistiche in terra ellenica, saranno più giovani ed atletici. Non importa se saranno studenti pronti a farsi beffe di me ad ogni lezione. Bisogna solo lucidare gli scarpini e crederci.
  • Trovato , forse, un mezzo ingaggio da diggei in un bar dimenticato da Dio, ben fuori dal glamour dei bar del centro; bisogna pure farsi le ossa ed un nome dietro la consolle. Banco di prova già forse giovedì, ad una festa organizzata da alcuni amici musicofili. Ho barattato l’assunzione di cui sopra con la promessa di portare in dote un certo quantitativo di giovani donne: le mie studentesse, che per adesso hanno aderito entusiasticamente. Ma sono greche, e dunque, alla fine non verranno.
  • E qui potrebbe partire il crucifige delle bloggers. Vorrei ricordare a tutte che io sono qui in Grecia per amore e solo per amore. E’ che ad Atene ci sono i Primal Scream. E’ un trasfertone, da 1200 km in due giorni e minimominimo 100 euri di investimento. E fin qui…E’ che la data del concerto cade in una di quelle feste tanto amate dalle donne (si si, fate pure finta che non sia così), dai fiorai e dai gioiellieri di tutto il mondo. Tipo San Valentino, ecco. Se sono ggiovane dentro, e se sarò capace di dimostrare di essere anche ggiovane fuori e non un misero servo della gleba, partirò alla volta della capitale greca con la mia auto in compagnia di alcuni altri squilibrati, mollando la mia bella al suo fato, nel giorno degli innamorati, senza che un fremito tradisca rimorsi di sorta, per godermi quel tossico di Gillespie.

I bookmakers danno 50 a 1 le possibilità che io possa riuscire in tutt’e tre le imprese. Io non tremo e sono pronto a sfidare a testa alta il mio destino, porco e bastardo.

Sintomi

January 19th, 2004 | By benty in Senza categoria | 3 Comments »

Ieri all’Art House c’erano Peter Hook e Clint Boon a mettere i dischi. Nonostante i pesantissimi bagordi della notte precedente ci siamo recati fiduciosi all’appuntamento, ma siamo praticamente stasti respinti da un muro umano compattissimo, al punto che la gente non aveva neanche la possibilità di ballare. Circostanza alquanto singolare per un dj set. Abbiamo battuto dunque veloci la ritirata, non prima di esser passati dal bar dove sabato , per una specie di misunderstanding innaffiato da tre boccali da 0.4 di Amstel e un uischi, non avevamo saldato il conto. Tornare a pagare per dell’alcol che ci era stato praticamente regalato. Roba che pochi anni fa avrei irriso, se non contuso, colui che me lo avesse proposto. Considerazione finale della serata : stiamo invecchiando. Considerazione idiota della serata: ho visto com’è fatto un Joy Division.

Bonus malus

January 17th, 2004 | By benty in Senza categoria | 2 Comments »

Serata DVD, visto "Catch me if you can", con Di Caprio, Tom Hanks e Christopher Walken. Commedia a cui si attaglia perfettamente la parola "caruccio". E’ la storia di Frank, un impostore che riesce giovanissimo a truffare banche e a gabbare l’FBI, spacciandosi per pilota, dottore, avvocato e nel frattempo si mantiene emettendo assegni a vuoto per vari milioni di dollari, finchè non lo beccano a poi diventa un bravo ragazzo al servizio dell’effebiaiindeiuessei. Fine; che però si sa già dal’inizio. Si basa su di una storia realmente accaduta: nei bonus impazza infatti il faccione del vero Frank, che nel frattempo ci racconta di come è riuscito a diventare miliardario legalmente. E questa è la cosa meno credibile del film, alla fine. In Italia gente così minimo minimo fa il presidente del consiglio, e col cacchio che si fanno prendere. Male che vada si mettono a vender latte.

Ma la mia riflessione verte su un aspetto inquietante che si è imposto dall’avvento del DVD. I bonus. In un film come il "Il signore degli anelli" o "Matrix", molto materiale da spulciare a fine visione ha anche senso, che magari uno si vuole vedere come si fanno gli effetti speciali, o come hanno costruito le scene di azione. Ma perchè allegare un intero cd di bonus a "Catch me if you can" ? Il senso davvero mi sfuggiva e per questo mi sono incuriosito e l’ho visto tutto.Ora quindi, posto per voi, giovani registi del futuro, il frasario per organizzare in cinque minuti due ore di materiale bouns, una volta che il vostro film è bell’e pronto.

Si prendono il regista, gli attori, gli sceneggiatori, i costumisti e quelli che fanno il casting . Altri tecnici a vostro piacimento. Si mettono loro in bocca (a caso) le seguenti frasi

  • "E’ stato davvero eccitante lavorare con lui" e anche "E’ un talento incredibile".
  • "E’ stata l’esperienza più esaltante della mia carriera" e anche "E’ stata un’esperienza irripetibile, ma che ripeterei subito"
  • "Credevo che lavorare con un grande regista come lui sarebbe stato difficile, invece sa sempre metterti a tuo agio"
  • "Nel set c’era una grande allegria e credo che si veda anche nel film" e anche "Durante le riprese ci siamo divertiti molto"
  • "Ha un grande senso dell’humor"
  • "Anche dopo le riprese si usciva tutti insieme, eravamo una vera famiglia"
  • "Non si atteggia da star, è un ragazzo umilissimo/una persona normalissima/dolcissima/divertentissima"
  • "E’ un grande professionista da cui ho imparato moltissimo"
  • " Sono sempre stato un suo grande fan" e "Da anni era il mio sogno lavorare con lui."
  • "Ha una energia pazzesca e se ne esce sempre con delle nuove idee fantastiche, non sai mai cosa aspettarti"

Condire il tutto con una abbondante spolverata di aggettivi fra cui necessariamente devono comparire: great, brilliant, remarkable, perfect, lovely .

Il mio sogno ? Un cd di materiale bonus da cui trasudi nelle interviste al cast lo stesso odio ottuso e immotivato di un post di Stillill.

Barbatrucco

January 14th, 2004 | By benty in Senza categoria | 3 Comments »

Cos’è, ci ho fatto caso solo io che ad ogni legnata che prende questo governo spuntano fuori un paio di brigatisti  a orologeria, a sottolineare il successo dell’esecutivo, così non si parla più del miserabile fallimento (che peraltro google ha prontamente rimosso) ?

Mamma mamma voglio (ancora) fare il deejay

January 13th, 2004 | By benty in Senza categoria | 9 Comments »

Il primo libro che ho iniziato e terminato nel 2004 è quello del signor Eustonstation, Mamma mamma voglio fare il deejay, recuperato dopo una strenua ricerca alla Feltrinelli di Ancona. Era l’ultima copia disponibile in libreria, il che ha forse aggiunto ulteriore piacere all’acquisto. Me la sono accaparrata dopo aver verificato che non ci fossero bollini a celare la maternità dell’opera dell’altrà metà di Euston, che comprerò – credo- alla prossima incursione in terra marchigiana. Il libro di FDL – che ho divorato in meno di tre giorni – ha funzionato per me da vera macchina del tempo. La scrittura godibile e soprattutto i temi trattati mi hanno catapultato indietro negli anni . A quando teenager – dopo anni di ossessive quanto inutili richieste – pretesi ed ottenni per il mio diciottesimo compleanno due giradischi e un mixer. Collegai il tutto ad un impianto stereo vecchissimo, di fabbricazione francese, frutto di un baratto a cui mio padre costrinse qualche parente. Uno stereo così francese (e così vecchio) che sul tasto d’accensione non c’era scritto on/off, ma arrete/marche – dannati sciovinisti. Però funzionava. Fino ad allora mi ero limitato ad appollaiarmi dietro le consolle dei djs locali in discoteca e – in privato – a simulare degli insistiti scratch a tempo ottenuti grattando ogni superficie un minimo ruvida. Credevano fossi matto, e da allora non dovrebbero aver cambiato opinione. Mi ricordo gli innumerevoli pomeriggi passati in cameretta ad esercitarmi per ore , per imparare a mixare in maniera impeccabile e rapida, registrando delle C60 da riascoltare e reincidere mille volte finchè i passaggi fossero divenuti incastri perfetti e impercettibili, fino a che quello che veniva fuori fosse stato, come dice Fabione nel libro, qualcosa di nuovo, un flusso ininterrotto di suono. Il tutto ad un volume da denuncia suonando della musica tamarrissima altrettanto da denuncia (avete presente la peggiore techno commerciale di inizio anni 90?). Il problema vero era che per farci uscire tutto con meno di due milioni avevo ripiegato su due Techincs che non erano i celebri milledue, ferri del mestiere del diggei professionale, bensì -se mi ricordo bene – gli 800 o qualcosa del genere, con trazione a cinghia. Piatti completamente inadatti per un aspirante disc jockey, se si eccettua la presenza sugli stessi del pitch; ma io lo volevo fare da anni, a tutti i costi, ed incurante dell’attrezzatura inadeguata e dell’esiguità del mio repertorio ci provai. Con discreto insuccesso e scarsa perseveranza.

Dai venti anni ad oggi avrò messo i dischi a non più di una trentina di feste , quindi forse tecnicamente non so neanche se poter dire di essere mai stato veramente un dj. Soprattutto le prime performances le ricordo funestate dai più drammatici e disparati inconvenienti tecnici. Nelle parti del libro in cui si parla delle disavventure che possono capitare quando si sta dietro ai piatti, ho ritrovato pressochè la mia biografia professionale , avendole praticamente vissute tutte sulla mia pellaccia. A volte saltava la corrente, a volte l’impianto, a volte il mixer, molto di rado si arrivava a fine serata senza almeno un inghippo di qualche tipo. Ho memoria degli aspri confronti col Mondo Reale: nel pieno di una serata, mentre passavo il filotto vincente ‘Smell like teen spirit, Bullet with butterfly wings e Killing in the name of ‘ un tizio alterato mi chiese se potevo mettere un pezzo di dj Cirillo e ad una mia risposta cortese ma negativa, il tipo iniziò un ineluttabile sabotaggio al quadro elettrico, che riuscì a devastare un party fin lì riuscito. Ho gli occhi ancora pieni degli amari insuccessi, piste vuote come deserti e rappresentanti di istituto che ti guardano con odio poichè secondo loro sei tu che gli hai mandato a puttane la festa con cui racimolare i soldi per pagarsi la gita del quinto. Le cappelle da dj pivello che si possono fare, puntualmente menzionate in “Mamma mamma voglio fare il deejay”, le ho collezionate quasi tutte. Dall’essere troppo prostituta, capace di cambiare genere musicale ad ogni minima diminuzione di gente sul dancefloor, fino a suonare dischi di merda (che non piacevano neanche a me) ma che avrebbero senz’altro funzionato. Altre volte sono stato troppo ansioso, tanto da far ascoltare al massimo trenta secondi del refrain di ogni disco che avevo, oppure sono stato poco tempista, intestardendomi a proporre un genere che non funzionava (ma che piaceva a me) anche davanti ad una pista desolata; a volte sono stato troppo perfezionista, così concentrato con la ricerca del missaggio perfetto da non poter alzare la testa e prendere atto della (mancata) risposta dell’audience, quasi sempre sono stato un fottuto casinaro, confondendo i dischi e prendendo un mix per i capelli proprio all’ultimo secondo; mi sono preso anche le mie belle dosi di fischi e gli inviti a cambiare mestiere: la cosiddetta dura gavetta. Però, soprattutto a fine carriera, quelle (poche) volte in cui tutto è andato bene, il senso di benessere che mi pervadeva era così potente da durare per giorni, manifestandosi sottoforma di sorriso ebete ed inusuale affabilità. Credo fosse la mia personale concretizzazione del concetto astratto di felicità. Non potrò mai scordare la sensazione di assoluta onnipotenza che si prova davanti alla pista piena di gente entusiasta, che balla, suda, canta ed esulta ad ogni pezzo che passi. E a quei tempi non erano tanti quelli che suonavano impunemente i Marlene oltre alla mia invidiabile collezione di 45 giri dei cartoni animati, il che non smette ancora di rendermi orgoglioso. Il mio "pubblico" preferito era quello delle feste a decisa connotazione alcolica, al termine delle quali non di rado la gente veniva in consolle a farmi i complimenti, ringraziarmi, abbracciarmi e (nei casi più estremi) baciarmi. Con le donne credo sia successo al massimo una volta: purtroppo nel capitolo che Fabio dedica al dj come sex symbol non mi ci sono ritrovato affatto, ma potrebbe anche essere dovuto ad un mio problema personale. E comunque, uomini o donne che fossero, tanto poi il giorno dopo non si sarebbero neanche ricordati di essere andati ad una festa.

Poi col passare del tempo i miei gusti musicali sono scivolati lontano da quelli di chi andava alle feste per ballare, non riuscivo a far collimare i generi che seguivo con quelli da suonare e poco alla volta, fra università, erasmus e amori ellenici, ho smesso. Non ce la facevo a stare al passo con la techno che ascoltavano i diciottenni, e fondamentalmente me ne fottevo, visto che dovevo ancora completare la discografia dei Sonic Youth. Il fatto è che probabilmente non ci ho mai davvero creduto nè investito, rientrando così in quella schiera di djs per hobby che nel libro di FDL vengono un po’ presi di mira. Posso dire che si, era forse solo un hobby e una passioncella, a cui, da post-adolescente squattrinato, mi dedicavo nel tempo libero. Ma a mia discolpa rivendico di averci provato quando le uniche opportunità di farlo erano feste di compleanno di 18 anni e al massimo di qualche liceo, il che limitava le possibilità di scelta. Inoltre ancora la musica a costo zero via internet non esisteva, quindi nel mio piccolo e finchè ho potuto, ho ‘vaschettato’ anch’io in negozi "for djs only" e speso tutto quello che avevo in dischi, ben sapendo in cuor mio che non sarebbe mai diventato un investimento. La categoria dei dj indie, che potevano fare anche una scaletta di solo rock, reggae e affini, senza techno, dalle nostre parti non era ancora stata accettata e locali a cui proporsi come resident non ce ne sono mai stati. E poi c’avevo un gomito che mi faceva contatto col ginocchio.

Mettere i dischi mi appaga tutt’ora così tanto, che quando ho la possibilità di farlo, alle mie condizioni, rinuncio volentieri a partecipare alla festa per mettermi dietro i piatti, cosa che feci fra sguardi perplessi anche in occasione della mia festa di laurea. E non è che bere e divertirmi non mi piaccia, come avrete intuito dal resto del blog. La soddisfazione di essere riuscito a condividere con altre 30, 100, 500 persone (platea massima di fronte a cui mi sono esibito,alla festa di fine anno di un liceo) la mia passione per la musica, l’averli coinvolti e fatti ballare e pogare sono, come dice Fabione, la seconda cosa più bella della vita. Di ciò sono ancora convinto. Se questo libro fosse stato scritto 13 o 14 anni fa sarebbe con tutta probabilità diventato la mia bibbia e forse mi avrebbe aiutato a mantenere quel coraggio e quelle motivazioni per continuare, visto l’entusiasmo che è riuscito ad infondermi anche adesso a tanti anni di distanza. Credo che cercherò più o meno consciamente per sempre di fare qualcosa che mi dia lo stesso brivido di quando metto i dischi, temo senza riuscire a trovare nulla di simile. E comunque ho iniziato a pensare che se ti senti dj per un periodo della tua vita, lo sarai – romanticamente – per sempre, un po’ quello che dicono succeda quando sei scout o prete. In tutti i locali che frequento resto sempre con le orecchie ben aperte pensando come suonerebbe quel certo brano dentro la mia eventuale playlist. Il mio sogno ricorrente è comprarmi un paio di cdj, da qualche anno. E poi sono da un anno e mezzo alla ricerca di un posto da resident in qualche cacchio di bar in questa città, e vedrai che alla fine… No mamma, la testa a posto non l’ho messa anche se mi sono laureato, sennò non sarei qui, peraltro. Si mamma, voglio ancora fare il deejay.